Claudia Cervini, MilanoFinanza 22/8/2015, 22 agosto 2015
TOP MANAGER D’ORO
Adriano Olivetti diceva che nessun dirigente, neppure il direttore generale, avrebbe dovuto guadagnare oltre dieci volte il salario minimo aziendale. Un precetto morale che il governo Renzi nel recente passato si è impegnato in parte ad applicare agli stipendi dei manager pubblici (portandoli sotto i 239 mila euro), ma che ovviamente non riguarda le società quotate né in Italia né su altri mercati.
Qualcosa però si sta muovendo anche nelle aziende del listino. Non tanto sul fronte della tagliola ai compensi (i quali rimangono su multipli che superano abbondantemente quello espresso da Olivetti), quanto su quello della trasparenza. Già nel 2013 la Securities Exchange Commission (Sec) aveva votato un piano per rendere pubblici i compensi dei dirigenti delle aziende quotate a Wall Street. E ora la Consob americana ha fatto un passo in più. Come segnalato da MF- Milano Finanza lo scorso 5 agosto, la Sec ha approvato una delibera in cui si prevede che dal 2017 le società quotate negli Usa divulghino, inserendolo nel bilancio, il divario di retribuzione tra gli amministratori delegati e i loro dipendenti. Questo divario negli Usa è assai elevato: secondo un’analisi dell’Economic Policy Institute, il rapporto tra la retribuzione del ceo e quella media dei dipendenti è attualmente circa 300, mentre negli anni 80 era intorno a 30.
E la richiesta di trasparenza, come a volte accade, può essere il primo passo verso una misura futura più incisiva.
Per passare sotto la lente i singoli multipli bisognerà attendere ancora qualche tempo. Intanto però si può fotografare quanto succede in Italia. Anche qui tra le quotate si viaggia su multipli decisamente elevati e a volte da capogiro, come dimostra il caso di Sergio Marchionne, ma comunque mediamente al di sotto degli standard americani. L’amministratore delegato di Fca , neanche a dirlo, guida la classifica tricolore degli stipendi d’oro tra i top manager di Piazza Affari. Nel 2014 Marchionne, secondo le rielaborazioni effettuate da Milano Finanza sui dati contenuti nella relazione 2015 sulla remunerazione, ha guadagnato oltre 15 milioni di euro: l’importo è pari a 345 volte il costo del lavoro medio annuo per dipendente sostenuto da Fca . Impossibile? Affatto. Fca conta 228.690 dipendenti e per ognuno spende mediamente 44.200 euro l’anno, per un costo complessivo del lavoro di poco più di 10 milioni. La cifra percepita da Marchionne va però contestualizzata: comprende infatti, oltre allo stipendio, le plusvalenze sulle stock option esercitate (valorizzate a 3,017 euro per azione, per un totale di 10,67 milioni), alle quali si aggiunge una minusvalenza su 6,25 milioni di opzioni, valorizzate a 3,77 euro per azione.
Sullo stipendio del numero uno di Fca sono anni che le polemiche divampano. Polemiche sulle quali l’interessato era intervenuto direttamente a margine di un’assemblea degli azionisti Fiat del 2010. La replica suonava più o meno così: prima di contestare il mio stipendio, i lavoratori dovrebbero chiedersi se sarebbero disposti a fare la mia vita. Senza entrare nel merito della polemica si può notare come Fca sia una società italo-americana in tutto e per tutto, anche sul fronte dei compensi: il divario tra la remunerazione dell’ad e quella dei dipendenti rispecchia quello che si riscontra nelle quotate americane e addirittura lo supera. Confrontando invece i compensi dei top manager dei 50 maggiori gruppi industriali e finanziari quotati a Piazza Affari con il costo del lavoro medio dei rispettivi dipendenti (già reso noto da MF-Milano Finanza sulla base di un’analisi di R&S Mediobanca), emerge infatti un rapporto di 35 a 1, ben inferiore a quello Usa.
Scorrendo la classifica degli stipendi d’oro si incontra Marco Tronchetti Provera. Il presidente e amministratore delegato del gruppo Pirelli è il secondo super-manager più pagato, ma il distacco rispetto a Marchionne è netto. Nel 2014 Tronchetti Provera ha portato a casa 5,518 milioni di euro: un tesoretto che supera di 164 volte il costo medio del lavoro annuo per ogni dipendente Pirelli , che è uno dei più bassi tra le società quotate a Piazza Affari: 33 mila euro. Soltanto World Duty Free ha un costo inferiore e pari a 30 mila euro. Decisamente inferiore rispetto a Tronchetti è però anche la retribuzione dell’amministratore delegato della società attiva nelle vendite al dettaglio nelle aree commerciali aeroportuali. José Palencia Saucedo, ex amministratore delegato di World Duty Free , rimasto in carica fino al 14 novembre 2014, ha percepito infatti una retribuzione di 322 mila euro. Il bronzo spetta invece a un altro super-manager presente da anni nell’olimpo di Piazza Affari, ovvero Marco Patuano. L’amministratore delegato di Telecom Italia nel 2014 ha percepito 3,939 milioni di euro. E anche in questo caso il multiplo rispetto al costo medio annuale per dipendente è assai elevato: 104.
A sorpresa il comparto delle banche viaggia su livelli un po’ inferiori. In questo caso i super-manager più «costosi» sono l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghiozzoni e il suo omologo in Mediobanca, Alberto Nagel. Il primo ha percepito oltre 3 milioni di euro, mentre il secondo circa 2,2 milioni (ed è costato a Mediobanca 21,9 volte un dipendente medio). Una curiosità: Ghizzoni guida il ranking dei banchieri meglio pagati benché Unicredit abbia il minor costo del lavoro per dipendente tra gli istituti di credito. Il costo si aggira infatti sui 57.200 euro (per cui Ghizzoni percepisce un salario che supera di 52,9 volte quello di un dipendente medio). Va da sé che in virtù del gran numero di dipendenti che l’istituto di piazza Gae Aulenti ha in organico (143.520) il costo complessivo del lavoro nel 2014 ha superato gli 8,2 milioni di euro. Carlo Messina, ceo e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo , si piazza «soltanto» al terzo posto del settore banche con una remunerazione 2014 di oltre 1,8 miliardi (la Ca’ de Sass nel 2014 ha sostenuto un costo medio per dipendente di quasi 70 mila euro).
Più dei tre banchieri poté l’assicuratore. Mario Greco, amministratore delegato di Generali , nel 2014 ha infatti percepito oltre 3,3 milioni: una cifra di 26 volte superiore al costo del lavoro medio di un dipendente della compagnia assicurativa triestina. Il collega di UnipolSai , Carlo Cimbri, lo segue a distanza, visto che ha percepito nell’arco dell’intero anno 806 mila euro. UnipolSai ha il rapporto tra la retribuzione dell’ad e il costo medio del lavoro per dipendente più virtuoso di tutto il Ftse Mib: 5,3 volte. Non solo perché la retribuzione di Cimbri è inferiore a quella di molti suoi colleghi, ma anche perché UnipolSai ha sostenuto nel 2014 il costo del lavoro per dipendente più alto di tutta Piazza Affari: 152,4 mila euro per un totale di 1,1 milioni di euro. Persino Generali nel 2014 ha sostenuto un costo medio per dipendente inferiore e pari a 127,5 mila euro per quasi 260 milioni di euro (il Leone conta una schiera di 2.037 dipendenti).
Tornando al mondo dell’impresa, tra i super-pagati ci sono anche il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Claudio Descalzi, dal 9 maggio amministratore delegato di Eni al posto di Paolo Scaroni. Confalonieri nel 2014 ha percepito quasi 3,7 milioni di euro. Descalzi dalla sua nomina a capo-azienda è stato pagato circa 3,3 milioni di euro, mentre Scaroni, da gennaio a maggio, ha intascato 3,2 milioni. Il patron di Tod’s Diego Della Valle (presidente e amministratore delegato, oltre che azionista di maggioranza della società) si piazza invece un po’ più in giù in classifica con 1,8 milioni di euro. Restando nel comparto moda, una remunerazione maggiore è andata a Michele Norsa, amministratore delegato di Salvatore Ferragamo , che nel corso del 2014 ha ricevuto un compenso di 1,97 milioni di euro.
Fanalini di coda nella classifica dei compensi sono i top manager di A2A , Buzzi Unicem e Finmeccanica. In due dei tre casi il livello del compenso, più basso rispetto ai colleghi di altri gruppi, si spiega con gli avvicendamenti al vertice avvenuti nel mezzo dell’esercizio fiscale. Così in A2A il direttore generale Paolo Rossetti, rimasto in carica fino al 4 luglio, ha percepito 571 mila euro, mentre il compenso del suo successore, Luca Valerio Camerano (amministratore delegato dal 13 giugno), è stato invece di 395 mila euro. Lo stesso vale per Finmeccanica: 407 mila euro ad Alessandro Pansa, in carica fino al 15 maggio, e 645 mila al suo successore Mauro Moretti. Anche la busta paga di Moretti, così come quella di Marchionne, ha recentemente sollevato un polverone, cui il manager aveva reagito minacciando le dimissioni. Me ne vado a fare il contadino e mi dedico alle mie olive, aveva dichiarato Moratti. Mestiere forse più tranquillo e salutare, ma di sicuro meno remunerativo. (riproduzione riservata)