FRoberto Pavanello, La Stampa 22/8/2015, 22 agosto 2015
LUIGI “GRECHI” DE GREGORI: «FRANCESCO, IL MIO GRANDE SUCCESSO DA TALENT SCOUT»
Una carriera mai illuminata dai riflettori più potenti, ma coerente con la sua scelta artistica, quell’innamoramento per il folk americano nato negli Anni Sessanta e mai sopito. Luigi De Gregori, noto artisticamente per molti anni solo come Luigi Grechi (il cognome della madre), ha sempre imbracciato la chitarra e cantato le sue canzoni con quella passione che sanno dare solo i grandi amori. «Facevo il bibliotecario come mio padre e mio nonno - si racconta -, mi sono licenziato per fare il musicista. Non ho avuto un grande successo, vero, ma non mi sono mai pentito».
Luigi «Grechi» De Gregori ha quell’aria da cowboy che ai Pellerossa preferisce non sparare, meglio un abbraccio. Ha appena pubblicato una raccolta, diciotto tracce che vanno sotto il titolo di Tutto quel che ho 2003-20013: «Sono canzoni le cui registrazioni sono di mia proprietà: brani degli ultimi dischi ma anche di quelli più lontani nel tempo. Non i migliori, semplicemente quelli che sono arrivati a una versione definitiva». Un disco-antologia che racconta il mondo di questo atipico cantautore di 71 anni, che vive nella campagna umbra, vicino a Foligno, e ci parla di questo lavoro come di «un punto» nella sua carriera prima di una nuova fase: «Voglio provare a farmi conoscere da chi non mi ha mai ascoltato, poi farò disco di inediti». Insomma, superati i 70, c’è ancora la voglia di trovare nuove orecchie e, soprattutto, teste: «Il mio pubblico non è un ascoltatore superficiale, legge e vuole approfondire». Il folk è la sua musica, somiglia a Luigi De Gregori: «Non servono amplificatori, bastano una chitarra e una storia da raccontare».
C’è chi ha sperato di vederlo sul palco dell’Arena di Verona, il 22 settembre, al fianco di suo fratello (minore) Francesco per il live-celebrazione dei 40 anni di Rimmel: «No, non ci sarò - dice con una nettezza che non ammette repliche -. Non mi piacciono le ammucchiate artistiche. E poi - si schermisce - con Francesco ci saranno grandi ospiti, che c’entro io con loro? Io non sono famoso». I due suonano insieme raramente, ma ieri sera Luigi è stato ospite di una data del «VivaVoce Tour», a Forte dei Marmi. Hanno fatto la sua Il bandito e il campione, portata al successo da Francesco, e Senza regole, con il fratello all’armonica: «Tra noi non c’è mai stata rivalità, anzi, posso dire che Francesco è il mio più grande successo come talent scout: fui io a portarlo sul palco del Folkstudio di Roma una domenica sul finire degli Anni 60. Lo sentivo cantare a casa...».
Proprio quel Folkstudio che è entrato nel mito: «Era un bel locale, come lo erano il suo pubblico e Roma, città multiculturale. Erano di casa l’arte per l’arte e la fantasia al potere. Dall’America era arrivato il folk e noi giovani iniziammo a suonarlo. Da lì a poco sarebbero arrivati gli anni della contestazione e un’altra storia... Nel ’62 vi suonò anche Bob Dylan, nessuno lo conosceva. E io non c’ero. Mi spiace, ma non potevo mica stare lì ogni giorno».