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 2015  agosto 15 Sabato calendario

DYLAN E BEYONCÉ MA MANCA IL BOSS LA PLAYLIST DI OBAMA ORA VA SU SPOTIFY

DI GIORNO ascolterà i classici. Di sera, invece, pure. Un po’ come gli scrittori che, dovendo suggerire romanzi per l’estate, consigliano defunti per non farsi chiedere «Perché non hai citato il mio libro?» dai viventi, l’account Spotify della Casa Bianca ha pubblicato le playlist da vacanza di Barack Obama, e sono piene di intoccabili: Bob Dylan, Joni Mitchell, Stevie Wonder, Nina Simone, persino Sinatra e Ray Charles.
La selezione di quaranta brani che hanno persino il loro bravo hashtag, #POTUSplaylist, ma che devono sembrare una scelta spontanea — l’improvvisata rappresentazione di un uomo che sarà pure più figo di voi ma è pur sempre uno che ascolta le vostre stesse stazioni radio, quelle dei grandi successi — è un lavoro di precisione comunicativa in cui ci piace immaginare che niente sia lasciato al caso. C’è di certo un messaggio, probabilmente sul buio che ci rende finalmente uguali, nella perfetta parità di genere della playlist Night, dieci uomini e dieci donne (contando al femminile il duetto tra Beyoncé e Frank Ocean, giacché Beyoncé trasformerebbe qualunque duettante in corista). Nella playlist Day, invece, le donne sono ancora in minoranza: non può essere un caso, è di certo lo strategico spunto per un discorso sull’equal pay, è il suo modo di dare una mano a Hillary.
E non sono messi lì a caso neanche i nomi più stimati ma con meno decenni di successi consolidati, quelli che faranno dire ai contemporanei esclusi «Perché io no?»: Brandi Carlile, Aoife O’Donovan, Florence + The Machine. Quest’ultima compariva nella playlist del 2012, quella della campagna per la rielezione — perché il giochino «Sono un presidente contemporaneo e vi racconto cos’ho nell’iPod» non è inedito.
Florence e Aretha erano nelle cuffiette già nel 2012, mentre Dylan venne citato la prima volta in cui Barack Obama commentò le proprie canzonette del cuore: nel 2008, quando ancora non era neppure presidente e, non avendo né Spotify né la Casa Bianca a propria disposizione, le elencò in un’intervista alla rivista Rolling Stone .
C’era Dylan, in quella prima lista di brani, assieme a uno dei più clamorosi esclusi dalle playlist diurne e notturne dell’estate 2015: Bruce Springsteen. Colui che, citando lo stesso Obama nel discorso con cui gli assegnò una medaglia qualche anno fa, «ha messo in musica le vere storie americane ». Un presidente libero dalla rielezione può concentrarsi su cose che non portino voti come la politica estera: c’è un’apertura internazionale, nell’escludere la più statunitense delle rockstar, quello che «I’m the President, but he’s the Boss», per far posto a rapper spagnole (Mala Rodríguez), cantautrici inglesi (Lianne La Havas), grandi classici di cui ci si ricorda il primo acquisto in vinile ma che sono pur sempre, santo cielo, canadesi (Joni Mitchell, Leonard Cohen).
L’altro grande escluso è Jay Z, forse la più obamiana delle popstar: anche lui nero che si è applicato a fare di se stesso un’icona, anche lui parte di una coppia di potere in cui la star quality della moglie (Beyoncé) è persino superiore alla sua, anche lui un afroamericano nato negli anni Sessanta che è arrivato a quel traguardo di confortevole normalità che è l’essere borghesi molto benestanti (e parecchio fotogenici). Tutte quelle cene alla Casa Bianca dimenticate: Jay Z non c’è.
Per colmo d’umiliazione, ci sono l’uomo con cui divise gli stadi in tour due estati fa, Justin Timberlake, e c’è la moglie (Beyoncé, appunto, in duetto con Frank Ocean). Potrebbero venirne musi lunghi e imbarazzi nelle prossime cene, Jay Z potrebbe pensare che, ora che non gli servono voti e raccolte di fondi, Barack si dimentichi degli amici. Ma di certo il presidente saprà convincerlo della sapienza comunicativa di questa scelta: non c’era gesto migliore per convincere l’opinione pubblica che, anche nella frivolezza di una playlist, Obama non raccomanda gli amici. È solo per questo che ha ufficializzato i brani su Spotify e non su Tidal, analoga piattaforma creata proprio da Jay Z: per non fare favoritismi.