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 2015  agosto 19 Mercoledì calendario

VIANELLO

& MONDAINI, LA MAGIA DEGLI OPPOSTI –
«Mi sa che mi sono innamorato di te», disse Raimondo. «Ma figurati. E passami il sale, per favore», chiuse, asciutta, Sandra. Il punto non è tanto che quella sera, dopo teatro, al ristorante, la cotoletta alla milanese fosse un po’ insipida. Il fatto è che quando nel 1958, dietro le quinte della commedia musicale Sayonara Butterfly, s’innamorarono, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini erano già fidanzati. Con qualcun altro.
Sandra, che ha 27 anni, ha cominciato da poco a ingranare col teatro e di fare la moglie non ha nessun fretta. Raimondo, non ne parliamo: a 36 anni, teatrante ormai di successo e noto tombeur de femmes, la sola idea di infilarsi le pantofole e potare le gardenie del terrazzo gli fa venire le bolle.
Gino Bramieri, che recita nel varietà con loro, l’ha capito subito: Sandra e Raimondo si piacciono, e molto. Il problema è che, sulla carta, sono entrambi impegnati. Non che sia un fidanzamento di quelli con l’anello, questo no. Ma lei a Milano esce con tale Giuseppe Pederico, produttore milanese di Caroselli. E lui, a Roma, si vede con una certa Stella, ballerina romana di buona famiglia. Ma soprattutto, ridacchia tra sé e sé Bramieri che ha già capito tutto, quei due si piacciono perché non possono essere più diversi.

LEI GIOCAVA A PALLONE
Sandra è milanese. Famiglia anticonformista, la sua: babbo Giacinto, pittore, fa i cartelli per la Fiera Campionaria, in casa Mondaini si vive sei mesi a cena fuori tutte le sere e sei mesi senza luce perché nessuno paga le bollette.
In barba alle signorine ammodo che passano i pomeriggi sui Notturni di Chopin, Sandra cresce giocando a pallone coi maschi nei cortili di Città Studi, allora periferia est di Milano, tra ginocchia sbucciate e strepiti della mamma. La scuola, per lei, è un patimento. Ma la ragazza è bionda, carina e ha carattere. Così, per dare una mano in casa, Sandra si mette a fare la modella per il mensile di maglia Mani di Fata («Ho passato mesi a posare con della roba addosso che nel risvolto aveva scritto: “due diritti, tre rovesci, un punto invertito, una treccia”»), finché il padre non la convince a tentare col teatro.
Raimondo, lui, è un’altra storia. Padre ammiraglio della Regia Marina, madre blasonata dei marchesi Accorretti, nonna austriaca, bisnonna inglese, Vianello è cresciuto a Pola, ha studiato Legge e prima di finire a recitare - quasi per caso - era destinato a fare il diplomatico. Quando lo incontra, a Sandra pare «uno spilungone educatissimo, riservatissimo, perbenissimo». Che sarebbe come dire noiosissimo, se non fosse che Vianello gronda humour caustico appena apre bocca. E per una donna, si sa, non c’è niente di più irresistibile.
Dunque, è il 1958 e i due girano l’Italia con questa parodia di Madama Butterfly in cui la Mondaini fa la geisha svampita e Vianello tenta di conquistarla a colpi di nenie giapponesi. Mettici un caffè durante le prove, mettici una cena dopo teatro, Sandra ormai per Raimondo s’è presa una bella cotta, ma colleghe e costumiste la mettono in guardia: «Vianello è un farfallone, come fai a fidarti?». Lui, poi, non si capisce mai che cosa pensi: «Una sera mi guardava, un’altra m’ignorava, avevo deciso che non c’erano speranze», ricorda lei. Che però è una ragazza per bene, e il piede in due scarpe non lo vuole tenere.

QUEL ROMANTICISMO AL CIANURO
È un lunedì, e a teatro è giorno di riposo. Sandra, che sta tornando in treno a Milano a salutare la mamma, durante il viaggio decide che è venuto il momento di mollare il fidanzato. Non s’illude che con quel Vianello possa nascere qualcosa di serio, non ha nessuna aspettativa. Semplicemente, è onesta: «Se mi piace tanto un altro, vuol dire che quello con cui sto non è quello giusto», ragiona. Detto, fatto, l’indomani Sandra torna a teatro, un po’ provata, e incontra Raimondo, con una faccia che sembra gli sia passato addosso un camion. «Che hai, che ti è successo?». «Sono andato a Roma e ho lasciato la mia ragazza». «E io sono andata a Milano e ho rotto col mio fidanzato». «Ma io mica te l’avevo chiesto». «Ah be’, se è per quello nemmeno io». Romanticismo al cianuro, il loro.
Sandra e Raimondo si fidanzano ufficialmente poco dopo. Per l’occasione lei gli regala un radiotelefono e una collezione di golf, lui una fedina d’oro bianco e brillantini. Niente di stratosferico, un anello semplice, senza fronzoli. «Non mi piacciono i regali troppo lussuosi, tipo la pelliccia o l’automobile: mi parrebbe di far la mantenuta», sbuffa lei, orgogliosa. Si dice che la famiglia di lui avrebbe preferito una fidanzata assai più mansueta, ma tant’è.

QUEL BIGLIETTO STRIMINZITO: «ADDIO»
Ognuno porta avanti la sua carriera: Raimondo fa ascolti da record a Un, due, tre con Ugo Tognazzi (finché non gli chiudono la trasmissione per una battuta di troppo sul presidente Gronchi), Sandra sbanca il botteghino con Un mandarino per Teo, accanto a Walter Chiari e Ave Ninchi. Tra teatro, radio e televisione, un paio d’anni passano in un soffio. I giornalisti non fanno che chiedere la data delle nozze, sparano titoloni sugli eterni fidanzati e Sandra, un giorno, sbotta con una cronista di Eva Express: «Che barba, stiamo insieme solo da due anni e già mi chiamate eterna?». Il fatto è che Vianello nicchia. Essì, è innamorato, essì, si è fidanzato, ma la fede al dito, ecco, gli mette ansia. «La sera mi chiedeva di sposarlo e la mattina dopo se n’era già scordato», dice Sandra. Che un po’ pazienta, un po’ insiste, un po’ piagnucola, e un bel giorno prende il treno e se ne torna a Milano, dalla mamma, lasciando un biglietto striminzito: «Addio». L’indomani, manco a dirlo, Raimondo va a recuperarla con la coda fra le gambe e una data per le nozze: 28 maggio 1962.
Mondaini e Vianello si sposano a Roma, in un buco tra uno spettacolo e l’altro. Una cosa per pochi intimi, ché a nessuno dei due piacciono i fronzoli. Sandra indossa un tubino marrone, tre giri di perle e un cappello a pentoletta, Ugo Tognazzi fa il testimone allo sposo. Cerimonia in chiesa, pranzo in un ristorante di Porta Pinciana, a raccontare le nozze per Grazia arriva un giovane cronista sconosciuto, tale Maurizio Costanzo. E col matrimonio, la Mondaini dà l’addio alle scene. O almeno vorrebbe.
Il 1968 è ancora lontano e quell’Italia è un’altra Italia. Le regole parlano chiaro: una donna per bene non lavora, sta a casa, sorride e prepara dei buoni cocktail al marito. E Sandra è una che sul palco fa la piantagrane, ma poi le regole le rispetta. «Se penso di fare l’attrice, la moglie e la madre va a finire che faccio male tutt’e tre», dichiara convinta ai giornalisti dei rotocalchi. Così, la sposina cambia vita: invita le amiche per giocare a canasta, si mette a cucinare gran timballi di pasta, limita le sue comparse artistiche al minimo indispensabile. Una noia mortale, ma Sandra guarda oltre. «Non voglio di certo che i miei figli vengano cresciuti da un’estranea!», dice. «Sogno di fare la mamma da quando ero bambina e badavo a tutti i marmocchi del condominio. Io ne voglio tanti, anche tre o quattro: sono così allegre le famiglie numerose...», sospira.
La vita e i sogni spesso prendono strada diverse, ma Sandra ancora non lo sa.
La vita a due si svolge come nelle migliori famiglie. Tolto il fatto che una famiglia, ancora, non c’è. Le sere passano tra partite a carte e sceneggiati in tv, seduti sul divano con il gatto Carota acciambellato addosso. A ogni intervista i giornalisti girano il coltello nella piaga: a quando l’erede? Sandra sorride, guarda per aria e spara una battuta su Raimondo, così buono, così affettuoso, «peccato che gli piaccia tanto il calcio e la domenica io diventi un soprammobile». Vianello, uomo riservato e immensamente sensibile, non lo dà a vedere ma si preoccupa. Mentre lui fa impennare gli ascolti di Canzonissima con Johnny Dorelli, Sandra è in gabbia. La stanza dei bambini ha le tende tirate e odora di vuoto.

«VOI DUE FATE MORIRE DAL RIDERE»
La svolta avviene una sera, a cena. Sandra ha cucinato una delle sue famose paste al forno per gli amici di sempre, gente di teatro, di televisione, impresari. A casa Vianello si va sempre volentieri: si ride, si scherza, marito e moglie battibeccano di continuo, sono meglio loro di un varietà. A tavola c’è anche Guidino Sacerdote, che la Mondaini l’ha tenuta a battesimo sul palco lanciandola nel suo primissimo personaggio comico, Cutolina, ragazzetta petulante e svampita. Davanti ai vol-au-vent ai funghi, Sacerdote si fa pensieroso. «Quant’è che non reciti, Sandrina?». «Mah, cinque anni, più o meno». «E non ti annoi?». «Ma no, perché?». «Ho un’idea: qui da voi si ride sempre come pazzi, tu e Raimondo siete buffissimi. Portiamo in scena la vostra coppia, facciamola diventare uno sketch». «Cioè, dovremmo fare come a casa, ma in tv?». Raimondo guarda Sandra, Sandra guarda Raimondo. Due settimane dopo debutta in radio Io e lei, a cui segue un nuovo Canzonissima. Il successo è travolgente.
Ogni sera, prima dello spettacolo, Raimondo si avvicina alla porta del camerino di Sandra, bussa piano e dice, amoroso: «Tocca a noi, tesoro». È attento, Raimondo. Sa che a Sandra essere tornata a recitare ha fatto bene, ma sa anche che sua moglie è fragile. Tanto in tv è buffa, brillante, sagace, quanto a casa cade sempre più spesso in un angolo buio da cui non riesce a uscire più. «La depressione è tremenda», racconterà lei, anni dopo. «Non è come una malattia normale, che vai dal chirurgo, zac, ti operi ed è finita lì. La depressione non puoi tagliarla via. Ti mangia la vita».

LUI LA TRADISCE, LEI SCAPPA A CAPRI
Gli anni passano, i figli non sono arrivati. E anche il matrimonio di casa Vianello, come tutti, ha i suoi alti e bassi.
Una mattina del 1967 Sandra si sveglia in un albergo fiorentino - è in città per partecipare al Festival dell’Umorismo - si fa portare un caffè, apre i giornali e resta di sasso. Un settimanale spara la notizia a caratteri cubitali: «Sandra Mondaini e Raimondo Vianello vivono ormai da separati in casa, lei ha un altro». L’altro sarebbe Carlo Mezzadri, fascinoso impresario teatrale. Sandra giura che è solo un buon amico, affronta costernata le interviste pruriginose alla moglie “tradita” di lui, Pia Rame - sorella di Franca - e alla fine è costretta a smentire a mezzo stampa: «Io e Raimondo stiamo insieme perché ci amiamo, mica perché ce l’ha ordinato il dottore. Non giocheremmo mai a fare la coppia felice se non lo fossimo». Probabilmente è sincera. Vianello, invece, la tradisce davvero, e non una sola volta. Ci scherza pure coi giornalisti: «Se sono un marito fedele? Mi pare di sì, ma adesso non mi ricordo bene...». Quando la fa troppo grossa, con una collega del varietà molto giovane e carina, la Mondaini s’indispettisce sul serio.
È estate. Sandra prende il treno, va a Napoli, s’imbarca sul traghetto, sbarca a Capri e scende nell’hotel più sontuoso dell’isola. Al concierge dice solo, asciutta: «Metta tutto in conto a mio marito». Tempo tre giorni e Raimondo è lì a riprendersela, in ginocchio. «Figurarsi, con quel che spendevo», sibila lei.
Ma la paura di perdere Raimondo, quella vera, Sandra la vive nel 1972, quando Raimondo si ammala di cancro al rene. Anche se lui la butta sul ridere. «Ero a letto ammalato e sentivo Sandra, nella stanza accanto, che diceva: “Io l’ammazzo, mica voglio che soffra”. E io morivo di paura. Non dormivo. Pensavo: “E se questa…?”. Quando la vedevo arrivare con la colazione, la mattina, mi tiravo su ed esclamavo: “Ah, come mi sento bene, oggi!”».

IL LORO È UN BATTIBECCO FELICE
Com’è, come non è, Sandra e Raimondo non sanno stare l’una senza l’altro. Nel 1982 lasciano entrambi la Rai e debuttano su Canale 5 con Attenti a noi due. Nel 1988, danno vita alla più lunga serie di successo della tv italiana, Casa Vianello. «Cosa non abbiamo mai fatto insieme io e mia moglie?», dice Vianello a un giornalista che lo intervista in occasione dei loro trent’anni di matrimonio. «Mah, probabilmente divorziare».
Dopo una vita insieme, lei ancora lo pungola perché «piuttosto che invitarmi fuori a cena, pigro com’è, s’inventa di dover aggiustare l’antenna della tv, lui che non sa neanche avvitare una lampadina». Lui la sfruculia perché ha voluto casa a Milano 2, a due passi dall’ospedale San Raffaele, «così tu che sei fissata di aver sempre qualcosa che non va puoi andare a farti il tuo giretto quotidiano dai dottori dopo il caffè». Se lei per restare in forma fa la dieta dissociata («Mangio un giorno carne, un giorno verdure, un giorno pasta») lui la stuzzica: «Sì, e poi a me, per non sbagliarti, non dai niente». Tutto così. Ma siccome la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, a sessant’anni suonati Sandra realizza il sogno di tutta una vita: diventa finalmente mamma. Più o meno.
Gian Marco è il figlio di Rosa ed Edgar, la coppia di filippini che lavora a casa Vianello. Chiama Sandra «zia» e Raimondo «zio», ha gli occhi a mandorla e i capelli dritti come spaghetti, ma è il bambino che hanno sempre voluto. «Con lui per casa mi sembra che la mia vita abbia finalmente un senso», dice Sandra. «Gli amici ora arrivano con i peluche per il bimbo invece che con qualcosa per noi vecchi». Cinque anni dopo arriva anche un fratellino, che prende il nome dello “zio”, Raymond. Con i bambini in giro per casa, la vita di Sandra torna a sorridere. Finché la malattia non colpisce anche lei: quando, nel 1997, le diagnosticano un tumore al polmone, Raimondo passa le notti in ospedale seduto sul letto della moglie. Ma neanche stavolta riesce a restare serio. Quando Sandra viene dimessa, qualcuno gli dice: «Sua moglie è una donna portentosa, dovrebbe farle un monumento». E lui, serafico: «Gliel’avevo fatto, ma poi è guarita...».

QUEL NECROLOGIO BIANCO E VUOTO
Bastasse una battuta a far scappare i malanni, Sandra e Raimondo sarebbero ancora qui. Invece, quando la malattia torna, si mangia Raimondo poco a poco, senza sosta. Vianello chiude gli occhi il 15 aprile del 2010, in una stanza dell’ospedale San Raffaele di Milano. Sandra Mondaini ha perso il suo sole, la sua luna, il suo nord e il suo sud. Il funerale di Vianello finisce in Tv, come quello dei grandi, ma il sacerdote non riesce a celebrare. «Raimondo, sono qui! Mi vedi?, sono qui!», continua a gridare Sandra seduta in carrozzella, il viso gonfio, l’occhio bendato, mentre carezza lieve la bara. Il giorno dopo la scomparsa di Vianello, la Mondaini fa pubblicare un necrologio sul Corriere della Sera: «Raimondo non c’è più». E sotto, una grande spazio bianco, vuoto. Cinque mesi dopo, il 21 settembre, la Mondaini raggiunge suo marito, sfinita dalla solitudine.
Cos’è stato il loro amore, lo ha spiegato Sandra in un intervista di tanti anni fa: «Raimondo per me è come il fegato: mica mi accorgo che ce l’ho, però è dentro di me, funziona. E senza, mica sopravvivi».