Emilia Costantini, Corriere della Sera 19/8/2015, 19 agosto 2015
Califano Mita Medici, a 17 anni, ebbe «una storia importante» con Franco Califano: «Lui era già un giovane uomo
Califano Mita Medici, a 17 anni, ebbe «una storia importante» con Franco Califano: «Lui era già un giovane uomo. Me ne parlava continuamente il nostro amico comune Gianni Minà: io me lo immaginavo proprio come un vero Califfo in stile Ali Babà. Uno grosso, grasso, con il turbante in testa, le piume, gli anelli, i bracciali. E invece...». Invece Califano era nel pieno del suo fulgore. «Era bellissimo, di grande fascino. Quella sera cominciammo a parlare e per me, che ero poco più di una ragazzina e che quelli della sua età li consideravo dei “matusa”, mi sembrava quasi strano ritrovarmi affascinata. Era gentile, dolce, pieno di accortezze, iniziò a corteggiarmi, mi conquistò e andammo a vivere insieme». La loro casa era una sorta di comune. «A quell’epoca, parlo della fine degli Anni 60, si respirava aria di ribellione, di libertà. La nostra casa era davvero una comune, perché nella stessa palazzina vivevano tanti altri artisti, tra i quali Renzo Arbore. La sera ci riunivamo a casa degli uni o degli altri, si faceva musica, si cucinava, si cantava. Ne ho un ricordo straordinario, era un tempo di grande creatività». Poi la storia finì. «Lo lasciai perché mi aveva detto una bugia. Mi aveva detto che era in un posto, invece era in un altro». Questione di donne? «Non ricordo, forse sì, o forse era solo il fatto che mi aveva detto una cosa per un’altra e allora pensai: se mi mente su una questione così banale, quante altre volte mi avrà mentito e mi mentirà? Detto fatto, me ne andai. Ma la nostra relazione continuò a durare nell’amicizia e nell’affetto che ci ha legato fin quasi alla fine». Anche durante le vicende giudiziarie che lo travolsero. «Gli sono sempre stata vicina: mentre era in carcere ci scrivevamo lettere». (Emilia Costantini, Cds)