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 2015  agosto 18 Martedì calendario

STORIA DEL MESSICO BASATA SOLO SU WIKIPEDIA

fino a Benito Juárez

voce Guerra d’indipendenza del Messico
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_d’indipendenza_del_Messico

[...] Il fatto che portò l’élite creola a pensare ad un movimento di emancipazione fu l’occupazione francese della Spagna nel 1808. Bisogna ricordare che in quell’anno Carlo IV e Ferdinando VII di Spagna abdicarono in successione a favore di Giuseppe Bonaparte, per cui la Spagna divenne in pratica un protettorato francese [...] Il paese dove iniziò la guerra d’Indipendenza fu Dolores Hidalgo [...] Il 16 settembre 1810 padre Miguel Hidalgo y Costilla si lanciò in guerra appoggiato da truppe indigene e contadine al grido di «Viva la Virgen de Guadalupe, muerte al mal gobierno abajo los gachupines», la rivoluzione [...] si trasformò in una guerra indipendentista. Il conflitto durò undici anni e il movimento era tutt’altro che omogeneo. [...] All’inizio si rivendicava la sovranità di Ferdinando VII sopra la Spagna e le sue colonie, ma con il passare del tempo [il movimento] prese sempre più una matrice repubblicana. Nel 1813, il Congresso di Chilpancingo (protetto dal generalissimo José María Morelos y Pavón) dichiarò costituzionalmente l’Indipendenza dell’America Messicana. La sconfitta di Morelos nel 1815 ridusse il movimento ad una guerriglia. Verso il 1820 rimasero solo alcuni nuclei ribelli, soprattutto nella Sierra Madre del Sud e a Veracruz. In quel periodo Agustín de Iturbide strinse alleanze con quasi tutte le fazioni (incluso il governo spagnolo), e grazie a questo il 27 settembre 1821 si consumò l’indipendenza. La Spagna [...] cercò di riconquistare il Messico senza riuscirci. L’ex colonia spagnola passò un’effimera monarchia costituzionale cattolica chiamata Primo Impero Messicano. Dissoltosi poi nel 1823, dopo vari scontri interni e divisioni di alcune province si trasformò in una repubblica federale. La Spagna non la riconobbe che il 28 aprile 1836.

voce Antonio López de Santa Anna y Pérez de Lebrón https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_L%C3%B3pez_de_Santa_Anna

Antonio López de Santa Anna y Pérez de Lebrón chiamato più semplicemente Santa Anna o Santa Ana o Santana, conosciuto anche con l’appellativo di Napoleone del West (Xalapa, 21 febbraio 1794 – Città del Messico, 21 giugno 1876). Essendo giovane e senza grandi possibilità, si arruolò nell’esercito spagnolo durante la Guerra d’indipendenza del Messico. Nel 1821 dopo la ratifica del Piano de Iguala si schierò con i rivoluzionari e venne nominato da Iturbide comandante generale della provincia di Veracruz.
Un anno dopo prese le distanze da Iturbide, che veniva nominato Imperatore, e divenne un repubblicano appoggiando Guadalupe Victoria. Nel 1829 sconfisse l’esercito spagnolo, che guidato da Isidro Barradas, doveva riconquistare il Messico. Divenne presidente del Messico nel 1833 con poteri dittatoriali. Abolì la schiavitù nel 1835. In quello stesso anno cercò di impedire con le armi la secessione del Texas, ma, nonostante alcuni successi (fra cui la celebre battaglia di Alamo), dovette, nel 1836 riconoscerne l’indipendenza. Abbandonata la vita politica nel 1837, fu nell’anno seguente protagonista di una guerra tra Francesi e Messicani cagionata dall’occupazione di Veracruz (una città portuale messicana) da parte francese: sotto la sua guida, il Messico vinse quel breve conflitto ma Santa Anna vi perse una gamba, tranciata di netto da un colpo di cannone nel corso dei combattimenti (1838). Nuovamente nominato presidente nel 1841-1844, quando, a seguito di un colpo di Stato, lasciò il suo paese riparando a Cuba. L’anno successivo fu richiamato in Messico in occasione della guerra contro gli Stati Uniti e, assunta per la terza volta la carica di presidente, dovette sottoscrivere, nel 1848, il trattato di Guadalupe Hidalgo. Con questo accordo veniva definitivamente riconosciuta, a favore degli Stati Uniti, la cessione di un’ampia fascia di territorio che andava dal Texas alla California. Dimessosi, andò a vivere prima in Giamaica, poi in Venezuela.
Combatté anche durante la Guerra messicano-statunitense. Dedito alla passione dei combattimenti tra galli gli viene attribuita l’invenzione della gomma da masticare; durante il suo governo convocò il concorso per la realizzazione dell’inno nazionale del Messico.

voce Indipendenza del Texas
https://it.wikipedia.org/wiki/Indipendenza_del_Texas

L’Indipendenza del Texas, detta anche Rivoluzione texana o Guerra d’indipendenza del Texas (in inglese Texas Revolution, in spagnolo Independencia de Texas), è stata un processo di affrancamento di quell’area geo-politica che si è svolto (principalmente) tra il 2 ottobre 1835 ed il 21 aprile 1836, contrapponendo il Messico alla porzione texana[1] dello Stato messicano di Coahuila y Tejas.
L’animosità tra governo messicano e coloni statunitensi iniziò con le cosiddette Sette leggi del 1835, con cui il presidente del Messico generale Antonio López de Santa Anna aveva abrogato la Costituzione messicana del 1824, sostituendola con la Costituzione messicana del 1835, di chiaro orientamento anti-federalista. Un altro motivo di scontro era l’abolizione della schiavitù, nuovamente decretata dal governo semi dittatoriale di Santa Anna, che, ispirandosi a Napoleone, cercava di modernizzare il paese in senso vagamente "illuministico" (tra l’altro aprendo l’esercito al merito, e le carriere pubbliche anche alle persone "non completamente bianche"); i coloni anglosassoni del Texas, provenienti per lo più dal sud degli USA, erano favorevoli alla schiavitù, spesso proprietari di schiavi e fermamente convinti della superiorità bianca. Il malcontento si diffuse presto in tutto il Messico, e la guerra scoppiò il 1º ottobre 1835 con la battaglia di Gonzales. I texani (all’epoca ancora cittadini del Messico) vinsero inizialmente a La Bahia (Goliad (Texas)) e San Antonio, ma poco dopo furono pesantemente battuti nelle medesime località. In breve prosieguo avvenne il celebre episodio di Alamo, un forte dei texani in cui tutti i difensori, salvo pochi sopravvissuti, furono travolti e massacrati da preponderanti forze messicane.
La guerra si concluse con la battaglia di San Jacinto (21 aprile 1836 — una trentina di km. dall’odierna Houston[2]), in cui il generale Sam Houston sconfisse in soli 18 minuti una parte dell’esercito messicano, guidata dallo stesso Santa Anna, che fu fatto prigioniero poco dopo la battaglia. La conseguenza politica fu la nascita della Repubblica del Texas. La repubblica non ottenne mai il riconoscimento dal Messico, e nella sua breve esistenza oscillò tra il collasso e l’invasione messicana. Il Texas fu annesso agli USA nel 1845, e la "questione texana" non poté dirsi risolta prima della Guerra messicano-statunitense.

voce Guerra messicano-statunitense (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_messicano-statunitense)

La guerra messicano-statunitense scaturì da conflitti irrisolti fra il Messico e la repubblica del Texas, fondata da coloni statunitensi su territorio messicano. Dopo la rivoluzione texana del 1836, il Messico rifiutò di riconoscere la Repubblica del Texas ed espresse l’intenzione di riportarla sotto la sua sovranità. Figure autorevoli tra i coloni del Texas manifestarono invece interesse per l’annessione agli Stati Uniti, anche se funzionari messicani avvertirono che ciò avrebbe significato la guerra. Per anni gli Stati Uniti si rifiutarono di annettere il Texas, ma nel 1845 il Presidente John Tyler, nell’ultimo giorno del suo mandato, in accordo con la politica espansionista implicita nella dottrina del "Destino manifesto" (Manifest Destiny), inviò al Texas un’offerta di annessione. Il Texas accettò e divenne seduta stante il 28º stato degli Stati Uniti. Il governo messicano protestò affermando che gli Stati Uniti, annettendosi la provincia ribelle, erano intervenuti negli affari interni del Messico ledendone la sovranità. Inviati britannici tentarono ripetutamente di dissuadere il Messico dal dichiarare guerra, ma tali sforzi diplomatici furono infruttuosi, anche perché fra Stati Uniti e Regno Unito scoppiarono altre dispute, in particolare quella sui confini dell’Oregon. Saranno comunque gli Stati Uniti a dichiarare guerra al Messico, provocando il necessario casus belli.
Compiuta l’annessione del Texas, il neo-eletto presidente James Knox Polk si propose di acquistare la provincia messicana della California. Gli espansionisti volevano la California per avere uno sbocco sull’oceano Pacifico, che avrebbe permesso agli Stati Uniti di partecipare al lucroso commercio con l’Asia. Inoltre, il controllo del Messico su quella provincia lontana era debole, e si temeva che potesse finire in mano alla Gran Bretagna (a quel tempo la Columbia era disputata tra essa e la Russia, dopo la rinuncia spagnola). Ma, con la dottrina Monroe, gli Stati Uniti avevano espressamente escluso anche solo la possibilità dell’ingerenza di altre potenze nel loro operato nell’intero continente, ritenendola un pericolo per la sicurezza statunitense. Nel 1845, Polk inviò in Messico il diplomatico John Slidell per acquistare California e Nuovo Messico per più di 30 milioni di dollari. Nel gennaio 1846 Polk accentuò la pressione sul Messico inviando truppe, al comando del Generale Zachary Taylor, nel territorio, allora conteso fra Texas e Messico, tra i fiumi Nueces e Rio Grande. Taylor ignorò le richieste messicane di sgombero e marciò a sud del Rio Grande, dove avviò la costruzione di Fort Brown.
L’arrivo di Slidell mise in subbuglio la politica messicana; girava voce che fosse venuto per acquistare altri territori senza offrire nulla per la perdita del Texas. I messicani si rifiutarono di riceverlo, adducendo problemi relativi alle sue credenziali. Slidell rientrò a Washington nel maggio 1846. Polk ritenne il gesto un’offesa e una "causa di guerra più che sufficiente" e si preparò a chiedere al Congresso una dichiarazione di guerra, che il Congresso avrebbe poi ratificato.
Ostilità e dichiarazione di guerra
Pochi giorni prima che Polk avanzasse questa richiesta al Congresso, venne a sapere che forze messicane avevano attraversato il Rio Grande e che avevano ucciso undici soldati statunitensi. Il 24 aprile 1846, la cavalleria messicana attaccò e catturò il personale di uno dei distaccamenti statunitensi presso il Rio Grande. Dopo questo scontro confinario, battaglie fra le forze messicane e quelle USA scoppiarono a Palo Alto e a Resaca de la Palma.
Polk considerò questo un casus belli e in un messaggio al Congresso dell’11 maggio 1846 asserì che il Messico aveva «invaso il nostro territorio e versato sangue statunitense sul suolo statunitense». Non si soffermò sul fatto che sul territorio in questione esistesse una disputa. Un certo numero di congressisti espresse dubbi circa la versione fornita da Polk dell’accaduto ma il Congresso approvò a stragrande maggioranza la dichiarazione di guerra, con numerosi Liberali (Whigs) intimoriti dal fatto che la loro opposizione sarebbe loro costata sul piano politico. La guerra fu dichiarata il 13 maggio 1846. I congressisti originari del Nord degli USA e i Liberali in linea di massima si opponevano alla guerra mentre quelli originari del Sud degli USA e i Democratici tendevano a sostenerla. Il Messico dichiarò guerra il 23 maggio.
Anche dopo che la guerra fu dichiarata, molti Liberali sollevarono obiezioni circa la pretesa di Polk che il Messico avesse «versato sangue statunitense sul suolo statunitense», credendo invece che le forze statunitensi avessero attraversato il Rio Grande al fine deliberato di provocare una guerra contro il Messico. Le voci su questo argomento dopo la guerra cessarono quasi del tutto. Abraham Lincoln, diventato da poco un deputato liberale nella Camera dei Rappresentanti statunitense, presentò le “Spot Resolutions”, con cui chiese che il Presidente Polk fornisse l’esatta localizzazione di dove il sangue statunitense fosse stato versato. Poiché soldati statunitensi erano stati uccisi, tuttavia, queste risoluzioni furono ampiamente ignorate. Gli storici hanno da allora discusso se Polk avesse o meno deliberatamente provocato la guerra, o se la sua politica del "rischio calcolato" gli fosse sfuggita di mano.
Il Messico non era preparato ad una guerra. Il paese si trovava nella rovina economica, politica e sociale. L’esercito e i suoi comandanti non erano armati e preparati per difendere il paese, mancavano armi, uniformi, scorte alimentari e spirito di lotta.
I fucili messicani erano vecchi e i cannoni, che erano tutti a corto raggio, portavano la data della guerra d’indipendenza, mentre gli statunitensi avevano fucili di ultima generazione e cannoni a lungo raggio.
Inoltre i soldati messicani erano reclutati con la leva, scarsamente ricompensati e mal nutriti, mentre quelli americani appartenevano ad un esercito, erano volontari pagati dal governo e ricevevano puntualmente il loro stipendio.
Dopo la dichiarazione di guerra, le forze statunitensi invasero il territorio messicano su più fronti. Il 14 giugno 1846 coloni inglesi a Sonoma arrestarono e imprigionarono il locale governatore e dichiararono una repubblica indipendente della California. Sul Pacifico, la marina statunitense inviò John D. Sloat ad occupare la California e la dichiarò appartenente agli USA in base alla considerazione che i britannici avrebbero anche potuto tentare di occupare l’area. Assunse il comando di Sonoma e Monterey nel luglio di quell’anno (vedere Battaglia di Monterey). Nel frattempo l’esercito statunitense di quello che viene solitamente chiamato Army of the West (Esercito d’Occidente), sotto Stephen W. Kearny, occupava Santa Fe (Nuovo Messico). Kearny inviò un piccolo contingente in California dove, dopo qualche iniziale rovescio, riuscì a unirsi ai rinforzi della Marina al comando di Robert F. Stockton e a occupare San Diego (California) e Los Angeles (California). Un importante dissenso scoppiò fra Kearny e Stockton sul controllo della California. Stockton nominò John C. Frémont governatore della California mentre Kearny si auto nominò per quell’incarico. La disputa fu inizialmente causata dalle contrastanti direttive provenienti da Washington. Kearny infine prevalse e Frémont fu arrestato e inviato davanti alla Corte Marziale per la sua lealtà nei confronti di Stockton in quella disputa.
La forza principale guidata da Taylor continuò ad agire lungo il Rio Grande, vincendo la battaglia di Monterey nel settembre 1846, dopo lunghe settimane di battaglia. Nel frattempo lo Stato dello Yucatan si era dichiarato nuovamente indipendente e questo produsse un sollevamento a Città del Messico, che portò il governo di Mariano Paredes, a chiedere il ritorno di Antonio López de Santa Anna dal suo esilio cubano. Santa Anna eluse il blocco navale statunitense e nel dicembre del 1846 formò un nuovo governo con Valentin Gomez Farias come vicepresidente. Antonio López de Santa Anna marciò personalmente verso nord per combattere Taylor ma fu sconfitto nella battaglia di Buena Vista il 22 febbraio 1847. Santa Anna lasciò Farias come presidente ad interim, venne promulgata una legge che permetteva al governo federale di appropriarsi dei beni della chiesa per un valore di 15 milioni di pesos; ma di fronte a questo il popolo di Città del Messico si sollevò in armi e assediò il presidente nel Palazzo Nazionale, così Santa Anna si vedette costretto a trasformare il decreto in una donazione volontaria del clero di 100.000 pesos.
Occupazione statunitense di Ciudad de Mexico
Nel frattempo, invece di rafforzare l’esercito di Taylor per consentirgli di progredire nell’avanzata, il presidente Polk inviò un secondo esercito sotto il Generale Winfield Scott in marzo, trasportato nel porto di Veracruz per via mare, per avviare un’invasione del cuore stesso del Messico. Scott si affermò nell’assedio di Veracruz e prese Puebla senza sparare un solo colpo grazie all’intervento della Chiesa cattolica che convinse i propri fedeli ad accogliere l’esercito invasore come un esercito liberatore, marciò così alla volta di Città del Messico con l’aiuto della Mexican Spy Company ("compagnia di spie messicane", un gruppo di ladri e banditi che combatterono con gli statunitensi). Le spie furono le guide che aiutarono a vincere le battaglie di Cerro Gordo e Chapultepec, grazie anche all’incompetenza di Santa Anna che ordinò di non fortificare i monti intorno. Questo diede l’opportunità agli americani di avanzare. Dopo le importanti battaglie di Padierna, Churubusco e Molino del Rey, Chapultepec cadde, non senza prima aver combattuto valorosamente, infatti i giovani cadetti dell’accademia militare morirono valorosamente e sono ricordati come Niños Héroes (ragazzi eroici).
La caduta di Chapultepec ebbe due conseguenze immediate: l’occupazione da parte degli statunitensi di Città del Messico e la nuova rinuncia di Santa Anna alla presidenza.
Fine della guerra
Il trattato di Cahuenga, firmato il 13 gennaio 1847, mise fine ai combattimenti in California. Il trattato di Guadalupe Hidalgo, sottoscritto il 2 febbraio 1848, concluse la guerra e dette agli U.S.A. il controllo assoluto del Texas come pure della California, del Nevada, dello Utah, e di parti del Colorado, Arizona, Nuovo Messico e Wyoming. In cambio il Messico ricevette 18.250.000 dollari, l’equivalente dei 627.500.000 dollari (valore di metà anno 2000) dei costi della guerra.
Conseguenze politiche del conflitto
Il Messico perse metà del suo territorio nella guerra, costretto ad abbandonarlo con durevole rancore agli Stati Uniti. Tuttavia la guerra accentuò il sentimento di unità nazionale in Messico, perso da quando il movimento indipendentistico messicano s’era dissolto nel 1821.
Il conflitto provocò inoltre l’emergere di una nuova generazione di politici in Messico. Costoro infine liberarono dalle grinfie di Santa Anna il Messico e successivamente proclamarono una repubblica liberale nel 1857. Uno dei primi atti del governo repubblicano liberale fu l’adozione di numerose leggi che facilitarono e stimolarono la colonizzazione di vasti territori spopolati degli Stati settentrionali del Messico. Dietro le leggi che agevolavano tale colonizzazione vi era precisamente l’idea di evitare ulteriori amputazioni territoriali.
D’altro canto i territori annessi dagli U.S.A. ospitavano migliaia di famiglie messicane. Alcune optarono per tornare in Messico mentre altre scelsero di rimanere sotto gli Stati Uniti, visto che il trattato di Guadalupe Hidalgo conteneva garanzie di concessione della cittadinanza a costoro e di lotta alla povertà. Gli Stati Uniti e il Messico nel 1889 costituirono una Commissione delegata a risolvere i casi riguardanti le comuni frontiere e il controllo delle acque. Negli Stati Uniti, d’altro canto, la vittoria provocò una crescita del sentimento patriottico, al pari di quanto stava avvenendo con l’acquisizione dei territori del West, il Paese stava infatti acquisendo la metà meridionale dell’Oregon, dando la sensazione che la fede dei cittadini nel loro Paese si stesse accrescendo (Destino manifesto). Mentre Ralph Waldo Emerson respingeva la guerra "come strumento per realizzare il destino dell’America", egli riconobbe nondimeno che "molti dei grandi risultati della storia erano stati conseguiti con mezzi indegni". La guerra rese un eroe nazionale Zachary Taylor, che fu eletto Presidente nel 1848.
Tuttavia questo periodo di euforia nazionale e nazionalistica non sarebbe durato a lungo. Il peso del conflitto era stato ampiamente sostenuto dagli Stati del Sud e largamente osteggiato dagli Stati del Nord. Questa divisione amplificò notevolmente il problema della schiavitù degli Stati Uniti. In quel momento infatti il Texas riconobbe l’istituzione della schiavitù mentre il Messico non la accettava. Numerosi abolizionisti nordisti videro la guerra come un tentativo dei proprietari di schiavi di espandere la schiavitù ed assicurarsi un’influenza continua nel governo federale. Henry David Thoreau scrisse il suo saggio Civil Disobedience e rifiutò di pagare le tasse a causa di questa guerra.
Nel 1846 il congressista David Wilmot introdusse la Wilmot Proviso per proibire la schiavitù in ogni nuovo territorio strappato al Messico. La proposta di Wilmot non passò ma questa fu una scintilla che appiccò il fuoco più tardi fra le opposte correnti di pensiero.
Ulysses S. Grant, che servì nella guerra sotto il comando di Scott, avrebbe più tardi descritto il conflitto come una guerra di conquista per l’espansione della schiavitù, preludio pertanto della guerra di secessione: «La ribellione dei Sudisti fu largamente il frutto della guerra col Messico. Le nazioni, come le persone, sono punite per le loro trasgressioni. Noi abbiamo avuto la nostra punizione con la più sanguinosa e costosa guerra dei tempi moderni». [1]
Al pari di Grant, molti dei generali che si distinsero nella guerra di secessione parteciparono a questa guerra: George B. McClellan, Ambrose E. Burnside, "Stonewall" Jackson, James Longstreet, George G. Meade e Robert E. Lee, così come il futuro Presidente confederato, Jefferson Davis.
La maggior parte della storiografia moderna descrive tuttavia la giovane nazione statunitense come costantemente mossa da volontà di espansione e di influenza, sia prima che dopo la guerra di secessione, guerra che diede alla futura potenza, in anticipo rispetto agli Stati europei, una grande lezione sull’uso strategico di grandi masse e nuove armi.

voce Antonio López de Santa Anna
https://en.wikipedia.org/wiki/Antonio_L%C3%B3pez_de_Santa_Anna

[...] In 1846, the United States declared war on Mexico, hoping to gain new territories to the west of its borders, including California. Santa Anna wrote to Mexico City saying he had no aspirations to the presidency, but would eagerly use his military experience to fight off the foreign invasion of Mexico as he had in the past. President Valentín Gómez Farías was desperate enough to accept the offer and allowed Santa Anna to return. Meanwhile, Santa Anna had secretly been dealing with representatives of the U.S., pledging that if he were allowed back in Mexico through the U.S. naval blockades, he would work to sell all contested territory to the U.S. at a reasonable price. Once back in Mexico at the head of an army, Santa Anna reneged on both of these agreements. Santa Anna declared himself president again and unsuccessfully tried to fight off the U.S. invasion. (His leadership was said to inspire the sea shanty "Santianna".)
Following defeat in the Mexican-American War in 1848, Santa Anna went into exile in Kingston, Jamaica. Two years later, he moved to Turbaco, Colombia. In April 1853, he was invited back by rebellious conservatives with whom he succeeded in re-taking the government. This administration was no more successful than his earlier ones. He funneled government funds to his own pockets, sold more territory to the U.S. with the Gadsden Purchase, and declared himself dictator-for-life with the title "Most Serene Highness." The Plan of Ayutla of 1854 removed Santa Anna from power.
Despite his generous payoffs to the military for loyalty, by 1855 even conservative allies had seen enough of Santa Anna. That year a group of liberals led by Benito Juárez and Ignacio Comonfort overthrew Santa Anna, and he fled back to Cuba. As the extent of his corruption became known, he was tried in absentia for treason; all his estates were confiscated by the government.

voce Benito Juarez
https://it.wikipedia.org/wiki/Benito_Juárez

Juárez nacque a San Pablo Guelatao, nello stato di Oaxaca, il 21 marzo del 1806, da una famiglia contadina di etnia zapoteca. Alto appena 137 cm, dopo essersi laureato in giurisprudenza esercitò l’avvocatura fin dal 1834, per poi divenire giudice della corte civile nel 1843 e successivamente, nel 1845, segretario generale del governatore dello Stato di Oaxaca.
L’anno dopo, Juárez fece parte di una specie di triumvirato che si creò nel suo Stato in seguito ai moti rivoluzionari che rovesciarono il governo del dittatore messicano Antonio López de Santa Anna e venne subito dopo eletto deputato al Congresso come deputato di Oaxaca. Nel 1847 venne nominato governatore dello Stato natio, mantenendo tale carica fino al 1853, quando, con il ritorno di Santa Anna al potere, Juárez dovette andare in esilio nel Stati Uniti.
Fu qui che il liberale messicano sperimentò il nuovo modello politico statunitense, intuendo che l’unico modo di rendere il Messico una nazione moderna, fosse quello di abbattere la dittatura di Santa Anna e instaurare un governo liberale. Ritornò in Messico l’anno dopo, quando, il 1º marzo, insieme agli altri oppositori liberali del dittatore messicano, come Ignacio Comonfort, Juan N. Álvarez e Melchor Ocampo, si coalizzarono per abbattere il regime dittatoriale messicano, sfruttando il malcontento della popolazione e soprattutto della borghesia messicana contro Santa Anna, reduce da pochi anni dalla sconfitta contro gli Stati Uniti, che lo aveva reso molto impopolare. Il patto, detto Piano di Ayutla dal nome dell’omonima cittadina dello Stato di Guerrero, fissò i principi ideologici del nuovo movimento liberale che, organizzatosi militarmente, riuscì a sconfiggere e a deporre Santa Anna il 14 agosto 1855, dopo un anno di guerra civile.
I liberali, entrati a Città del Messico, iniziarono subito un vasto piano di riforme per modernizzare il Paese; anche Juárez vi partecipò attivamente, specie quando il vecchio compagno di lotta Álvarez divenne Presidente del Messico e lo nominò ministro della Giustizia e dei Culti. Nella nuova carica ministeriale, il politico messicano, di idee anticlericali, avviò una lotta contro i privilegi del clero e dell’esercito, emanando, il 25 novembre 1855 una legge per la soppressione dei tribunali ecclesiastici e militari. Dopo le dimissioni di Álvarez, l’11 dicembre, e la salita alla presidenza di Comonfort, Juárez divenne vicepresidente e governatore dello Stato di Oxaca, ma, deposto Comonfort nel gennaio 1858 ad opera del generale reazionario Félix María Zuloaga, si ritirò con i membri del partito liberale a Veracruz, dove diede vita ad un governo provvisorio.

voce Félix María Zuloaga
https://it.wikipedia.org/wiki/F%C3%A9lix_Mar%C3%ADa_Zuloaga

Félix María Zuolaga Trillo (Álamos, 1813 – Città del Messico, 1898) è stato un politico messicano. Di ricca famiglia messicana, militare di carriera e membro del partito conservatore, nel dicembre 1857 organizzò e guidò il golpe dei conservatori contro il governo del Presidente del Messico Ignacio Comonfort, osteggiato per le sue politiche liberali e anticlericali. Impadronitosi di Città del Messico con le sue truppe, Zuloaga depose, l’11 gennaio 1858, il presidente Comonfort, che dovette andare in esilio negli Stati Uniti, proclamandosi presidente del Messico; i liberali, di fronte al colpo di Stato conservatore, si ritirarono a Veracruz, dove diedero vita a un governo provvisorio con a capo Benito Juárez, già vicepresidente di Comonfort. Scoppiò così la guerra civile, durata tre anni; inizialmente fu Zuloaga a guidare i conservatori, ma poi, il 2 febbraio 1859, fu spodestato a favore del generale Miguel Miramón, che assunse temporaneamente la presidenza.

voce Miguel Miramón
https://it.wikipedia.org/wiki/Miguel_Miramón

Miguel Gregorio de la Luz Atenógenes Miramón y Tarelo (Città del Messico, 29 settembre 1832 – Querétaro, 19 giugno 1867) è stato un generale e politico messicano. Miguel Miramòn è stato il più giovane presidente che il Messico abbia mai avuto. Era conosciuto come "Il Giovane Maccabeo". Nato da una famiglia di origine francese, Miguel Miramón, dopo essere entrato giovanissimo nell’esercito e aver combattuto nella guerra contro gli Stati Uniti, si dedicò all’attività politica, militando nelle fila del partito conservatore. Militare di carriera, nel 1857 aderì al colpo di Stato dei conservatori (guidati dal generale Félix María Zuloaga), ostili alla politica liberale del presidente del Messico Ignacio Comonfort, ribellandosi con il suo reggimento di stanza a Puebla. Il golpe andò a buon fine e Zuoloaga, occupata Città del Messico nel gennaio 1858, depose ed esiliò Comonfort e venne proclamato Presidente del Messico. Scoppiata la guerra civile tra i conservatori e i liberali, guidati da Benito Juárez, già vicepresidente di Comonfort e nominato presidente ad interim, Miramón riuscì a sconfiggere in diverse battaglie l’esercito liberale, adottando talvolta metodi spietati, come la fucilazione di tutti i prigionieri. Dopo le dimissioni di Zuloaga, divenne il capo del partito conservatore, venendo proclamato, il 2 febbraio 1859, presidente del Messico. In tal veste, partì con le sue truppe per assediare Veracruz, capitale del governo provvisorio liberale di Juárez, sostenuto dagli Stati Uniti; proprio per via del sostegno del governo di Washington, che inviò la propria marina militare nel porto messicano per proteggere il governo liberale, Miramón dovette desistere dall’impresa e ritirarsi verso la capitale, subendo, durante la ritirata, due sonore sconfitte. Dimessosi il 12 agosto 1860 dalla carica presidenziale a favore di José Ignacio Pavón, la riassunse tre giorni dopo, organizzando subito dopo una nuova offensiva per sbaragliare gli avversari in una battaglia campale. Lo scontro tra i conservatori, guidati dallo stesso presidente, e i liberali, alla testa dei quali vi era il generale Jesus Gonzales Ortega, avvenne il 22 dicembre 1860 a San Miguel de Calpulalpam, e si risolse a favore delle truppe liberali. Preso atto della sconfitta, Miramón rassegnò le dimissioni due giorni dopo e partì per l’esilio, rifugiandosi prima a Cuba e poi a Parigi.


voce Benito Juarez
https://it.wikipedia.org/wiki/Benito_Juárez

[...] Miramòn mise d’assedio Veracruz, centro del governo provvisorio di Juárez, il quale riuscì ad accordarsi con il governo americano, che, in cambio del protettorato sugli Stati messicani di Sonora e Chihuahua, confinanti con la California, concesse al governo provvisorio armi, denaro e rifornimenti di vettovaglie. Grazie all’aiuto americano, dunque, i liberali ripresero l’iniziativa, prima costringendo le truppe di Miramón ad abbandonare l’assedio, sconfiggendolo due volte durante la ritirata, per poi riuscire a sbaragliare il presidente conservatore nella battaglia di San Miguel de Calpulalpam, il 22 dicembre 1860.
Allo stesso tempo, il presidente liberale apportò significative riforme alla Costituzione messicana, emanando provvedimenti contro i privilegi ecclesiastici e nobiliari e favorevoli ai ceti umili (legge del 12 luglio 1859 per la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici; legge del 23 luglio 1859 per l’introduzione del matrimonio civile; legge del 4 dicembre 1860 per la libertà di culto). Infine Miramón , battuto, dovette abbandonare Città del Messico e rifugiarsi prima a Cuba e poi in Europa. Alla fine Juárez rientrò a Città del Messico l’11 gennaio 1861 e, dopo essersi vista riconosciuta la sua autorità da Francia e Inghilterra, l’11 giugno dello stesso anno venne eletto Presidente del Messico
Quando Juárez divenne presidente, il Messico era sull’orlo di una gravissima crisi finanziaria ed amministrativa ereditata dal precedente governo; per rimettere ordine nelle finanze dello Stato, il presidente iniziò l’incameramento dei beni ecclesiastici, già nazionalizzati qualche anno prima, e l’innalzamento delle imposte. Tuttavia, poiché questi provvedimenti non poterono ridurre il deficit statale, Juárez emanò, il 17 luglio 1861, un decreto presidenziale che sospendeva per due anni il debito estero messicano verso le potenze straniere. Questo atto provocò l’immediata reazione di Inghilterra, Francia e Spagna, le quali, per proteggere i propri interessi, decisero di intervenire negli affari interni del Messico. Nel gennaio del 1862 le flotte inglese, francese e spagnola giunsero nel porto di Veracruz, seguite in marzo da un corpo di spedizione francese comandato dal generale Charles de Lorencez.
Il presidente riuscì a far desistere Londra e Madrid dalla continuazione dell’impresa con gli accordi di Orizaba, firmati in aprile, ma i francesi, appoggiati dai reazionari e dai clericali, ostili alle riforme del presidente, rimasero fermi nella loro intransigenza. Nel frattempo Juárez riuscì ad ottenere un prestito dagli Stati Uniti, ad ottenere pieni poteri dal Congresso e a debellare gli oppositori interni. Sentendosi abbastanza in grado di resistere, si preparò a fronteggiare l’invasore francese. L’esercito messicano riuscì ad ottenere una prima vittoria su quello francese a Puebla il 5 maggio 1862, ma quando l’imperatore francese Napoleone III inviò cospicui rinforzi e le truppe francesi ripresero l’offensiva, Juárez fu costretto, il 31 maggio 1863, ad abbandonare la capitale e a rifugiarsi a San Luis Potosí, portando con sé il tesoro dello Stato. Città del Messico cadde in mano francese il 7 giugno: per volontà di Napoleone III, il 10 luglio un’assemblea di notabili messicani proclamò il Secondo Impero Messicano, offrendo la corona imperiale al granduca austriaco Massimiliano d’Asburgo, che giunse il 28 maggio 1864, mentre l’esercito francese guadagnava terreno, conquistando le principali città e porti messicani.
Di fronte all’incalzare delle truppe d’invasione, Juárez dovette rifugiarsi, nell’agosto del 1864, a El Paso del Norte (l’odierna Ciudad Juárez), alla frontiera con gli Stati Uniti, con il cui governo rimase sempre in contatto. Nel corso del 1865 tuttavia avvenne la rimonta repubblicana, quando, dopo la fine della guerra civile americana, il governo di Washington si schierò apertamente con il Messico, facendo manovre militari lungo il confine del Rio Bravo e chiedendo alla francia, il 12 febbraio 1866, il ritiro delle truppe, seguendo così i principi della Dottrina Monroe. La minaccia di intervento da parte degli americani intimorì Napoleone III, che annunciò il ritiro del proprio contingente a partire dal 31 maggio. Seguirono diversi successi campali dell’esercito messicano, guidato dal generale Porfirio Díaz, che riconquistò ad uno ad uno tutti i territori occupati dai francesi: privo dell’appoggio francese, Massimiliano nel febbraio 1867 abbandonò la capitale e si rifugiò a Santiago de Querétaro, che venne assediata dai messicani.
L’imperatore messicano tentò di fuggire oltre le linee nemiche, ma fu fatto prigioniero e condannato a morte da una corte marziale messicana. Malgrado gli appelli di molti sovrani e personalità politiche europee (come Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi) a risparmiare la vita al deposto monarca, Juárez si dimostrò coerente e decise per la condanna a morte per fucilazione, al fine di dare un esempio agli Stati europei per non interferire più negli affari del Messico. Così Massimiliano fu fucilato il 19 giugno 1867 insieme ai generali Miramón e Tomás Mejía: Città del Messico capitolò il giorno successivo. Appena ripreso possesso della sua capitale, il presidente messicano convocò il Congresso federale, che ripristinò la Costituzione del 1857 e lo riconfermò alla presidenza il 25 dicembre 1867.
Dopo la liberazione del Paese, Juárez riprese il suo programma di riforme liberali: concesse una larga amnistia, decretò una legge sulla libertà di stampa, combatté i privilegi del clero e dell’esercito, ridusse le spese militari e favorì l’istruzione pubblica, come la fondazione, nel 1869, dell’università di Hidalgo. Nel febbraio del 1870 il presidente dovette far intervenire l’esercito per sedare delle rivolte in alcune province interne, mentre il 20 settembre 1871 venne rieletto alla presidenza. La sua rielezione provocò una rivolta organizzata da generali dell’esercito avversi a Juárez, che per alcuni mesi non riuscì a prendere il controllo della situazione, essendo il Paese piombato in preda all’anarchia. Proprio quando la situazione stava per normalizzarsi, il presidente del Messico morì improvvisamente, il 18 luglio 1872, nel palazzo presidenziale di Città del Messico, a causa di un attacco cardiaco, a 66 anni.