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 2015  agosto 21 Venerdì calendario

TONI VOTA I RE DEI GOL

Spalle grandi e un sorriso che rivela la voglia di nuove sfide. Luca Toni a 38 anni è diventato un fuoriclasse nel cambio dei pannolini: «Mia figlia Bianca preferisce me a Marta (la sua compagna, ndr )». E continua a esserlo soprattutto in campo. L’uomo simbolo del Verona, il re del gol dell’ultimo torneo assieme a Icardi (22 per entrambi), pensa spesso a quel no di Berbatov alla Fiorentina che tre anni fa gli ha allungato la carriera. Circostanza fortunata, vero, ma alimentata a forza di reti. E nell’estate in cui le big italiane hanno puntato sui numeri 9, Toni è lì. Pronto al confronto.
Toni, il suo ruolo è tornato di moda anche in Italia. Il 9 ha spazzato via il falso nueve?
«Più che per il cambio di prospettiva sono felice perché in Italia sono arrivati tanti campioni: il livello qualitativo del torneo salirà. E significa che la A sta riacquistando appeal: sarà un campionato spettacolare. In Italia c’è un calcio molto tattico e il centravanti boa è praticamente indispensabile. Il falso nueve lo può utilizzare il Barcellona, quando hai un mostro come Messi che tanto falso nueve non è...» .
Il centravanti: un bel mestiere o soprattutto una faticaccia?
«Esserlo è una gran fortuna. Non becchi palla per 90 minuti, poi segni e risulti il migliore in campo. Per il portiere se fa un errore grave non c’è un paracadute di questo tipo».
Senta questi numeri: lei ha segnato 42 gol negli ultimi due campionati, almeno 11 in più di ogni altro italiano in Europa. E nell’anno solare 2015 ha realizzato 17 reti: nei 5 maggiori tornei hanno fatto meglio solo Messi (28) e Ronaldo (23).
«Rimango stupito. Ma se a 38 anni ho davanti solo questi due fenomeni significa che c’è qualcuno che deve preoccuparsi. In Italia si punta troppo sugli stranieri, invece andrebbero valorizzati i talenti dei nostri settori giovanili».
Tra i giovani italiani chi vede come possibile erede?
«In questo momento non c’è tantissimo in giro e anche la Nazionale ne risente: Conte avrebbe bisogno di almeno un paio di ragazzi con le mie caratteristiche. Destro è un buon giocatore ma i miei preferiti sono due che in fondo non sono dei 9 veri: Gabbiadini ha classe e tecnica, e poi Bernardeschi che è un 9 e mezzo e potrebbe adattarsi a fare la punta. Balotelli? Non lo conosco come persona, è un fenomeno ma il calcio a certi livelli richiede dedizione completa».
Nella passata stagione a 38 anni è diventato il più anziano capocannoniere del campionato italiano.
«Bellissima soddisfazione: quest’anno sarà più difficile ripetersi ma io i miei gol li ho sempre fatti e sono pronto per questa nuova sfida. Smetterò quando ne farò 3 a stagione e non sarò più competitivo».
Ci presenti i suoi rivali per il titolo marcatori. Iniziamo da Dzeko.
«Dei nuovi stranieri in Italia lo metto davanti a tutti: arriverà almeno a 20 gol. È forte, grosso, veloce, attacca gli spazi e segna tanto. Lo avevo già notato quando ero al Bayern. La sua carriera non mi ha sorpreso, un affarone per la Roma».
I milanisti Bacca e Luiz Adriano.
«Bacca è un campione. Pazzini ne ha parlato con i suoi amici al Milan e tutti gli hanno detto che è davvero forte. Luiz Adriano lo conosco bene, è un atipico, un attaccante tecnico e non uomo d’area, ma un è 9 e mezzo che segna tanto».
Mandzukic deve far dimenticare Tevez. Ci riuscirà?
«L’ho scoperto la prima volta nella finale di Champions Bayern-Borussia nel 2013. Mai visto un attaccante centrale correre così tanto, fa pressione sulle difese e va in rete con facilità. È adatto alla A ed è “ignorante” al punto giusto. L’attaccante deve essere cattivo, ignorante nel senso di incosciente: senza questa qualità certe cose non ti riescono. Faccio un esempio: credo che il mio gol più bello sia stato in un Bologna-Vicenza, una rovesciata, una roba pazzesca solo a pensarla. Mandzukic ha tutto del 9. Tevez era un fuoriclasse, un leader, ed è un vero peccato per la Juve e la Serie A che sia andato via. I due sono molto diversi però Mandzukic segnerà tanto».
Torniamo ai nuovi: Kalinic e Jovetic.
«Con Jovetic ho giocato assieme a Firenze prima che lui andasse al City: con l’Inter può rilanciarsi. È molto pericoloso se parte da dietro. Kalinic può fare bene e poi se lo ha preso la Fiorentina c’è da scommetterci: lì se ne intendono di attaccanti (ride, ndr )».
Cosa pensa di Icardi e Higuain?
«Icardi ha il gol nella testa, ha fame, è migliorato, ha la rabbia giusta per arrivare in alto e diventerà il più forte. Sarà un bel problema stargli dietro quest’anno: non giocando le Coppe europee potrà concentrarsi su un solo obiettivo. Higuain lo considero il più forte attaccante attualmente in Italia: anche lui è un numero 9 “ignorante”, lo scorso anno il turnover lo ha penalizzato, devo ringraziare anche Benitez se l’ho battuto. Se avesse giocato tutte le partite avrebbe vinto lui senza problemi. Comunque in un calcio così veloce e dispendioso chi gioca una volta a settimana è troppo avvantaggiato rispetto a chi ha più impegni. Il mio podio? Higuain su tutti, poi metto Dzeko e Icardi. Ma dovranno vedersela con me...».
Negli ultimi due anni è l’italiano che ha giocato più gare in campionato: 72, di cui 70 da titolare. Un momento della carriera in cui si è sentito più forte di adesso? In una squadra di prima fascia potrebbe fare ancora meglio?
«Il top è stato tra il primo anno a Firenze, quando ho segnato 31 reti, e le due stagioni al Bayern. E nelle difese c’era molta più qualità. Comunque giocare tanto a un attaccante non pesa: il centravanti va impiegato anche quando non è in forma, a volte si arriva in condizione pure sbagliando qualche gol. Non credo che giocando in una grande potrei fare di più perché il mio fisico non può reggere tre gare in 7 giorni e non avrei una squadra tutta per me come è stato in questi due anni a Verona».
Ma lei in settimana svolge lo stesso lavoro fisico dei compagni o le viene risparmiato qualcosa?
«Qualche seduta la salto, soprattutto a inizio settimana: magari faccio a parte più un lavoro di scarico, mentre gli allenamenti in cui si provano le cose più importanti li faccio per intero. È importante avere un tecnico che capisca certe esigenze e Mandorlini lo è».
Ha giocato per due anni tutto solo in attacco, ora ha Pazzini vicino a sé: troppo simili?
«Con Pazzini c’è un legame forte, nato a Firenze, che va al di là del campo: a Verona può rilanciarsi. Se giocheremo assieme toccherà a lui correre per tutti e due non fosse altro per lo scudetto che mi ha soffiato quando ero alla Roma: glielo rinfaccio sempre».
La Roma: uno scudetto sfiorato e domani la sfiderà nell’anticipo che apre il torneo. Ritroverà anche il suo amico Iturbe.
«Arrivai a Roma a gennaio 2010 ed eravamo lontani dalla vetta, facemmo una grande rimonta. Poi Pazzini e la Samp vennero a vincere all’Olimpico e il sogno sfumò. A “Itu” a Verona ho fatto un po’ da chioccia: forse lì sono in troppi e gli è mancata la continuità».
Qualche mese fa Mandorlini proprio contro la Roma si giocò la panchina dopo 3 k.o. di fila. E a fine gara lei si schierò apertamente per la conferma.
«Per me era giusto non cambiare. In Italia mandano via i tecnici con facilità. Lui ha portato il Verona dalla C alla A: in due anni 100 punti e un gran lavoro».
La sua griglia scudetto e la sorpresa del torneo.
«La Roma si è rinforzata tantissimo, ha investito. Mi piace anche l’Inter: al precampionato credo poco, le sconfitte non contano. Ma vedo la Juve prima: in difesa ha qualcosa in più. La sorpresa vorrei fosse il Verona. Mi piace il Torino, ha fatto acquisti azzeccati».
Cosa si aspetta dal suo Verona?
«Non ci sono squadre deboli, una salvezza tranquilla rappresenterà un grande risultato. Due giovani dell’Hellas? Dico Viviani e Gollini, che in prospettiva vale una big».
Una curiosità: perché Van Gaal a distanza di tanto tempo ce l’ha ancora con lei?
«Una settimana fa ha citato me e Stoichkov come esempi di giocatori che parlano male di lui. Al Bayern non aveva feeling con me ma ha sempre problemi con i giocatori importanti: chiedete a Klose e Ribery cosa pensavano di lui». Frasi dette col sorriso, ma la spallata è da vero 9.