Alessandro Barbera, La Stampa 22/8/2015, 22 agosto 2015
S&P LANCIA L’INDICE CATTOLICO – Sarà il nuovo corso di Papa Francesco, o l’enorme successo riscosso fra gli investitori islamici
S&P LANCIA L’INDICE CATTOLICO – Sarà il nuovo corso di Papa Francesco, o l’enorme successo riscosso fra gli investitori islamici. Pecunia non olet, ma per chi crede c’è un limite a tutto, e ci mancherebbe. Negli uffici ovattati dei grattacieli della City, di Manhattan o Montecarlo non si sta troppo a indagare cosa c’è dietro a questa o quella sigla, se un’azienda fa uso della manodopera di bimbi del Bangladesh, o un’affiliata produce armi. Business is business. Chi investe scommette rapidamente, scorre liste, scambia volumi, spesso conosce meglio gli algoritmi che governano il computer delle imprese che compravende. Così Standard and Poor’s, la più grande agenzia di rating al mondo, ha deciso di lanciare il primo indice dedicato ai valori cattolici. Si chiama S&P 500 Catholic Values Index e selezionerà solo le aziende le cui pratiche di business sono accettate dalle «linee guida degli investimenti socialmente responsabili» della Conferenza dei vescovi americani. L’indice escluderà chi è coinvolto nel commercio o produzione di armi nucleari, chimiche, batteriologiche, cluster bomb, mine antiuomo. C’è il divieto di includere nei portafogli società «il cui business principale è la vendita di prodotti militari» o quello – più tassativo – per «chi impiega il lavoro minorile» in qualunque fase di produzione e distribuzione. L’indice garantirà gli investimenti azionari e le migliaia di prodotti derivati venduti in ogni angolo del globo, i cosiddetti Etf, Exchange traded fund. I laici e i fan di Gordon Gekko si stupiranno, ma in fondo la finanza funziona come qualunque altro business in un’economia aperta. Se i ristoranti vegani accontentano chi rifiuta la carne e il pesce, se ci sono negozi per chi non vuole abiti trattati chimicamente o cerca solo caffé equosolidale, c’è chi cerca di rendere attraenti i portafogli finanziari a chi vorrebbe un mondo senza armi o affine al proprio credo. I fondi di investimento occidentali rispettosi della Sharia esistono da anni, e vanno alla grande. Hanno iniziato nel 2002 le banche svizzere, da Ubs a Credit Suisse fino a Julius Bar. Standard and Poor’s è attiva nel settore dal 2006 con oltre diecimila aziende. Ci sono il «Global healthcare Shariah index», quello panafricano, dedicato alle infrastrutture e alle piccole imprese. Per vigilare sul rispetto dei canoni c’è anche uno «Shariah Supervisory Board» di cinque esperti islamici. Islamici e non fondamentalisti, ça va sans dire.