Marilisa Palumbo, Corriere della Sera 23/8/2015, 23 agosto 2015
LA FATICA DI TROVARE I CANDIDATI A SINDACO
Il Renzi rottamatore amava citare il politologo Benjamin Barber e il suo If Mayors Ruled the World, un saggio la cui tesi è che il mondo funzionerebbe meglio se a governarlo fossero gli stessi uomini che si cimentano con la guida delle grandi città. Da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi, sembrava, per citare il premier, la «volta buona» per una nuova classe dirigente di amministratori locali che avrebbe affiancato l’ascesa e il governo del giovane presidente del Consiglio. E invece, sorpresa, fare il sindaco non va più di moda. Prendiamo Napoli, dove il Pd spera di scalzare de Magistris: più di qualcuno spinge per ripescare Bassolino, ma Renzi non ha, almeno per ora, un’alternativa vera. A Roma, nonostante il gelo perenne tra il premier e Marino, il Pd non ha fretta di andare al voto perché gli manca un profilo forte da spendere. A Milano sarà anche stato l’anno del miracolo, ma non ci si affolla per prendere il posto di Pisapia e governare la rinascita. «Preferisco Cologno a Palazzo Marino», ha detto al Corriere Paolo Del Debbio, che pure, appoggiato da Salvini, sarebbe stato la scelta perfetta per gli equilibri tra FI e Lega. A sinistra Renzi prende tempo, forse aspettando il commissario per Expo Sala, ma cercando anche di mettere al riparo le sue scelte da imprevedibili primarie. «Sono troppo vecchio per dirigere una grande impresa di servizi», ha detto Albertini, tirato in ballo da Del Debbio. O forse, il punto è che per gestire queste grandi imprese di servizi i soldi non ci sono. A ogni taglio delle tasse a Roma corrisponde un balzello in più sui territori, e i sindaci, incapaci o impossibilitati a trovare alternative, finiscono a fare la parte dei cattivi, bruciandosi con le simpatie degli elettori anche qualche chance di carriera. Così, vent’anni dopo, rischia di finire la stagione del partito dei sindaci. Proprio nell’era del sindaco-premier.