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 2015  agosto 22 Sabato calendario

OMEOPATIA ADDIO?

Natalie Grams è un medico tedesco con una solida formazione in psicoterapia e in medicine complementari. Nel 2009 è entrata a far parte del gruppo di medici omeopati di Heidelberg, città nota per ospitare la più antica università della Germania, nonché prestigiosi centri scientifici e culturali mondiali, tra i quali il Max Planck Institut e l’European Molecular Biology Laboratory. La dottoressa Grams ha curato con i granuli per una decina d’anni. Poi, ha abbandonato l’omeopatia. O meglio, ne ha disconosciuto alcuni principi e ha motivato il suo “pentimento” in un libro, pubblicato a maggio di quest’anno: L’omeopatia ripensata e cosa davvero aiuta i pazienti (disponibile in lingua originale su Amazon) e nel suo blog. Strano ma vero, la diserzione arriva proprio dalla Germania, culla della cultura omeopatica, giacché Samuel Hahnemann, il suo ideatore, vissuto a cavallo tra 1700 e 1800, era tedesco pure lui. La Grams punta il dito contro alcuni capisaldi dell’opera di Hahnemann - tuttora principale fonte di riferimento della letteratura omeopatica - come l’infondatezza scientifica della legge dei simili e delle diluizioni omeopatiche. In sostanza, la sua è una presa di distanza a tutti gli effetti pari a quella di Anthony Campbell, anche lui autore qualche anno fa di un libro critico, Homeopathy in Perspective. Campbell è una voce che conta: è stato consulente medico del Royal London Homeopathic Hospital (dove si cura anche la Regina Elisabetta II) fino al pensionamento nel 1998 e, pur non sconfessando completamente l’omeopatia, ritiene che i suoi benefici possano dipendere non tanto dal rimedio in sé, ma da altri fattori, come l’efficacia di una approfondita visita omeopatica caratterizzata dal paziente ascolto del medico che, secondo Campbell, agirebbe di fatto da psicoterapia.
«Una delle ragioni per le quali diversi omeopati si “ravvedono” è la difficoltà di questa terapia di aggiornarsi, crescere e confrontarsi con la medicina moderna: alla fine l’autorità è sempre Hahnemann, la malattia si cura con la medicina che produce sintomi simili, e più si diluisce il rimedio meglio è. Nulla di ciò che abbiamo scoperto dalla fine del ‘700 a oggi viene considerato: la microbiologia, la genetica, l’immunologia», spiega Andrea Bellelli, Professore di Biochimica alla Sapienza di Roma, autore di La costruzione dell’omeopatia. Teorie ed ipotesi di Samuel Hahnemann, Mondadori Università.
Che l’omeopatia sia in affanno lo testimonia anche l’indagine Istat Tutela della Salute e accesso alle cure, realizzata nel 2014 su un campione di 120mila persone e coordinata dalla Regione Piemonte. Nel rapporto si legge che nel 2000 le terapie non convenzionali venivano scelte dal 15,8% della popolazione, mentre nel 2013 si scende all’8,2%. L’indagine certifica, in particolare, un calo significativo dell’uso dei rimedi omeopatici, passato dal 7% al 4,1%. “Probabilmente il calo evidenziato dal documento è la conseguenza della crisi economica, che si riflette su una pratica medica in Italia non riconosciuta dal Sistema Sanitario”, sostiene Bellelli. Ma altre voci fanno notare che il “disamore” forse è riconducibile anche a un mutamento più profondo nelle persone, che riguarda la percezione della malattia e di come curarla. “Negli ultimi dieci anni è cambiato l’approccio del paziente, che oggi richiede alle cure una risposta immediata ed è meno disponibile ad apportare cambiamenti importanti nel proprio stile di vita, il che toglie appeal alle cure omeopatiche, solitamente più lente rispetto a quelle farmacologiche”, osserva Carlo Di Stanislao, dermatologo, immunologo, docente di agopuntura del Centro Studi Xin Shu dell’Amsa (Associazione Medica Studio Agopuntura, www.agopuntura.org). “L’omeopatia è una medicina d’élite, dice l’Istat, utilizzata prevalentemente da donne di mezza età, di livello socio-economico e culturale medio-alto. In realtà, l’Istituto nazionale di statistica non ha censito la necessità di omeopatia in Italia, ma la possibilità di avvalersene”, obietta Simonetta Bernardini, Presidente della Siomi, Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, “non a caso, quando le fasce più fragili della popolazione possono accedervi a costi contenuti la utilizzano di buon grado. Questo è quello che constatiamo, per esempio, al Centro Medicina Integrata dell’Ospedale di Pitigliano, in Toscana, dove il ticket per una visita omeopatica è di 22 euro (come per ogni altra prestazione sanitaria della medicina ortodossa, grazie all’inserimento dell’omeopatia nei Lea regionali) e dove più della metà dei nostri pazienti è di età compresa tra i 55 e i 90 anni. Oltretutto, la percezione del beneficio terapeutico è altissima: il 90% di coloro che sono ricorsi all’omeopatia si dichiara soddisfatto. Questo a riprova di come la discriminazione dell’accesso alle cure penalizzi in particolare le categorie più fragili e bisognose”.
Tra medici omeopati che “lasciano” e pazienti che, per varie motivazioni, abbandonano le terapie non convenzionali, s’inserisce la perenne querelle tra scienza ufficiale e medicine non convenzionali, con l’omeopatia (che, va ricordato, è riconosciuta dall’Oms) sempre sul simbolico podio delle più criticate e osteggiate. Tra gli ultimi documenti, il rapporto australiano di marzo di quest’anno, redatto dal National Health and Medical Research Council, che a conclusione di una maxi review su 225 pubblicazioni ha bocciato inesorabilmente l’omeopatia, commentando causticamente: “Non esiste malattia per cui vi sia una prova attendibile della sua efficacia”. E ancora: “Non c’è ragione fondata per dire che funzioni meglio di una pillola di zucchero”. “Il report australiano non è stato pubblicato su alcuna rivista scientifica, e già questo è un punto debole. E il suo contenuto esprime chiaramente un pregiudizio: tutti i lavori che documentavano, al contrario, l’efficacia dell’omeopatia sono stati esclusi dall’analisi”, dice Bernardini. Alle stesse conclusioni australiane è giunta però anche la meta-analisi di Aijing Shang e collaboratori del 2005, pubblicata su Lancet, e un più recente studio del 2010 di Edzard Ernst, uno dei massimi esperti mondiali di medicine complementari, mentre un problema peculiare è la fragilità delle ricerche che sull’omeopatia segnino un punto decisamente a favore.