Leonardo Iannacci, Libero 22/8/2015, 22 agosto 2015
LEO: «FACCIO FILM PER IL MIO MACELLAIO, NON PER I CRITICI»
[Edoardo Leo] –
Piuttosto disincantato nelle cose della vita come sono molti romani, Edoardo Leo ha una concezione del cinema distante anni luce da quella della famigerata e paludata critica che sta preparando armi e bagagli per sbarcare all’imminente Mostra di Venezia. Il 43enne regista e attore, che ha sbancato i botteghini con un paio di opere originali, come Smetto quando voglio e del più recente Noi e la Giulia va dritto al sodo: «Faccio film per il mio macellaio, perché voglio che si ammazzi dalle risate». Boutade a parte, scopriamo in Leo un vero amante del cinema, un appassionato, uno che studia ancora cinema anche se lo fa.
E così?
«Sì. Per anni ho inseguito il successo e ho battuto il marciapiede in teatri off e in fiction televisive. Mi facevano fare o il calciatore o il carabiniere. Finalmente è arrivato il ruolo di Smetto quando voglio e, per quel film, devo molto a Sydney Sibilia».
Ma i premi sono arrivati con Noi e la Giulia.
«Un David di Donatello e un Nastro d’Argento che mi hanno convinto di un fatto: si può ancora fare una commedia, non stupida, che vada bene al botteghino e alzi leggermente il livello di intelligenza del nostro cinema».
Perché racconta di girare film per il suo macellaio?
«Sogno si ammazzi dalle risate nello stesso momento in cui un critico mi dice: bel film, intelligente. Il top sarebbe il contrario: il macellaio dice che è un film intelligente e il critico ride molto».
Quando inizia un film a cosa sogna?
«Di non dare mai una sòla a chi paga 8 euro per entrare in un cinema«».
Il suo primo comandamento?
«Anche nel cinema, come nella vita, bisogna sempre mantenere un proprio stile. Mai svendersi».
Perché il successo e la stima della critica difficilmente coesistono?
«A volte però si confondono i grandi incassi col gradimento. Quanta gente esce da cinema pieni dicendo: ma che schifo questo film...».
Il suo idolo cinematografico?
«Clint Eastwood. I suoi film mostrano come Clint vede la vita».
Perché in Italia è così difficile fare commedie intelligenti?
«La commedia parte da una base drammatica, che poi viene trasformata in qualcosa di divertente: è questo che ci ha insegnato la grande tradizione della commedia all’italiana. In Italia si fanno tanti film comici, alcuni anche belli, altri meno. Con Noi e la Giulia, ho girato una commedia sulla camorra: il produttore me l’ha consentito solo perché Pif aveva appena girato La mafia uccide solo d’estate che aveva sfondato».
Cosa stai preparando in questo momento?
«A novembre uscirà un film con Marco Giallini che s’intitola Loro chi. E sto cominciando a scrivere il mio nuovo progetto da regista».
Noi e la Giulia 2?
«Mai. Ammiro la grandezza di gente come Verdone, Castelletto o Kim Rossi Stuart. La loro forza è quella di cambiare sempre, rischiando ogni volta. Ecco perché ho rifiutato il seguito di Noi e la Giulia».