Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 26 Mercoledì calendario

AIUTO, C’È IL MACCHINISTA UNICO, PROBLEMA INSOLUBILE DAL 1987

La storia del macchinista unico è forse marginale ma è un caso esemplare di irresponsabilità delle classi dirigenti. L’ultima notizia è l’iscrizione nel registro degli indagati di Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia. Il pm torinese Raffaele Guariniello gli addebita la violazione della legge 81 del 2008, il testo unico sulla sicurezza del lavoro. Soprano è già indagato da un paio d’anni per lo stesso reato da altre procure italiane.
Il primo accordo sindacale per il passaggio dal tradizionale doppio conducente al macchinista unico è stato firmato nel 1987: presidente del Consiglio Giovanni Goria, ministro dei Trasporti Calogero Mannino, presidente delle Fs Lodovico Ligato, capo dei ferrovieri Cgil Mauro Moretti. Solo nel 2009 Moretti, nella rinnovata veste di numero 1 delle Fs, dopo anni di braccio di ferro è riuscito a strappare ai sindacati un accordo attuativo dell’intesa di 22 anni prima e di tutte le altre ugualmente inutili che la seguirono. Per decenni politici, manager e sindacalisti hanno rimasticato come un chewing-gum il problema apparentemente non insormontabile della sicurezza: che succede se il macchinista unico si sente male mentre il treno è lanciato a cento all’ora?
Anni di trattative sono servite solo, ma a molti, come trampolino per le proprie carriere. In tutto il mondo c’è da sempre il macchinista unico e la sicurezza è assicurata dalla tecnologia: se il ferroviere non dà segni di vita per un certo lasso di tempo il treno si ferma. Naturalmente la cosa è più complessa, ma sindacalisti e manager sono ben pagati per districarla e portarla a soluzioni ragionevoli. Le classi dirigenti italiane hanno però questo brevetto: sono in grado, unici al mondo, di schivare ogni possibile soluzione perché, rendendo irrisolvibile e quindi perenne il problema, ne fanno il carburante per andare lontani col proprio destino personale.
C’è adesso la questione che nessuno ha ancora risolto, a sei anni dal pur meditato esordio del macchinista unico. Se il ferroviere si sente male ed è solo in cabina, chi, come e quando lo soccorrerà dopo la frenata automatica del treno? La Asl di Rivoli, su richiesta di Guariniello, ha fatto dei controlli e ne ha tratto la conclusione che Trenitalia non è in regola con le prescrizioni della legge 81 per la sicurezza del lavoratore. Per esempio si è rilevato che, in caso di malore e conseguente fermata automatica del treno in galleria, il soccorso sanitario può arrivare anche dopo 40 minuti, un tempo che in certi casi può costare la vita del ferroviere.
L’anno scorso le Asl piemontesi, d’intesa con il pm torinese, avevano dato a Trenitalia alcune prescrizioni per rimettersi in regola con la legge. Ma la società del Frecciarossa, così come le ferrovie francesi Sncf, che arrivano a Milano con l’alta velocità del Tgv e sono coinvolte nella stessa inchiesta, non hanno fatto niente. Una terza società, che fa trasporto ferroviario di merci, si è invece adeguata alle prescrizioni ed è uscita dal processo. Preso atto dell’inerzia, Guariniello ha fatto scattare l’avviso di garanzia per un reato cosiddetto “di pericolo”, visto che finora, per fortuna, non c’è stato alcun incidente. La vicenda ricorda quella dell’Ilva di Taranto: anche lì la magistratura ha indagato e sentenziato per anni sull’inquinamento prodotto dall’acciaieria, senza che l’azienda si mettesse in regola. Quando sono arrivati i provvedimenti di sequestro si sono levate alte le proteste contro le toghe che uccidono l’industria.
In questo caso si parla di Trenitalia, non del capannone metalmeccanico di una sperduta valle. E non è questione di galera o garantismo. I casi sono due. O Guariniello è matto, e come lui sono matti, o quantomeno esagerati, i pm di Roma Roberto Cucchiari e Pietro Pollidori, che indagano Soprano per la stessa fattispecie: e allora i capi di Fs lo dicano chiaramente, si assumano questa responsabilità, se sono sicuri di aver fatto tutto il necessario per la sicurezza dei macchinisti. Oppure è la solita irresponsabilità di fior di manager strapagati che di tutto si occupano (in particolare della ricerca della prossima poltrona da occupare a fine mandato) fuorché di dare spiegazioni o indicare soluzioni su una questione specifica che avrebbero dovuto risolvere decenni fa.