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 2015  agosto 15 Sabato calendario

QUELLI CHE PREVEDONO LE PREVISIONI

Nel vuoto di notizie agostano si è affermato un nuovo genere giornalistico: le previsioni sulle previsioni di crescita, il retroscena dei dati ufficiali. Niente è più scadenzato dei dati dell’Istat: l’istituto di statistica è molto attento a fornire un calendario preciso della pubblicazione dei suoi dati, in modo che nessuno possa dire che vengono anticipati o ritardati in funzione della convenienza politica. La tempistica spesso è tutto: per anni il ministero del Tesoro diffondeva i dati sul fabbisogno (cioè su quanto debito bisogna emettere) nel pomeriggio quando erano buoni e dopo l’orario del tg, al limite dell’orario di chiusura dei giornali, quando erano preoccupanti.
Quindi, che ieri sarebbe arrivato il dato Istat sul Pil del secondo trimestre 2015 era noto. Eppure il Corriere della Sera ieri titolava: “Il verdetto del Pil per il governo”. Suspence. Titolo discutibile, ma corretto. Più curiosi i tanti articoli usciti nei giorni scorsi in cui si vaticinava quale sarebbe stata la suddetta crescita, ci sono state più speculazioni sulla forchetta prevista dall’Istat (tra 0 e 0,4) che sulla prossima squadra di Mario Balotelli.
I benpensanti diranno che ad agosto si scrive di questo e altro, mancando notizie vere. I maligni potrebbero anche ipotizzare che fare articoli ogni giorno sul Pil che l’Istat dovrebbe registrare potrebbe sembrare un modo di fare pressione, di condizionare. Tanto poi, per l’Istat, per correggere, rivedere, limare, c’è sempre tempo. In questo caso non sembra che abbia avuto successo:l’Istat ha detto che nel trimestre il Pil è cresciuto dello 0,2 per cento, perfettamente al centro della forchetta previsionale 0-0,4. E in linea con lo 0,7 annuo stimato dal governo. Che, però, non nasconde affatto il desiderio di poter indicare – magari a spanne – un Pil maggiore in modo da poter spendere qualche miliardo in più a deficit senza sforare i parametri di Bruxelles. Valga come sintesi questo titolo dell’Unità renziana: “Con la crescita solida si potrà tagliare il fisco e gestire il debito”.
Lasciamo perdere i retro-pensieri. È un fatto che mai come in questi mesi c’è stato tanto rumore statistico, una pioggia di numeri, dati, stime, percentuali che servono a rendere quasi impossibile per il pubblico capire come stanno le cose. «Abbiamo assistito a un caos poco edificante di cui anche i giornalisti hanno un’ampia responsabilità», ha detto al Fatto il presidente dell’Istat Giorgio Alleva, in un’intervista di qualche giorno fa.
Non c’è dubbio che giornalisti e giornali abbiano le loro colpe. Quando si leggono titoli come “Sud, il governo accelera sui fondi Ue” è inutile cercare la notizia, il fatto. Sono auspici, pacche sulle spalle dei ministri, incoraggiamenti. Al lettore non viene offerto il racconto di qualcosa che è successo, o rivelato un documento segreto, presentato un progetto. No, gli si racconta un’intenzione, lo stato d’animo del potere.
Alcuni fatti sgradevoli, per il governo, vengono invece tenuti lontano dalla prima pagina: non c’è alcuna garanzia che gli incentivi alle assunzioni verranno prorogati nel 2016, come era stato promesso. Nel caso, potrebbero rimanere in vigore solo al Sud. Quanti titoli avete visto su questo? Quindi ha ragione Alleva, i giornalisti hanno le loro colpe.
Ma non sono i giornalisti ad aver deciso che i dati sul lavoro arrivino, oltre che dall’Istat, anche dall’Inps e dal ministero del Lavoro. Dati non omogenei, cioè non direttamente confrontabili, ma perfetti per chi ha bisogno di trovare quello che gli serve. Ed è palazzo Chigi, anzi «fonti di palazzo Chigi», ad aver detto che il piano fiscale del governo vale 50 miliardi e comprende anche tagli dell’Irpef e bonus ai pensionati. Avete mai visto un documento con queste cifre? Ovviamente no. Ma potete chiedere a qualche cartomante. O leggerne il responso sui soliti giornali.