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 2015  agosto 24 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 70

(Le Furie di Hitler)

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LA CRUDELTÀ PUÒ ANCHE ESSERE DONNA –
Donna. «Ciò che l’uomo offre in eroismo sul campo di battaglia, la donna lo eguaglia con infinita perseveranza e sacrificio, con infinito dolore e sofferenza. Ogniqualvolta mette al mondo un figlio, combatte una battaglia per l’esistenza del suo popolo… La comunità nazionalsocialista del Völk è fondata su solide basi proprio perché milioni di donne sono diventate nostri camerati più devoti e fanatici» (Hitler, congresso del Partito nazista, Norimberga 1934).
Trucco. Il partito era contro la cosmesi. La bellezza doveva essere pura, il colorito di una donna dipendeva dall’esercizio fisico, non da un prodotto. All’allenamento si accompagnava un abbassamento del livello culturale. Non si insegnava più il latino ma si davano consigli su come scegliere marito. A partire dagli anni Trenta lo Stato esigeva ovviamente che il Mein Kampf venisse usato per insegnare «l’essenza della purezza del sangue».
Madre. «Nel mio Stato, la madre è il cittadino più importante» (Hitler).
Aiuto. Quella volta che una bambina ebrea di sette anni si avvicinò a Josefine Block, piangendo e implorando per la propria vita. E lei le rispose: «Ti aiuterò!». Poi la agguantò per i capelli e la prese a pugni, la spinse a terra e le calpestò la testa. Dopo la madre della bimba sollevò tra le braccia il piccolo corpicino ormai senza vita, tentando invano di rianimarlo.
Killer. Pauline Kneissler, meglio nota come l’infermiera killer. Nata in Ucraina nel 1900, riparò in Germania per sfuggire ai bolscevichi. Diplomata infermiera nel 1920 a Duisburg, riuscì ben presto a trovare lavoro in una casa di cura di Berlino. Attivista nazista dal 1937, amava cantare nel coro di una chiesa protestante.
Meier. Tra le amanti di Hermann Hanweg, la segretaria ventunenne Liselotte Meier. Quest’ultima fu costretta dal suo capo e amante Hanweg a stare vicino alla famiglia di lui. Tanto che i bambini la chiamavano «vice mamma» mentre la moglie l’aveva soprannominata «Brutus».
Ferri. Erna Reichmann, segretaria del commissario distrettuale di Slonim (Bielorussia), salvò da 2000 ebrei in marcia verso la fucilazione solo una donna: «non aveva ancora finito il maglione che doveva farle ai ferri».
Caccia. Quella domenica in cui i funzionari di alto rango, tra questi anche Hanweg e la Meirm sbronzi, diedero la caccia agli ebrei, mandati nella foresta per stanare i conigli. Dalle carrozze, accompagnati da mogli e amanti impellicciate, c’era chi li frustava e chi gli sparava. «Erano diventati facili bersagli che davano immediata gratificazione a tiratori inesperti, sovente ubriachi. Pochi fortunati schivarono i proiettili e trovarono riparo nella foresta, mimetizzandosi nella vegetazione. La Meier non poteva immaginare che, un ventennio più tardi, gli ebrei di Lida sarebbero riapparsi per identificarla e accusarla».
Tappetino. Johanna Altvater, l’ambiziosa segretaria d’azienda di Minden, era una giovane ventiduenne quando arrivò a Vladimir-Volynskij, sul confine ucraino-polacco, al servizio di Wilhelm Westerheide. Il 16 settembre 1942, avvicinò due bambini ebrei, uno di 6 anni e l’altro ai primi passi, che abitavano vicino al muro del ghetto. Fece loro un cenno, come se volesse offrigli qualcosa. Il più piccolo le andò incontro. Lei lo sollevò tra le braccia, e lo strinse così forte che il bimbo prese a strillare e a dimenarsi. Afferrandolo per le gambe, Johanna lo capovolse e gli sbatté la testa contro il muro, come se fosse un tappetino impolverato. Poi gettò il corpicino senza vita ai piedi del padre, che in seguito raccontò: «Non avevo mai visto un tale sadismo da parte di una donna, non me lo dimenticherò mai».
Maschio. La Alvater, nota per la sua cattiva abitudine di uccidere i bambini, era solita attirarli con una caramella. Quando le si avvicinavano e aprivano la bocca, lei gli sparava in gola con la piccola pistola color argento che teneva sul fianco.
10 per cento. In una società pacifica, le donne commettono in media circa il 14% di tutti i crimini violenti e più o meno l’1% degli omicidi. Nell’Est genocida la percentuale saliva al 10. Il numero stimato di killer femminili era intorno a 3.000.
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 24/8/2015