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 2015  agosto 25 Martedì calendario

Barba per Sette – Uno studio di Braun su 6.500 uomini in 6 capitali (Londra, Milano, Parigi, Barcellona, Berlino, Istanbul) dice che sempre più uomini decidono di non radersi: i barbuti sono il 54%

Barba per Sette – Uno studio di Braun su 6.500 uomini in 6 capitali (Londra, Milano, Parigi, Barcellona, Berlino, Istanbul) dice che sempre più uomini decidono di non radersi: i barbuti sono il 54%. È New York la capitale mondiale della barba: la porta il 67% degli uomini. Tra le città europee spicca Milano con il 60%. A Parigi, invece, si rade il 53%. Secondo gli studiosi dell’Università del New South Wales, il trend della barba è determinato da ragioni di opportunità: quando una caratteristica estetica è troppo diffusa, è più vantaggioso per l’uomo andare controcorrente. In un periodo di volti lisci, gli uomini barbuti ottengono maggiore attenzione (per esempio nei colloqui di lavoro). Invece quando c’è maggiore diffusione della barba, sono i visi rasati ad avere successo. Secondo gli studiosi la moda della barba imperverserà per circa altri due anni. Il ritorno della barba è ciclico: i primi anni Settanta si sono caratterizzati per barbe piene, seguiti poi dalla mania dei baffi nella seconda parte del decennio. Negli anni Ottanta il baffo si è evoluto in pizzetto, fino al culmine nel primo biennio degli anni Novanta. Dalla fine degli anni Novanta fino al 2010 l’ideale maschile è stato dominato dal volto glabro. Ogni uomo possiede tra 20mila e 25mila peli di barba che crescono di mezzo millimetro al giorno. Una persona che abitualmente si rade, nel corso della vita accumula circa 3,5 kg di peli della barba. Se non tagliata per tutta la vita, la barba di un uomo raggiungerebbe 9 metri di lunghezza. Gli uomini passano 3.436 ore della loro vita a radersi. La barba più lunga (5,33 m) fu del norvegese Hans Langseth, morto nel 1927. I peli sono conservati in un museo di Washington. Nel 1984, la Gillette, marchio di rasoi, offrì un milione di dollari a Billy Gibbons e Dusty Hill della band texana ZZ Top per tagliarsi la barba in uno spot. I due rifiutarono. L’avvocato Cesare Rimini decise di farsi crescere la barba negli anni Settanta: «Feci una lunga regata da cui tornai con la barba. Andai in studio e chiesi alle segretarie come stavo. E loro: “Fantastico”. Peppino Prisco, mitico dirigente dell’Inter, voleva sempre toccarla prima della partita». John Densomore, batterista dei Doors: «Jim Morrison odiava tutti i cliché legati al Rock. Si fece crescere la barba solo per essere diverso da Mick Jagger». Il Times di Londra ha stilato la classifica delle dieci barbe più celebri della storia. Al primo posto quella di Karl Marx; al secondo Rasputin; al terzo quella dell’attore e avventuriero inglese Brian Blessed. Gesù Cristo si piazza quarto. Seguono Charles Dickens (secondo il quotidiano inglese ai suoi tempi la sua barba era così famosa che quando camminava tra la gente lo si riconosceva da lontano), Lenin, Charles Darwin. Infine Lincoln, Fidel Castro e il duo Billy Gibbons e Dusty Hill, del gruppo texano ZZ Top. Nereo Rocco che si rivolse al giovane Gianni Mura dicendogli: «Fino a che no se taja la barba no podo darghe del ti, me pari un profesor». Mura non la tagliò. Pogonotomia, l’arte della rasatura dal greco “pogon” barba, e “témno” tagliare. Praticata fin dalla preistoria con coltelli di selce o di ossidiana, si diffuse con l’avvento dei metalli. Gli antichi Egizi si radevano già 3.400 anni prima della nascita di Cristo, ma furono i Greci a perfezionare la tecnica: nell’età classica si portavano baffi e barba ben curati; il radersi completamente sembrava ridicola effeminatezza. A Sparta, i vigliacchi venivano puniti con l’obbligo di lasciarsi crescere la barba su una sola guancia. In Egitto il faraone era tutto rasato ma portava una barba posticcia. Nell’antico Egitto era vietato radersi durante i settanta giorni che occorrevano per portare a termine la mummificazione del faraone morto. Nella sunnah (codice di comportamento) musulmana è prescritta la barba accorciata fino alla lunghezza di una spanna e sfoltita, ma non rasa, sulle guance; i baffi devono essere spuntati e accorciati sopra il labbro. I dotti, o presunti tali, solevano accrescere la propria imponenza col portare la barba lunghissima, il che ha dato occasione al malizioso detto popolare: «Lungo di barba, corto d’ingegno». I sikh non tagliano barba e capelli per mantenersi il più possibile vicini all’aspetto originario conferito loro da Dio. Si racconta che il primo barbiere arrivò a Roma dalla Sicilia intorno al 300 a. C. I rasoi erano a mano libera, simili a coltelli, con lame di spessore diverso a seconda che servissero per il pelo o il contropelo. La navicula, il modello più diffuso, era lungo fino a 11 centimetri. Secondo una notizia tramandata da Plinio, Scipione Africano fu il primo romano che cominciò a farsi la barba tutti i giorni. Seneca detestava radersi. L’imperatore Adriano teneva la barba per nascondere un porro sul mento. Tra i Romani i giovinetti non potevano tagliare la prima peluria che spuntava sulle guance finché non avesse preso aspetto di vera barba. Allora, ma non prima, si tagliava: il giorno della prima depositio barbae era, come per i Greci, un giorno di festa. I Romani fino a quarant’anni portavano una barbetta leggera (barbula). I tonsores romani non erano soltanto barbieri: esercitavano anche la professione di chirurghi e dentisti, cavando denti, incidendo ascessi e curando emorroidi. La commistione di mestieri durò a lungo: in Francia la corporazione dei barbieri chirurghi fu sciolta solo nel 1718, mentre in Italia le due categorie rimasero unite fino agli inizi dell’Ottocento. Nell’Italia rinascimentale si contano almeno 70 editti che regolavano la lunghezza di baffi e pizzetti. Clemente VII si fece crescere la barba come segno di dolore e umiliazione dopo il Sacco di Roma del 1527 compiuto dai lanzichenecchi. Giulio II, dopo aver perso la città di Bologna, fece voto di non tagliarsi più la barba fino a quando non fosse riuscito a respingere dall’Italia le armate francesi. Lo zar Pietro il Grande impose una tassa a chi portava la barba. Lord Brummel aveva tre barbieri personali: uno per i capelli, uno per le basette e uno per la barba. Nel 1762 fu brevettato il rasoio di sicurezza, con una piastrina dentata a separare lama e pelle per evitare ferite. Nel 1847 William Henson introdusse il rasoio “a T”. La lametta usa e getta fu inventata da King Camp Gillette, rappresentante di commercio di Chicago, una mattina del 1895. Gillette, arrabbiato perché il suo vecchio rasoio non tagliava, pensò a qualcosa che si potesse buttar via ed essere facilmente sostituito. Si mise in società con William Nickerson, che aveva inventato le bottoniere per ascensore: nel 1903 vendette le prime 168 lamette e 51 rasoi. Il rasoio usa e getta fu inventato da Marcel Bich all’inizio degli anni Settanta (lo stesso della penna biro). Il rasoio elettrico nel 1928 dal colonnello Jacob Schick (un motore azionava delle lame che scorrevano in una piastra bucherellata in modo da tagliare la barba senza ferire il viso). «La barba, essendo quasi una maschera, dovrebbe essere proibita dalla polizia. Inoltre, come distintivo del sesso in mezzo al viso, è oscena e per questo piace alle donne». Secondo alcuni ricercatori di Albuquerque una barba può ospitare tanti microrganismi quanto un wc. Ai pugili è vietato per regolamento portare barba e baffi. La peluria del viso può causare abrasioni al volto del rivale e, inoltre, i dottori affermano che la rasatura permette di vedere i tagli durante il combattimento. Secondo l’International society of hair restoration surgery nel 2013, in Inghilterra, sono stati eseguiti oltre 4.500 trapianti di peli per rinfoltire la barba (+13% rispetto all’anno precedente). Costo dell’intervento su tutta la faccia: 11.000 euro.