Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 26/8/2015, 26 agosto 2015
GREGOIRE DEFREL: «IO, IL GHETTO, 10 CHILI PERSI E 10 GOL ALL’ANNO PER IL SASSUOLO»
La finale dei 100 metri tra i giocatori di Serie A sarebbe divertente. Bolt non ci sarebbe, Gregoire Defrel sì. Potrebbe stare in corsia 1, da outsider, alla sua destra Felipe Anderson, Gervinho, Cuadrado, forse Pogba, Mertens, Salah e Bruno Peres. Il Napoli alla prima giornata ha imparato: il Sassuolo andava a mille e Defrel tutto tranne che piano.
Torniamo ai finti Mondiali di atletica. Chi vincerebbe quella finale?
«Gervinho o Cuadrado, io contro loro due perderei. Però sono più forte sulla partenza, sui primi passi: diciamo che potrei vincere i 50. La rapidità e il dribbling sono il mio meglio, invece devo migliorare il destro e i movimenti da punta centrale sui cross».
In effetti le statistiche sono chiare: solo un gol ogni 5 ore di gioco in Serie A...
«Sì, però ho sempre fatto la seconda punta. Di Francesco mi dice che a volte aiuto anche troppo: meglio difendere meno e fare più movimenti da attaccante».
L’estate è stata lunga, con mille offerte. Perché Sassuolo?
«Per la qualità della squadra, per l’allenatore. Il Cesena aveva accettato anche le offerte di Palermo e Bologna, mi hanno cercato anche il St. Etienne e, negli ultimi giorni, il Genoa. Ho scelto io. Ora ho un obiettivo: segnare più dello scorso anno, quindi arrivare a 10 gol».
Mai giocato da numero 9 prima di domenica?
«Un paio di partite a Cesena, compresa una con doppietta al Napoli, e in Primavera al Parma. In Italia ho fatto anche l’esterno di centrocampo a cinque, la seconda punta, l’ala, per poco il terzino e la mezzala. Da ragazzo invece giocavo ovunque, soprattutto in strada. Fino a 18 anni mi allenavo una sola volta a settimana più una partita nei campionati più bassi, quelli locali».
Un solo allenamento fino al 2010?
«Sì, io vengo dalla banlieue, dal ghetto di Parigi. Giocavo tutto il pomeriggio in un campo di calcetto. Le squadre della zona mi volevano ma io dicevo sempre no. Non volevo lasciare i genitori».
Si è scritto che la banlieue di Boulogne-Billancourt, in quegli anni, poteva essere pericolosa. Vero?
«Sì, i miei amici sono bravi, però ho visto un sacco di risse, magari per motivi religiosi. Conosco tanti ragazzi finiti in galera, per spaccio o altre cose: è molto difficile stare lontano dai problemi, lì quando esci di casa vedi tutto. È un attimo sbagliare, e se sbagli è finita».
Dal calcio amatoriale al Parma in un provino. Come è possibile?
«Quando sono arrivato per quel provino ero sovrappeso, pesavo 10 chili più di adesso. Palmieri (ex responsabile del settore giovanile del Parma, ora al Sassuolo) mi ha detto che non poteva neanche farmi allenare. Nella prima partita c’erano 40 gradi, sono durato 5 minuti. Ho scartato due-tre giocatori, mi sono fermato e ho chiesto il cambio».
Rispedito in Francia col primo treno?
«No, hanno visto il tocco di palla e mi hanno dato un’altra settimana. Quando papà è venuto a Parma per firmare il contratto, mi ha detto “Gregoire, ma qui non ti danno da mangiare?”. Ero già più magro».
Meglio l’Italia o la Francia?
«Per il calcio, l’Italia. Per il cibo e le auto, l’Italia. Per le donne, pari».
Che sarebbe successo se non avesse firmato quel contratto?
«Non so proprio. In Francia stavo facendo una scuola di contabilità, ma non mi vedo proprio a fare il contabile. Meglio stare a Parma, anche se il primo anno vivevo con 500 euro al mese. Soffrivo solo la lontananza, per questo ho sempre ospitato gli amici».
A Cesena si racconta che una volta, dopo la festa promozione...
«Quella volta c’erano tre amici arrivati dalla Francia. A festa finita, abbiamo deciso di tornare direttamente a Parigi in macchina: dieci ore in quattro su una Clio, con arrivo a mattino avanzato».
Scomodo?
«Ma no, non era male. Io ho dormito tutto il tempo».