Carlo Di Foggia, il Fatto Quotidiano 23/8/2015, 23 agosto 2015
BANCHE, UN REGALO DA 2 MILIARDI
Eppure non dovrebbe essere complicato: basterebbe che i ministri Pier Carlo Padoan (Economia), Maurizio Martina (Agricoltura), Federica Guidi (Sviluppo), Graziano Delrio (Infrastrutture) e il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, si riunissero per pochi minuti per cancellare con un tratto di penna un regalino che frutta oltre 2 miliardi di euro alle banche. O meglio, per applicare quello che da più di un anno e mezzo dice la legge: l’anatocismo è illegale. Nell’intricata saga della norma che prevede il calcolo degli interessi sugli interessi già applicati ai correntisti (in pratica, quelli maturati finiscono per fare da base per la conta di quelli futuri, in modo che i soldi da restituire aumentino in modo esponenziale) i ritardi della politica non sono mai casuali.
Nello specifico, ministero dell’Economia e palazzo Koch proprio non vogliono rassegnarsi a dire addio alla pratica e da mesi propongono un compromesso: bisogna cambiare la legge e concedere agli istituti almeno il ricalcolo annuale degli interessi, e vietiamo solo quello trimestrale, applicato in passato. Intanto le banche sfruttano la paralisi.
La pratica esiste da sempre, almeno dal ’99, quando il governo di Massimo D’Alema la inserì nel testo unico bancario. La si credeva morta e sepolta sotto un sfilza di sentenze pronunciate a raffica nei tribunali, dalla Cassazione e perfino dalla Consulta (nel 2000): non è cambiato nulla. La svolta arriva nel 2013, quando il divieto di ricorrere alla pratica viene inserito nella legge di Stabilità di Letta, in vigore dal gennaio successivo. A oggi, però, la legge non è ancora stata mai applicata.
A febbraio, però, cambia il governo e i l 24 giugno 2014 l’anatocismo viene ripristinato – nella forma del ricalcolo annuale (e non più trimestrale) – nel decreto competitività, materia di competenza del ministro Guidi, che subito si affretta a smentirne la paternità. Palazzo Chigi si accoda, il Pd pure, ma fonti del Tesoro confermano al Fatto che la manina viene da Bankitalia, con l’avvallo proprio del ministero dell’Economia. La norma viene poi fatta saltare al Senato in sede di conversione, e si torna al punto di partenza: la paralisi visto che manca ancora la delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (Cicr) che dovrebbe rendere operativa la legge. Da chi è composto il Cicr? Dai soggetti di cui sopra, ma l’operazione è talmente complicata che non sono bastati 20 mesi per farla partire.
Ora Tesoro e Bankitalia, secondo quanto ha ricostruito il Fatto, da mesi bloccano la pratica. Finora hanno provato a far digerire il compromesso alle controparti, che però hanno obiettato che così si violerebbe la legge. Il ministero guidato da Padoan ha così chiesto a Palazzo Chigi di poter cambiare la legge. Risultato? Tutto fermo. Le norme sarebbero comunque chiare (l’anatocismo è vietato), ma non per le banche, che continuano a calcolare gli interessi sugli interessi: senza la delibera del Cicr, dicono, la legge non è ancora operativa.
Da gennaio 2014 è così partita una raffica di procedimenti, gran parte dei quali al Tribunale di Milano, avviati dal Movimento consumatori (Mc). La giurisprudenza milanese gli ha finora dato ragione. Ad aprile scorso sono state condannate Ing, Banca Popolare di Milano e Deutsche Bank; a giugno Banca Antonveneta e Banca Regionale Europea; a luglio Intesa-San Paolo, Banca Sella, Fineco, Webank e Unicredit. In altri processi, invece è stata data ragione agli istituti bancari, come Cariparma e Banca del Piemonte. Qui il Tribunale di Torino ha incrinato il fronte milanese spiegando che senza la delibera del Cicr non se ne fa nulla.
In una dettagliata indagine elaborata sui 30 più grandi istituti – con dati di Bankitalia – il Mc ha calcolato che nel 2014 l’anatocismo ha fruttato più di 2 miliardi alle banche italiane, la stessa media degli anni precedenti (18 miliardi dal 2001 al 2010). L’8 agosto, il Tribunale di Milano ha confermato l’inibitoria per Intesa Sanpaolo, che da sola vale il 15% dei correntisti (300 milioni, gli incassi dall’anatocismo). Il 16 settembre si pronuncerà sui ricorsi di Unicredit e Fineco. “Le inibitorie valgono solo per i consumatori – spiega Paolo Iorio, del Mc – Ma non per le imprese, che rappresentano la maggior parte delle posizioni debitorie. Abbiamo già fatto un esposto a Bankitalia: se non interverrà, la denunceremo alla magistratura”.
Carlo Di Foggia, il Fatto Quotidiano 23/8/2015