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 2015  agosto 22 Sabato calendario

ALLA CHIESA 200 MILIONI L’ANNO PER DARE UN POSTO AI PROFUGHI

Senza le strutture ecclesiali, l’accoglienza dei migranti in Italia sarebbe impensabile. Lo rivendicano con forza alla Caritas: «Non meno di 20mila persone transitano nei nostri servizi, quasi il 10% dell’intera opera di accoglienza italiana», spiegava Oliviero Forti, responsabile immigrazione dell’organizzazione cattolica, in seguito alle polemiche ferragostane fra la Lega Nord e il Movimento 5 stelle da una parte e la Conferenza episcopale italiana dall’altra. Fanno a gara, a suon di comunicati stampa, per mostrarsi il più somiglianti possibile al samaritano del Vangelo. Si fa sentire anche il Movimento delle Misericordie, che assiste 3mila migranti ogni giorno, soprattutto al Sud. Non è che danno i numeri, ma per illustrare con i fatti la propria opera devono pur snocciolare qualche cifra. Così monsignor Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei dichiara che i servizi della Chiesa sul territorio italiano accolgono «15mila persone». Per parlare di soldi, equivale a 525mila euro al giorno, cioè a oltre 190 milioni l’anno, se si considera il contributo di 35 euro al giorno riconosciuto dallo Stato per l’ospitalità di ogni singolo richiedente asilo. Insomma, la solidarietà che passa attraverso i canali cattolici è tanta, ma alla fine sono sempre i contribuenti a pagare. A Perego non basta: «Tutta questa accoglienza non deve sostituire il dovere dello Stato civile e democratico di tutelare i diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Il nostro impegno va inteso come un valore aggiunto; ed è una provocazione affinché aumenti la disponibilità a fare spazio a chi ne ha bisogno». In realtà, se la Chiesa deve accogliere chiunque abbia un particolare bisogno di aiuto, nel caso specifico i forestieri, come ricordava ieri nella sua newsletter un’altra associazione di fedeli, Alleanza Cattolica, allo Stato spetta stabilire quanto e come integrare il flusso di immigrati che si presenta ai suoi confini. Si fa aiutare dalla società civile, ma deve anche controllare. Come siano impiegati i fondi, lo dovrebbe verificare la neonata Commissione d’inchiesta parlamentare sui Cie e i Cara, accertando le condizioni di permanenza dei migranti e l’efficienza delle strutture, eventuali condotte illegali e atti lesivi dei diritti fondamentali e della dignità umana, oltre che le procedure per l’affidamento della gestione dei centri. Di per sé, l’etichetta cristiana non è sufficiente a garantire che i denari pubblici siano spesi in modo corretto. Nell’inchiesta su Mafia Capitale, che ha scoperchiato il business dell’immigrazione, è rimasta invischiata anche la coop romana La Cascina, collegata a sua volta a due realtà che risultano regolarmente iscritte ne Registro delle Associazioni e degli Enti che svolgono attività a favore degli immigrati, presso il ministero del Lavoro, cioè la cooperativa Domus Caritatis e l’arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, che uno degli indagati principali, Salvatore Buzzi, definisce il «braccio operativo del Vicariato di Roma nel settore dell’accoglienza». Nel passato, erano finiti nei guai giudiziari sacerdoti come don Cesare Lodeserto, già direttore del Centro di permanenza temporanea "Regina Pacis" di San Foca di Melendugno, gestito dalla curia leccese. Lo avevano accusato di peculato ma la Cassazione lo ha assolto nel 2013, confermando però, nel 2014, una condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione per sequestro di persona e minacce nei confronti di donne moldave. Ora è cittadino moldavo, risiede a Chisinau e non può essere estradato. Sono eccezioni in un mondo di bontà oppure l’abbraccio con le istituzioni rischia di snaturare anche la funzione del volontariato cattolico? Del resto, ce la si fa anche senza contributi statali, come dimostra la rete delle 23mila parrocchie, a cui si deve la creazione di mense, dormitori, ambulatori e centri di ascolto, dove peraltro accedono sia i bisognosi italiani che gli stranieri. A gestire le mense per i poveri, che risultano 449, sono le parrocchie, la Caritas, gli ordini e le congregazioni religiose e infine le diocesi. In totale, il sistema erogava 6 milioni di pasti nel 2009; se ogni pasto costa 4,5 euro, lo Stato risparmia almeno «27 milioni di euro l’anno», visto che «le mense prive di aiuto pubblico» risultano «quattro su cinque», secondo il giornalista Giuseppe Rusconi, autore del libro-inchiesta L’impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno, edito da Rubbettino nel 2013. Un esempio di autogestione, senza tentazioni stataliste.