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 2015  agosto 15 Sabato calendario

GIOVANI SCATENATI E BRUTTO TEMPO BUON FERRAGOSTO... 1955

Eh sì, le città spopolate, le strade del centro deserte, «i pochi passanti e i rari avventori dei locali pubblici sono in prevalenza turisti stranieri». Quest’anno un notevole aumento delle partenze: «il tempo inquieto previsto per i prossimi giorni non scoraggia milioni di vacanzieri». «Regina della tavola di mezzo agosto, l’anguria».
Buon Ferragosto 1955! Godetevi la pausa, tra non molto la città riprenderà il suo aspetto normale.
«Parcheggiare nelle vie del centro, dormire con le finestre aperte senza il pericolo di essere svegliati di soprassalto da qualche motocicletta torneranno a essere problemi di difficile soluzione». Così ragionava - sulla Stampa ferragostana di sessant’anni fa - un notista preoccupato dal ritorno dell’autunno.
I divi in villeggiatura (Kay Kendall e Rex Harrison in Valle d’Aosta), i politici pronti a tornare al lavoro (con una «legge per i dipendenti pubblici»), lo scenario internazionale attraversato dalla tensione Stati Uniti-Russia, le squadre pronte a giocare il nuovo campionato («acquisti clamorosi!»).
Da noi, poche ricorrenze come quella di metà agosto danno la sensazione di ciò che si ripete identico, di un tempo che corre senza scossoni e conferma le abitudini. Meglio così, no? Lo spirito, ora come allora, è piuttosto speranzoso. L’orizzonte sembra rischiararsi, lo dicono piccoli e grandi segnali. «Rispetto alla scorsa estate - scrive il nostro inviato speciale da Alassio il 13 agosto ’55 - l’aumento è del 40 e, in certe località, del 50 per cento. Superata ogni previsione, talvolta ogni possibilità ricettiva. Ceduti gli stanzini, i bugigattoli, le soffitte, gli alberghi hanno fatto ricorso a sistemazioni ancor più precarie e scomode». «È record di presenze - scrive il nostro inviato da Ostia, agosto 2015 - e aumento di consumi sul litorale, la calda estate ha riportato i romani sulle spiagge dove negli stabilimenti è stato registrato il 25 per cento in più di ingressi». Evviva! Poi certo, il colpo d’occhio sulla «mondanità balneare» offre sempre qualche sorpresa: «i giovani d’oggi sono fisicamente migliori di quelli di ieri», più muscolosi, più alti, «ce lo dice la statistica».
Nei ritrovi notturni, ballano in modi «contorti e convulsi», «in canottiera o con la camicia parzialmente uscita dai calzoni». «La domanda che mi sono posto - ragiona il cronista ferragostano della Stampa - vedendo uomini contorcersi in balli come scimmie dominate da istinti freudiani, vedendo ragazzi e fanciulle ballare cheek to cheek con sorriso fisso e sperduto. Che anno è? 1955». Ancora: «Sentendoli parlare solo di automobili, di avventure con femmine, o di appuntamenti con maschi... la domanda è se questa volontà di scendere in basso…». Poi lamentele su abitudini e costumi nocivi.
Sessant’anni dopo: «Nella società dell’immagine e del narcisismo, non c’è rabbia, ma solo voglia di divertirsi, di apparire agli occhi degli altri come i padroni della festa, di spiccare nella mischia di una serata a tutto volume». Ora trovate le differenze. Insieme al Ferragosto, molto più vivi dell’esodo e dell’anguria, tornano i luoghi comuni. Nel frattempo, gli «sdraiati» del ’55 sono diventati i padri e i nonni del 2015. Se c’è qualcosa di arido, di inutile - nella discussione di queste settimane sui ragazzi e le discoteche - è questo pilota automatico, non tanto del moralismo ma peggio, del qualunquismo. «I giovani» è una categoria imperitura, che attraversa le epoche e non passa di moda, riguadagna sempre curiosità e diffidenza. Andrebbe maneggiata con più cura. Due ragazzi del ’55 lo fanno presente per lettera al notista scandalizzato. Lui sostiene che capirsi fra generazioni è sempre più difficile, le differenze fra padri e figli sono sempre più marcate. Loro rilanciano: pensare che il mondo peggiori sempre non è sensato. Il notista addita la loro tendenza «a far cose futili e dannose». Voi vecchi - accusa uno dei ragazzi - invece di soccorrere i giovani che vi tendono la mano e aspettano ben altri provvedimenti, li aiutate «attraverso i riformatorii, le conferenze e i congressi». A cosa porta un dialogo simile? Fermo da sessant’anni - o da sempre - sulla stessa barricata di frasi fatte.
Sarei curioso di sapere come sono invecchiati quei due ragazzi del ’55. Magari leggono ancora La Stampa. Magari non hanno perso di vista - almeno loro - i ventenni che sono stati.