Anna Ottani Cavina, la Repubblica 23/8/2015, 23 agosto 2015
IL RINASCIMENTO DI ADAMO
NEW YORK
Un disastro, «la cosa peggiore che potesse capitare a un museo», dichiarava costernato Philippe de Montebello, storico direttore del Metropolitan Museum di New York. L’Adamo era un capolavoro della scultura veneziana del Rinascimento, una della statue meglio conservate, firmata a tutte lettere sulla base ellittica: TUL-LII LOMBARDI O [PUS]. Opera splendida di Tullio Lombardo (1455-1532), in marmo bianco di Carrara. Andò in pezzi in un attimo, il 6 ottobre 2002 alle 17, 59 minuti e 30 secondi, appena chiusi i battenti del museo più monitorato del mondo. Nel crollo dello zoccolo (un plinto di compensato, cavo all’interno) sul quale poggiava quel marmo pesante mezza tonnellata, Adamo si schiantò in ventotto frammenti (la testa e il torso miracolosamente intatti) e innumerevoli schegge schizzate sui muri del Vélez Blanco Patio, il loggiato di un antico castello spagnolo, smontato e ricomposto al Metropolitan Museum. Su quello sfondo nobilissimo era esposto l’Adamo. Un incidente drammatico e imbarazzante. Ma giunti sulla scena del crimine, i restauratori e i curators americani hanno saputo capovolgere la prospettiva. La tragedia è diventata un case study, un caso clinico per la tecnologia, un’avventura pionieristica per il restauro nel mondo: quando il fallimento diventa sapere, e quasi valore.
Ci sono voluti dodici anni per restituire ai visitatori l’atemporale bellezza della statua che Tullio Lombardo aveva scolpito per il grande sepolcro del doge Andrea Vendramin a Venezia nell’anno 1490. Dodici anni, perché la prima tentazione da vincere, per i conservatori al museo, era ovviamente cancellare quell’onta, riassemblando in fretta i frammenti.
Le azioni invece hanno seguito i tempi, lenti e innovativi, di un “Tullio team” che agli attori tradizionali — conservatori e restauratori — ha affiancato ingegneri meccanici, chimici e fisici dei materiali, designers, informatici, con ruoli ugualmente da protagonisti.
Come nel più classico dei polizieschi, un elemento casuale si è rivelato importante. Il pavimento del patio, a piastre quadrate, poteva funzionare come una griglia sulla quale mappare la dislocazione dei frammenti “esplosi” nel crollo. Studiando l’impatto, si sarebbe potuto quindi risalire alla posizione originaria dei tasselli del puzzle.
Prima regola: non si toccano i pezzi di marmo. Oggi la tecnologia permette di lavorare su simulazioni in 3D. Ogni frammento, numerato e scansionato al laser, va a comporre un Adamo virtuale che serve a realizzare un prototipo in marmo, sul quale verranno testati materiali e procedure nuovissime.
Seconda regola: ogni intervento per ricomporre la statua, quella vera naturalmente, dovrà essere reversibile e compatibile ( nei materiali) con il suo corpo ferito. Si interviene lo stretto necessario e si garantisce la rimozione di ogni intervento.
L’ Adamo di Tullio Lombardo è tornato da poco nelle sale del Met.
In piedi, davanti al video che ha registrato le tappe di un salvataggio spettacolare, il pubblico è affascinato da quel teatro di macchine, alla Luca Ronconi, fatto di armature barocche, frammenti metafisici e bendaggi vagamente ortopedici. Sì perché i perni in vetroresina inseriti a saldare le caviglie spezzate di Adamo funzionano come i chiodi che hanno rivoluzionato a suo tempo la chirurgia del femore. E come quelli vanno usati con discrezione. In questo caso, un team di ingegneri — studiata nei dettagli la statica del nudo — ha inserito solo tre perni (in fiberglass, non più in metallo: perni resistenti come l’acciaio, ma pesanti un terzo) nei punti di maggiore criticità, che sono le caviglie e il ginocchio destro, dove massima è risultata essere la sollecitazione del peso.
Per l’assemblaggio degli altri frammenti è stata costruita un’armatura di sostegno, che ha permesso di calibrare il difficile allineamento dei pezzi, fissati con una nuova miscela di resine acriliche. È questa armatura l’elemento che ha rivoluzionato il protocollo di “safe assembly”, l’assemblaggio senza rischi dei vari frammenti. Una specie di esoscheletro forte abbastanza da trattenere i pezzi in sospensione fino a trovare quell’incastro perfetto che evita ogni minima abrasione del marmo. Tutto, naturalmente, verificato su simulazioni e modelli artificiali prima che sull’ Adamo di Tullio Lombardo.
Detta così, sembra la cronaca di un miracolo. In realtà, nella rovinosa caduta, la polverizzazione del marmo aveva prodotto dei vuoti, che i restauratori hanno deciso di colmare, ripristinando la forma originaria.
In passato, un corretto restauro lasciava leggibili le cicatrici: al bando il camouflage! L ’Adamo segna invece un’inversione di tendenza, che fa discutere, ma risponde all’esigenza, ineludibile per un museo, di calamitare l’attenzione del pubblico restituendo la perduta integrità della statua. E giustifica forse certi risvolti pop dell’operazione-salvataggio. The Return ad esempio, un’installazione interattiva (in funzione per tre settimane) in cui un’attrice, che si finge conservatrice al museo, dialoga con un avatar digitale di Adamo e, coinvolgendo i visitatori, fa passare informazioni storiche e curiosità decisamente banali.
Esagerato? Bisogna pur competere con iniziative geniali di altri musei che stanno lì intorno e sbancano sul fronte del pubblico. Per esempio il Brooklyn Museum, in questi giorni all’apice del successo con l’esposizione, davvero bella, sulla Sneaker Culture, la storia sociale e culturale di scarpe adottate da milioni e milioni di persone. Una storia raccontata a partire dai mitici modelli di Adidas per Jesse Owens e di Nike per Michael Jordan.
Se la missione educativa di un museo è far risuonare le voci del passato, tutto si può e si deve sperimentare, affinché il ritorno di Adamo non passi inosservato, e nelle gallerie rinascimentali del Met non sfugga quella statua che regge una mela e stringe l’albero della conoscenza. Quel capolavoro di Tullio Lombardo, che è variazione intelligente sulla raffigurazione classica di Antinoo (il giovane della Bitinia amato dall’imperatore Adriano e celebrato in tante immagini scolpite) e insieme proposta moderna, essenziale per il Bacco di Michelangelo e per i nudi apollinei di Antonio Canova.
Adamo, la bellezza senza tempo, approdata da un metafisico altrove.
Anna Ottani Cavina, la Repubblica 23/8/2015