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 2015  agosto 18 Martedì calendario

«LA CINA? CRESCE SOLO DEL 4%»

Dopo tre svalutazioni dello yuan in tre giorni, la People’s Bank of China per ora ha completato gli interventi sulla valuta cinese. Ma per alcune case d’affari, la volatilità è lungi dall’essere finita. Jp Morgan Asset Management sostiene che più lo yuan sarà libero di muoversi tanto più sarà volatile.
Barclays prevede un ulteriore deprezzamento del 6%. Tale debolezza mette pressione anche alle altre banche centrali, e i trader affermano che potrebbe spingere la Fed a rimandare a dicembre il rialzo del costo del denaro. «Potrebbe mettere pressione anche sulla Bce», scrive Standard and Poor’s in un report diffuso ieri, quando lo yuan ha toccato i minimi da quattro anni, «innescando un effetto domino sulle altre economie emergenti». Anche se una modesta svalutazione della divisa cinese non cambia in modo rilevante le prospettive di inflazione nell’area euro, «la reazione dei Paesi emergenti che vendono in Cina e competono con essa nell’export potrebbe essere critica», scrivono gli analisti di S&P. Ne parliamo con il presidente di Osservatorio Asia Alberto Forchielli. «La stessa Banca centrale cinese è rimasta sorpresa dalla reazione dei mercati globali. Col senno di poi è stata una reazione esagerata, visto che dopo la svalutazione è sceso poco più del 3%. Eppure, la reazione dei mercati è stata molto violenta e ha preso la Cina in contropiede».

Domanda.
Se questa reazione non ci fosse stata avrebbero continuato a svalutare?
Risposta. Sì. Ma non possono tenere i mercati in pena. Per questo non mi aspetto altre svalutazioni.

D. Perché la Cina vorrebbe indebolire lo yuan?
R. Pechino è costretta a svalutare a causa delle condizioni dell’economia. Guardiamo alla fuga dei capitali, che nella prima metà dell’anno è stata pari a 400 miliardi di dollari. I cinesi dicono: l’economia non va, gli investimenti sono fermi, i numeri inaffidabili, le perdite delle banche enormi come i debiti delle province. Non si fidano e portano via i soldi investendo nel resto del mondo. Prima erano pessimisti sull’economia, ma ottimisti sullo yuan. Ora pensano che non solo l’economia vada male, ma temono la svalutazione della moneta, che infatti sta avvenendo, e portano via i capitali.

D. Quindi dietro la svalutazione ci sono le difficoltà dell’economia?
R. Certo. Pechino così dà fiato agli esportatori. Sanno di non poter sbloccare i consumi interni, gli investimenti sono saturi, nel settore privato non è possibile aumentare gli stipendi perché già molto alti. La sola variabile che potevano manovrare era l’export.

D. Che conseguenze avranno le decisioni di Pechino sull’inclusione dello yuan nel basket di valute del Fmi?
R. Per il Fondo non dovrebbe esistere neanche la banda di oscillazione, lo yuan dovrebbe essere del tutto libero. Pechino però teme che rimuovendo la banda lo yuan scenda molto. Per questo hanno pensato di svalutare la moneta, ma all’interno della banda di oscillazione. Ma il motivo non è certo il Fmi, che aveva peraltro chiesto loro di non intervenire neanche sulla borsa, cosa che i cinesi hanno fatto.

D. In che modo i cinesi esportano mezzi finanziari se il mercato dei capitali è bloccato?
R. La Cina nonostante l’elevato surplus della bilancia dei pagamenti presenta un calo di riserve in valuta estera, cosa mai successa prima. Questo perché i privati portavano via i soldi. Cosa del resto nota. Avviene con la sovrafatturazione degli acquisti e la sottofatturazione delle vendite.

D. Ma l’economia cinese va così male?
R. Gli appartamenti sono vuoti, gli stipendi non aumentano, le province non hanno più soldi: discriminano le imprese straniere perché non saprebbero più dove prenderli. C’è chi pensa che la Cina cresca del 7%. Io ritengo che verosimilmente cresce del 4%. Anche perché mi fido degli insider, che conoscono bene la situazione. E si mettono al coperto prima.