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 2015  agosto 15 Sabato calendario

RENZI È OTTIMISTA SUL SENATO “A SETTEMBRE RISOLVEREMO IO TENGO BOTTA, BASTA PALUDE”

ROMA. «A settembre una soluzione la troviamo, faremo in modo di trovarla e andremo avanti». Matteo Renzi dal ritiro toscano in cui trascorre il Ferragosto in famiglia non si scompone, si lascia scorrere addosso le polemiche di questi giorni sulla riforma costituzionale da rivedere, sull’Italicum da modificare, gli affondi della sinistra pd.
«Agosto non è il momento migliore per risolvere le questioni », dice con flemma a chi tra i fedelissimi soffre di più la sindrome da accerchiamento. Il presidente del Consiglio di quella sindrome confessa di non essere affetto. Perfino rinfrancato, ieri, nonostante gli attacchi subiti, da quel segno più al Pil, seppure dello zero virgola.
Se la soluzione sulle riforme la troverà con un accordo alla ripresa con Forza Italia o, piuttosto, con i 28 senatori della minoranza pd ormai di traverso, Renzi non lo spiega. Resta sul vago e volutamente. Nessuna strada è preclusa. C’è ancora tempo, almeno un paio di settimane buone per tessere la trama e far calare le alte temperature agostane. Un accordo sul Senato elettivo o semielettivo, magari passando attraverso il famoso listino, sarà raggiunto. Renzi va ripetendo che farà di tutto per tenere unito tanto per cominciare il pd. Se poi la sinistra dem si mostrasse intransigente, allora tutte le variabili entrano in gioco, Fi compresa.
Per adesso ostenta disinteresse rispetto alle discussioni di queste settimane sul ritorno al Senato elettivo piuttosto che sul ritocco all’Italicum. Lo ribadisce nel post su Facebook con cui ricorda la puntata di giovedì notte alla festa dell’Unità a Casal Grande in provincia di Reggio Emilia: «Come sempre, la nostra gente è molto più avanti di noi», discute di altro, lo invita a “tenere botta” e lui promette che lo farà. Per concludere, e lì il messaggio è tutto in chiave interna al suo partito, che «c’è un’Italia bella e profonda che si fida di quello che stiamo facendo e che vorrebbe che facessimo ancora più veloce, senza incertezze, senza la palude degli ultimi anni».
Per nulla intenzionato a fare retromarce. Di certo non è disposto a farla sulla legge elettorale appena approvata in via definitiva e destinata a entrare in vigore nel luglio 2016. E figurarsi se si sogna di trattare con Berlusconi sulla riforma della giustizia. Preferisce guardare oltre, per adesso, anche oltre i confini. Martedì accoglierà la Merkel all’Expo di Milano e intanto segue con molto interesse, raccontano, l’evoluzione della corsa alla leadership del Labour inglese. Renzi ha letto con attenzione e parecchio condiviso la lettera appello che l’ex premier Tony Blair - per dieci anni alla guida del Paese dal 1997 al 2007 - ha pubblicato sul The Guardian , rivolta ai “compagni laburisti”. Appello disperato a fermare l’ascesa di Corbyn, espressione del vecchio Labour e della «sinistra più intransigente », per evitare «la disfatta totale: non ha nulla da offrire». Musica per le orecchie del presidente del Consiglio italiano alle prese con la sinistra radicale assai agguerrita all’interno del suo “Labour”.
L’attacco della minoranza al premier e al governo è quotidiano. Ultimo ieri il senatore Miguel Gotor contro il ministro Andrea Orlando che in una intervista a Repubblica invitava la sinistra a non aver paura di superare il bicameralismo: «Non abbiamo questa paura, vigili piuttosto Orlando sullo scambio di cui si sente parlare tra Renzi e Berlusconi». Con i renziani al contrattacco, «la minoranza si fermi prima del baratro » dice il senatore Andrea Marcucci.
Da Forza Italia Giovanni Toti al Tg5 torna a ripetere che «se Renzi vuole aprire al dialogo, Forza Italia ci sarà» anche perché «le riforme devono essere condivise». E risuona come un appello. Matteo Salvini prende le distanze: «Riforme? Non mi fiderei».
Sia il premier che il ministro Boschi lasciano cadere invece la provocazione di Roberto Calderoli, che a Repubblica aveva raccontato di una confidenza in cui lo stesso Renzi avrebbe attribuito a lei la posizione più intransigente sulle modifiche alla riforma. Nell’entourage di Palazzo Chigi lo considerano un tentativo «maldestro» di creare frizioni. Perché sarà pure vero che in questa vicenda il premier e il suo ministro delle riforme si sono divisi i compiti, lui nel ruolo del poliziotto buono e lei quello di poliziotto cattivo. Ma una frattura tra i due è improbabile. Se ogni tanto qualche incomprensione c’è stata semmai a Palazzo Chigi, è maturata tra la Boschi e il sottosegretario alla Presidenza Luca Lotti.