Francesco Ninfole, MilanoFinanza 25/8/2015, 25 agosto 2015
CINA, LE LACUNE DELLA VIGILANZA
La supervisione finanziaria in Cina è ancora lacunosa, secondo il Financial Stability Board (Fsb), nonostante alcuni passi avanti degli ultimi anni. È quanto emerge dalla cosiddetta peer review appena conclusa sul Paese. «C’è ancora lavoro da fare», ha evidenziato l’organo guidato da Mark Carney.
In particolare il Fsb ha evidenziato «la necessità di un più stretto coordinamento e scambio di informazioni tra le autorità cinesi per gestire un sistema finanziario dinamico». In sintesi, dall’analisi emerge un sistema di autorità di controllo che è ancora troppo frammentato e di conseguenza inadeguato per mercati che stanno diventando più complessi e interconnessi (anche se non lo sono ancora come quelli americani ed europei). In Cina ci sono molti organismi di vigilanza in ambito finanziario, a loro volta partecipati da membri appartenenti a numerose autorità (la banca centrale Pboc e il ministero delle Finanze, ma anche commissioni specifiche per banche, mercati, assicurazioni, cambi, sviluppo nazionale e riforme, solo per citarne alcune). Questo sistema così frazionato, secondo il Fsb, non contribuisce a una vigilanza efficace, perché ostacola la raccolta integrata delle informazioni, la valutazione dei rischi, la definizione di regole uniformi e la capacità di intervento. Secondo il Fsb occorre «chiarire il mandato e i ruoli dei diversi organismi», «sviluppare un sistema di valutazione dei rischi integrato» e «definire tra autorità un protocollo specifico per il monitoraggio della stabilità finanziaria».
Un punto critico del sistema finanziario cinese è in particolare il credito non bancario, che ha contribuito al 20% dei nuovi finanziamenti nel periodo 2012-2014. Questi dati non includono corporate bond e si riferiscono all’attività di trust e società di gestione patrimoniale che erogano finanziamenti senza essere soggetti alla regolamentazione bancaria (anche se le banche agiscono come intermediari in alcune operazioni). Il Financial Stability Board ha sottolineato che le autorità cinesi negli ultimi anni hanno fatto progressi nei controlli sul comparto, che negli ultimi mesi ha rallentato l’espansione. Tuttavia restano problemi nella valutazione e mitigazione dei rischi. Perciò il Fsb ha raccomandato di «aumentare gli sforzi per raccogliere e comunicare dati complessivi e dettagliati sul settore non bancario»; «migliorare l’analisi dei rischi sistemici provenienti dal comparto» concentrando l’attenzione anche su possibili shock di liquidità; «sviluppare un approccio regolamentare più basato per attività», in modo che non ci siano arbitraggi per diversi soggetti attivi negli stessi ambiti. Anche la Cina ha il problema di come gestire gli operatori inclusi nel cosiddetto shadow banking: da un lato hanno un ruolo rilevante nel sostenere il credito, dall’altro possono causare rischi sistemici. E Le banche? Quelle cinesi fanno soprattutto prestiti e hanno poche attività finanziarie, ma il report sottolinea che non mancano i rischi legati alle connessioni con gli operatori non bancari. Le osservazioni del Fsb sono state incluse in un’analisi conclusa il 13 agosto all’interno di una peer review, ovvero una valutazione condotta da esperti di vigilanza di altre autorità (tra cui BoE, Fed, Bce) con l’obiettivo di valutare l’efficacia dei controlli e l’adesione del Paese agli standard del Fsb.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 25/8/2015