Lorenzo De Cicco, Il Messaggero 25/8/2015, 25 agosto 2015
DOPO VITTORIO IL CLAN PREPARA LA SUCCESSIONE
Forse non ci sarà un summit, come nel Padrino di Francis Ford Coppola, con i capi cosca seduti attorno a un tavolo per trovare un accordo. Ma nel clan dei Casamonica la scomparsa del capostipite Vittorio apre la questione della successione. Perché l’uomo celebrato giovedì in pompa magna nella basilica di Don Bosco, il “re di Roma”, come inneggiavano i manifesti della vergogna appesi sul sagrato della chiesa, era un’autorità indiscussa tra gli affiliati della Romanina. Un padrino anomalo, nel panorama della criminalità organizzata, perché tra gli “zingari” di Roma Est il “re” non controlla direttamente tutte le attività del gruppo. Non era lui, insomma, ad avere l’ultima parola sui traffici illegali di questi ex cavallari abruzzesi che hanno trasformato interi quartieri della Capitale in fortini dello spaccio.
Se i Casamonica fossero davvero un regno, sarebbero una monarchia costituzionale. Dove il sovrano è una figura più rappresentativa che di potere. Un boss riconosciuto e rispettato, a cui si affidano le controversie interne. Un leader. Vittorio lo era diventato alla morte del padre, Guerino, “il re degli zingari”. Anche lui seppellito con cavalli e carrozze, nel 1961. Così come sua moglie, Virginia, “la regina”, nel ’76.
Che lo scettro del clan passasse al figlio, a quel punto, è stato quasi naturale. Anche perché la stoffa del capo, dicono i famigliari, Vittorio l’ha sempre avuta. «Quando aveva 14 anni già teneva tutti sotto scacco. A quell’età sfrecciava per le strade della Romanina in Ferrari. E mica comandava solo qui. Faceva il signore pure a Via Veneto. Lo rispettavano tutti, amici e nemici». «Hai conquistato Roma, ora conquisterai il paradiso», hanno scritto i famigliari sull’altra gigantografia esposta fuori dalla basilica.
IL FUTURO
Ora «il gruppo malavitoso più potente e radicato nel Lazio», come lo ha definito la Direzione investigativa antimafia, deve trovare un erede. Il candidato naturale è il figlio di Vittorio, Antonio. «Stessa stoffa del padre – dice chi lo conosce – Stessa intraprendenza, stesso modo di trattare con gli altri della famiglia. È già un capo». Antonio abita nella zona dominata da sempre dal vecchio capostipite. In via Roccabernarda, la parte della Romanina più vicina a Ciampino. È lì che sta scontando i domiciliari. È lì, al civico 10, che giovedì mattina sono venuti a prenderlo i carabinieri per permettergli di partecipare al funerale.
L’altro ras che potrebbe contendergli il predominio sulla cupola ha lo stesso nome del padrino defunto: Vittorio Casamonica. È già un boss nelle strade a ridosso del Gra, in zona Anagnina. Quelle dello spaccio controllato giorno e notte da vedette e telecamere. Quel «territorio militarizzato», come lo ha definito una sentenza del 2013 firmata dal gup del Tribunale di Roma, dove lo smercio di coca e hashish viene «praticato giorno e notte, senza sosta». Il cuore del «mercato permanente per i tossicodipendenti di tutta l’area sud di Roma e dei Castelli».
Ma la galassia dei Casamonica è costellata di ras e capibanda. Un mondo chiuso ma frastagliato. Diviso in tanti piccoli clan con cognomi diversi: Casamonica, Di Silvio, Di Guglielmo, Di Rocco, Spada, Spinelli. Famiglie arrivate in questo pugno di strade dell’ex agro romano negli anni ’70. E che in un decennio ne sono diventate padrone, sostituendo i residenti “storici”, quei gruppi di operai e impiegati che avevano dato il nome a questa borgata, la Romanina, la “Piccola Roma”. «Famiglie - si legge nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio sulla legalità del Lazio - tutte strettamente connesse sulla base di rapporti fra capostipiti che si sono imparentati tra loro. Almeno di un migliaio di persone operanti illegalmente a Roma».
I BENI
Tanti sono finiti in carcere. Solo dal 2010 a oggi, polizia e carabinieri ne hanno arrestati 117. Quasi tutti per spaccio, ma anche per estorsione e usura, l’altra attività criminale che frutta affari d’oro al clan, che oggi ha messo le mani su beni che valgono oltre 90 milioni di euro. Un impero da difendere. Che ora aspetta il suo nuovo re.