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 2015  agosto 18 Martedì calendario

GOOGLE SI È RINCHIUSO IN UNA TORRE: ALPHABET

I giornali americani (e non solo) continuano a chiedersi cos’abbia spinto Larry Page e Sergey Brin a rivoluzionare l’assetto di Google, creando una sorta di holding, Alphabet, che avrà Google come cuore pulsante e prenderà il suo posto in borsa. L’operazione servirà innanzitutto a rendere più trasparente il bilancio (oggi tutto, Google e le società satelliti, finisce in un unico calderone) e quindi a invogliare gli investitori. Inoltre ne guadagnerà il dinamismo imprenditoriale della società: l’autonomia delle controllate faciliterà alleanze e dismissioni, non a caso nel primo semestre 2015 gli investimenti in start-up sono diminuiti del 39%. Ma la mossa potrebbe avere anche uno scopo preventivo nel timore di una nuova bolla dei titoli con radici nel web. Un conto è l’entusiasmo e il tifo da stadio degli internetdipendenti, un altro è l’aridità delle cifre. Twitter sta perdendo colpi, cioè diminuisce il traffico dei messaggi, Instagram ha un target giovanilistico e fatica a convincere i guru della pubblicità, YouTube si è assestato, Amazon ha notevoli costi organizzativi e tenta di allargarsi alla consegna del cibo, WhatsApp sta faticosamente cercando di trasformare i suoi servizi da gratuiti a pagamento, TripAdvisor sta fronteggiando in molti paesi la rivolta degli operatori turistici, i giornali tradizionali hanno avviato in tutto il mondo i loro siti in abbonamento ma nessuno, abolendo l’edizione cartacea, riuscirebbe a sostenerli, infine Google, eccellente motore di ricerca che si regge sulla pubblicità (e sulle royalty di Android, il fortunato sistema operativo), ha investito in 300 progetti, dall’auto che si guida da sola alla sanità per rallentare l’invecchiamento, ma nessuno di essi (tranne il servizio parataxi Uber) è finora riuscito a decollare.
Per la prima volta in quindici anni il listino tecnologico della borsa Usa ha superato i 5.000 punti con alcune società che hanno raggiunto valutazioni quasi inverosimili.
Ma non è detto che avvenga l’attesa rivoluzione, cioè il passaggio dal web gratuito a quello a pagamento. Di qui l’incertezza delle quotazioni nel medio periodo e la decisione di Google di rinchiudersi nella fortezza del motore di ricerca, dove sarà più facile eventualmente difendersi.