Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport 19/8/2015, 19 agosto 2015
NOIA DEL CALCIO, NON DEI GOL: ADURIZ RE DEGLI ANTIEROI
«Questa squadra si meritava di entrare nella storia. Perché siamo come voi. Siamo una banda. Perché competiamo contro il resto del mondo. Perché siamo diversi». Le parole pronunciate da Aritz Aduriz ieri pomeriggio dal balcone del Municipio di Bilbao sono state salutate con un’ovazione bestiale dalle decine di migliaia di persone riunite nel piazzale e sul ponte sulla Ria.
SPIRITO UNICO Perché rilanciano lo spirito unico dell’Athletic, capace di battere il Barcellona con una squadra generata in pochi chilometri quadrati, fatta di ragazzi nati tra i Paesi Baschi e la Navarra, tirati su con cura a Lezama, il centro tecnico dell’Athletic, o presi nei dintorni. «Alcuni di noi hanno condiviso l’appartamento per anni, non avete idea di quanto sia piacevole vincere con questo gruppo», aveva detto Aduriz nella pancia del Camp Nou. Raggiante, estatico, travolto da una felicità assoluta. Pensava a Carlos Gurpegui, che oggi compie 35 anni, ha sei mesi più di lui e col quale abitava all’inizio della carriera, per risparmiare e per sognare. L’ultima volta che l’Athletic aveva vinto qualcosa Aritz e Carlos avevano 3 anni, era il 1984.
SOFFERENZA COMUNE Più avanti si sono trovati a Lezama e hanno sofferto insieme: Aduriz per due volte è stato mandato via dall’Athletic, prima a Burgos, in 3a serie, poi a Maiorca. E quando è tornato, 3 anni fa, Bielsa stravedeva per Llorente. Aritz ha fatto 14, 16 e 18 gol in Liga: gli anni passano e lui segna di più. E continua a guardare il calcio con interesse relativo: «Potrei giocare per ore ma non guardo quasi mai le partite — ci aveva raccontato qualche mese fa —. I miei erano maestri di sci di fondo e il fine settimana da San Sebastian andavamo a sciare sui Pirenei. Non sono mai stato ad Atocha, il vecchio stadio della Real Sociedad, e da bambino non tifavo per nessuno. Giocavo e basta, per ore, sulla spiaggia o per strada». Gurpegui da Bilbao non se n’è mai andato, però è stato coinvolto in uno scandalo doping diventato caso nazionale, politico prima che sportivo: positivo al nandrolone il 1° settembre 2002, è stato fermo per 2 anni tra il 2006 e il 2008, dopo che per 4 anni l’Athletic ha dato battaglia per lui in ogni tribunale.
L’ESPERIENZA Negli ultimi sei anni l’Athletic ha perso tre finali di Copa del Rey: Gurpegui mai stato titolare. Lunedì a Barcellona ha preso il posto di San José e finalmente il capitano ha alzato il trofeo tanto atteso. «Sì, avevo pensato a questa storia — ci ha confessato l’allenatore Valverde —, ma l’ho schierato perché mi serviva un puntello, psicologico e tattico. Una faccia esperta che i ragazzi potessero guardare nei momenti di difficoltà». E chi meglio di «Gurpe», con quel suo naso storto e l’espressione da pugile di periferia?
UNA CITTà IN FESTA Ieri Bilbao è impazzita. E ha coperto d’affetto i suoi bravi ragazzi che sono andati prima a rendere omaggio alla cattedrale dedicata a Begoña e poi ad arringare i tifosi al Municipio. L’Athletic deve provare a restare in sé, a controllare l’euforia: nonostante la festa, ieri prima del tour sull’autobus scoperto c’è stato anche un allenamento. Oggi si parte per la Slovacchia per il playoff di Europa League con lo Zilina, domani, e domenica a San Mames arriva di nuovo il Barça per la prima di Liga. Perché l’idea è quella di vincere senza aspettare altri 34 anni: «E preparatevi perché la prossima volta veniamo con la gabarra », ha detto in basco alla gente impazzita Aduriz. La storica barca usata per festeggiare i successi dell’Athletic, tristemente ormeggiata dal 1984. Ieri non hanno sciolto i nodi perché non c’era tempo. Vedremo nel prossimo maggio.