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 2015  agosto 22 Sabato calendario

Giusto, bello, civile, ricordare vent’anni dopo la morte quel grande uomo di spettacolo che fu Nanni Loy, regista del miglior cinema di denuncia (in pace e in guerra) e antropologo profeta delle vite in diretta come dimostra nel 1965 Specchio segreto

Giusto, bello, civile, ricordare vent’anni dopo la morte quel grande uomo di spettacolo che fu Nanni Loy, regista del miglior cinema di denuncia (in pace e in guerra) e antropologo profeta delle vite in diretta come dimostra nel 1965 Specchio segreto . La Rai in questi giorni lo ricorda nei talk, con spezzoni, film di successo come Cafè express e Il padre di famiglia (oggi Rai5 ore 10.30), due assolo di Manfredi. Stasera si rivede Le quattro giornate di Napoli , ’62, nel pieno del secondo periodo del cinema della II guerra mondiale (Loy aveva iniziato con Un giorno da leoni ), in ricordo della rivolta del popolo napoletano contro l’occupazione tedesca, addì 28 settembre 1943. Quattro giorni per sconfiggere i nazi e metterli k.o. prima dell’arrivo degli americani, prima della Pelle di Malaparte e di Sciuscià di De Sica. Un grande film civile, un puzzle di storie, montaggio dal respiro epico e cast che pesca nel meglio delle famiglie del teatro partenopeo (Regina Bianchi, Pupella e Rosalia Maggio, Enzo Cannavale, Luigi de Filippo) ma con innesti stranieri (i francesi Jean Sorel e George Wilson) oltre a apparizioni di Gian Maria Volontè e Lea Massari. Tra i momenti da non dimenticare, il sacrificio del bambino Gennarino Capuozzo (Domenico Formato che gira per la città e cuce i tempi) che muore su una barricata come nei Miserabili , e pure la banda Ajello, ragazzi del riformatorio. Alla verità della lingua ci pensò Francesco Rosi, napoletano doc (Loy era sardo) che curò il doppiaggio, mentre son cinque gli sceneggiatori, dal regista allo scrittore Pratolini, da Carlo Bernari alla coppia di ferro Franciosa e Festa Campanile. Ma protagonista è il popolo: Napoli si ritrovò sul set, partecipando compatta a questi episodi drammatici e grotteschi in una città ormai mutata e su cui lo scenografo Gianni Polidori fece girare camion carichi di polvere a coprire in grigio le strisce pedonali.