Luca Pagni, la Repubblica 26/8/2015, 26 agosto 2015
CANTIERI E COSTI INFINITI. COSI’ LE AUTOSTRADE VIAGGIANO IN RETROMARCIA
Una è l’eterna incompiuta. L’altra il sogno mai avverato. La prima è la Salerno-Reggio Calabria, una voragine di soldi pubblici, costata allo Stato – dal 2001 a oggi – 8,23 miliardi di euro. Compresi i 740 milioni stanziati l’anno scorso. Sperando che siano gli ultimi, prima del fine lavori fissato a dicembre 2016. La seconda è la Brebemi, acronimo del nuovo collegamento Brescia-Bergamo-Milano, inaugurato un anno fa come alternativa alla Milano-Venezia, prima autostrada ad essere finanziata interamente da privati. Ma non è andata così: i costi sono lievitati dai preventivati 800 milioni a 2,43 miliardi. La previsione dei flussi di traffico è stata sovrastimata. E Pantalone ha dovuto mettere le mani al portafoglio: 260 milioni di finanziamento dalla Stato, più 60 dalla regione Lombardia; e sono stati allungati i tempi della concessione, da 19 anni a 25 anni. Senza contare che per percorrerla le tariffe sono il 40% più care della “concorrente” Milano- Venezia.
La Salerno-Reggio Calabria e la Brebemi sono il simbolo di una Italia obbligata a interrogarsi sul futuro della sua infrastruttura principe. La rete autostradale italiana si estende per 7mila chilometri e rappresenta il 10% di quella europea. La densità media è pari a 22,1 km per mille km quadrati di superficie territoriale, superiore alla media Ue. Un moltiplicarsi di corsie e svincoli, da sempre giustificato con il crescente numero di veicoli. L’Italia è in cima alle classifiche europee nel rapporto tra abitanti e automobili: nel 2004 c’erano 581 automobili ogni mille abitanti, diventate 625 nel 2011, anno record. Salvo poi ingranare la retromarcia con la recessione: 621 nel 2012 e 608 nel 2013. Inoltre, gli italiani tendono a lasciare l’auto sempre più in garage. Soprattutto nelle grandi città, dove dal 2008 il traffico è calato del 20%. Il che si è riflesso in autostrada, con un meno 10% di passaggi ai caselli dall’inizio della recessione.
L’anno scorso un accenno di inversione: secondo Autostrade per l’Italia — leader tra i concessionari controllata dalla famiglia Benetton — il 2014 ha visto un aumento del traffico sulla rete, sebbene per un modesto più uno per cento. Con le arterie del centro-nord che sono andate molto meglio di quelle meridionali, a testimoniare le due velocità economiche dell’Italia.
Il traffico diminuito ha riaperto dibattito se non sia meglio mettere un freno ai progetti di nuove autostrade (sulla carta ce ne sarebbero per 2mila chilometri e una spesa di 35 miliardi) per concentrarsi sul miglioramento di quelle esistenti. Tenendo conto che il consumo di territorio, comunque, non si è fermato: se non sono nuove corsie, sono svincoli e caselli. Secondo i dati citati da una inchiesta del mensile Altreconomia, dal 2002 al 2012 il numero delle “stazioni di esazione” (secondo il termine tecnico) sono passati da 456 a 485: in pratica, è come se ci fosse un’uscita ogni 11,8 chilometri di autostrada.
All’estero si lavora già a soluzioni che prevedono “ caselli” capaci di leggere il traffico e applicare tariffe differenziate a seconda dell’ora e della congestione, così da applicare prezzi più bassi di notte o quando le corsie sono meno intasate. In Italia, invece, il sistema Telepass (società che fa capo ancora una volta ai Benetton) è giusto in grado di applicare la tariffa senza nemmeno sapere se l’auto è andata in direzione nord o sud.
In tutto questo si inserisce la Ue con le sue direttive sulla concorrenza e il governo con le nuove regole sugli appalti. Secondo il ddl in discussione in parlamento per la riforma degli ap- palti, dal prossimo primo gennaio tutti i lavori di manutenzione sulle autostrade in concessione dovranno essere messi in gara. Al momento, le società concessionarie sono obbligate a rivolgersi al mercato per il 60% delle opere, mentre il restante 40 possono gestirlo “in house”. Ovvero, affidarlo direttamente a proprie società di costruzioni. L’intento del Governo è quello di favorire la concorrenza affinché i lavori di manutenzione costino meno e alla fine anche i pedaggi. Per i concessionari questo significa minori entrate e già fanno sapere che una simile novità legislativa metterebbe a rischio 3mila posti di lavoro.
Secondo le direttive Ue, invece, la gestione delle autostrade dovrebbe andare in gara ogni cinque anni, per avere — anche in questo caso — più concorrenza. Ma l’Aiscat — la Confindustria del settore — sta facendo lavoro di lobby perché tutte le concessioni in essere vengano prorogate in cambio di un un aumento del canone e per consentire il completamento dei lavori di manutenzione.
L’alternativa è che lo Stato si riprenda l’autostrada, pagando un indennizzo per gli investimenti realizzati e non ancora ammortizzati. Ma come hanno fatto notare gli esperti del sito
lavoce.info : «Per aumentare le possibilità di rinnovo, con o senza gara, le concessionarie minimizzano nel tempo gli ammortamenti, aumentando così sia il profitto che l’importo dell’indennizzo nel caso di subentro. Anche i nuovi investimenti, come le terze corsie, sono avviati negli anni a ridosso sempre per accrescere l’indennizzo di subentro ». Proprio quello che è accaduto per la Brebemi: se lo Stato avesse chiesto il recesso della convenzione avrebbe dovuto versare ai soci (il gruppo Intesa e il concessionario Gavio) 2,44 miliardi. Lo Stato ha scelto il “costo” minore.