Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 23/8/2015, 23 agosto 2015
COME SI TRADUCONO IN INGLESE “BUNGA BUNGA” E “OLGETTINE”?
La domanda attraversa tutto il libro: come è stato possibile? Perché per vent’anni gli italiani hanno continuato a votare Silvio Berlusconi? Il saggio del corrispondente in Italia del quotidiano britannico Independent, Michael Day, non contiene rivelazioni sconvolgenti ma è un utile strumento per guardarsi da fuori, con un po’ di distanza temporale e geografica. Being Berlusconi è il titolo, “da Cosa Nostra al Bunga Bunga” il sobrio sottotitolo. La conclusione, in parte sociologica, è che Berlusconi un po’ ce lo siamo meritati: “Alcuni oppositori stanno ancora chiedendo che le leggi ad personam vengano smantellate (…) ma più difficile sarà contrastare il suo tacito messaggio che l’avidità, l’interesse personale e un approccio disinvolto alla legge possano pagare, qualcosa che gli italiani hanno sempre sospettato”. Per questo gli italiani lo hanno votato tanto a lungo, si immedesimavano: “Forse gli italiani dovrebbero iniziare a guardarsi allo specchio invece che scaricare tutte le colpe su un imprenditore brillante ma privo di scrupoli”, segue immancabile citazione di Giorgio Gaber (“Non ho paura di Berlusconi in sé, ma di Berlusconi in me”).
Di interpretazioni del berlusconismo sono piene le biblioteche, ma l’aspetto più interessante del libro di Michael Day – che vive in Italia da sei anni – è la difficoltà di tradurre in un’altra lingua le bizzarrie della politica italiana. Un po’per necessità didascaliche, un po’per la sintesi imposta dalla concisione dell’inglese, la traduzione è spoglia di ogni sfumatura giustificazionista, di tutte quelle attenuanti implicite così diffuse nella stampa italiana.
Un esempio: “Mara Carfagna era la quintessenza delle nomine nel terzo governo Berlusconi. Questa brunetta napoletana che colpisce per la sua bellezza è stata una modella seminuda (“topless model”) e una ballerina in uno dei pacchiani show televisivi di Berlusconi” il quale subiva “l’evidente influenza della sua libido nella scelta dei ministri”.
Raccontare a un pubblico anglosassone – l’editore Palgrave Macmillan è inglese ma il libro è pubblicato per il mercato Usa – cosa siano le veline di Striscia la Notizia, per esempio, non è semplice: “Nell’Italia di Berlusconi, sfruttare la loro bellezza fisica è diventato uno dei modi più efficaci – forse il solo – per le donne italiane di farcela”. Quando poi Michael Day arriva a raccontare del Bunga Bunga, delle cene eleganti, di Ruby Rubacuori e tutto il resto, ammette l’interesse quasi morboso degli stranieri per quello che succedeva nei sotterranei di Arcore: “Anche gli amici non giornalisti che di solito dimostravano poco interesse nell’attualità mi telefonavano e mandavano email per sapere se avevo sentito gli ultimi sviluppi di una storia che, per usare il cliché dei giornali, era sensazionale. Per i reporter, era come mangiare un’intera scatola di cioccolatini in un colpo solo, con sconcezze, prostituzione e problemi di sicurezza nazionale: un po’ West Wing, un po’ Caligola e un po’ Benny Hill”.
Consapevole dell’interesse che Ruby e le altre “olgettine” hanno suscitato nei suoi connazionali, Michael Day si diffonde in dettagli che vengono così presentati, forse per la prima volta, nella loro integrale crudezza al pubblico internazionale. I siti dei giornali inglesi, in questi giorni, stanno rilanciando come anticipazione del libro di Day proprio la parte che contiene la testimonianza di due ragazze passate da Arcore, Ambra Battilana e Chiara Danese, che hanno raccontato ai magistrati com’erano le loro “cene eleganti”.
Ci sono gli stralci delle deposizioni di Ambra Battilana che spiega come “Alcune delle ragazze scoprivano il seno, offrendolo a Berlusconi perché lo potesse baciare, anche loro toccavano il primo ministro nelle parti intime e si facevano toccare le loro. Mentre succedeva tutto questo, le ragazze cantavano “Meno male che Silvio c’è” (tradotto come “Thank godness for Silvio”, ndr) e chiamando il premier Papi”.
Quando prova a spiegare ai suoi lettori chi sia Daniela Santanchè, Michael Day tradisce quasi una ammirazione per la “regina delle amazzoni”. Ecco il personaggio: “Questa bestia politica azzanna i nemici del Boss e non prende prigionieri. Armata di un dubbio master alla prestigiosa (e privata) università Bocconi, la Santanchè è sempre pronta a difendere l’indifendibile. Il suo viso un tempo attraente e ora stranamente senza età (è stata sposata con un famoso chirurgo plastico per anni) e il suo nasale accento di Milano sono una presenza costante nei telegiornali e nei talk show (…) È senza vergogna e non le importa che noi ne siamo consapevoli”.
Il libro di Michael Day, però, vuole essere più di un semplice catalogo di nani, ballerine e prostitute. Non cerca soltanto di riassumere in poco più di 200 pagine vent’anni di storia e storie italiane del berlusconismo. L’ambizione è trarne una morale che, attingendo anche ai libri dello storico americano Francis Fukuyama, sembra essere la seguente: “L’Italia, con questa sua faziosità e il clientelismo pervasivo – con famiglie e tribù che fanno tutto quanto è in loro potere per tenere la loro spregevole presa su benefici sociali ed economici – è un buon esempio di quello che succede quando uno Stato debole e le sue istituzioni non vengono rispettati. (…) L’Italia, sclerotizzata, a bassa crescita, zavorrata dal debito, è un avvertimento”.
Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 23/8/2015