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 2015  agosto 15 Sabato calendario

NASTASI, IL SUPER GIANNILETTIANO SBARCA A PALAZZO CHIGI

Ubiquo ai casi. Salvo Nastasi è un po’ come il Ciccio Ingravallo del Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda: da quando s’è messo comodo ai più alti vertici dell’amministrazionestatale-esiparladel 2002, quando il nostro aveva ventinoveanni-èstatocomeil punto di depressione ciclopica di tutto un mondo. Tutto gli si muove attorno, ma lui no: passano i ministri, passano i governi, le maggioranze, le mode, le inchieste, ma Salvo Nastasi sta. E ottimamente pure, com’è giusto. Ora, per dire, lascerà la potente Direzione generale degli Spettacoli dal vivo al ministero dei Beni culturali e se ne andrà a fare il vice di Paolo Aquilanti, segretario generale di Palazzo Chigi. Incarico prestigioso e di gran peso, visto che quello è in sostanza l’ufficio dell’amministratore delegato della Presidenza del Consiglio, una macchina che ha un budget da un paio di miliardi di euro.
Il tipo pratico che tutti conoscono
Quali siano gli speciali legami col mondo renziano che portano Nastasi a Palazzo Chigi non si sa: a parte, certo, l’amicizia con Dario Nardella, oggi sindaco di Firenze, che quand’era deputato a Roma era spesso ospite proprio del futuro vicesegretario generale. Il punto, però, è un altro: Salvo Nastasi sta, e ottimamente pure. Il nostro, d’altronde, è un uomo pratico come non può non esserlo uno che a 42 anni è un pezzo grosso del ministero dei Beni culturali da tredici, metà dei quali passati a fare il ministro ombra di alcuni simpatici dilettanti.
Classe ’73, barese d’origine ma cresciuto a Roma, il potente e discreto Salvo è il pargolo di una magistrata della Corte dei Conti e di un fiscalista: una diffusa leggenda vuole che Nastasi senior annoverasse tra i suoi clienti Gianni Letta. Magari non è vero, ma è un fatto che l’uomo che fu il Gran Visir di Silvio Berlusconi - ed è ancora l’ultima incarnazione di un terragno sottopotere romano all’ingrosso “andreottiano” - sia stato lo sponsor principale della carriera del nostro.
Il rapporto tra i due è a prova di smentita: Letta gli ha fatto pure da testimone di nozze quando, nell’estate del 2010, il nostro ha portato all’altare , in quel di Filicudi, Giulia Minoli, figlia del giornalista Giovanni e nipote di Ettore Bernabei, dg della Rai per una vita su mandato di Amintore Fanfani e della Dc, oggi potente produttore. Risultato: chi conta nella capitale conosce Salvo Nastasi e lui, d’altronde, non è avaro di sorrisi e strette di mano: è così che sta. E ottimamente.
I rapporti con Bisignani e le molte poltrone
Chiarito che il presente è suo e il futuro pure, ci sarebbe il passato. Per un uomo che puntasse a poltrone di rilievo tramite la scuderia Letta, l’amicizia di Luigi Bisignani era d’obbligo e Nastasi non fa eccezione. Di più, il nostro mostra per “l’uomo che sussurrava ai potenti” una deferenza al limite del vassallaggio: “Ho un messaggio da parte del dottor Nastasi: chiedeva al dottor Bisignani di poter avere diciamo la sua autorizzazione per fissare un appuntamento col dottor Geronzi”, si legge in una intercettazione della P4.
Il vero pregio di Nastasi, alla fine, è di sembrare inevitabile, come il destino: se uno avesse fissato il Mibac in questi anni gli sarebbe sembrato che questo funzionario alto e, gaddianamente, piuttosto pingue della persona sia sempre stato lì. E infatti ci arrivò nel 2002: regnava Giuliano Urbani che, perspicace com’è, subito ne fece il vicedirettore del legislativo. Due anni e già saliva il gradino finale: dirigente di prima fascia e direttore generale per lo Spettacolo dal vivo e lo sport. I ministri, si sa, specie quelli della Cultura, sono un po’ poeti e avere accanto uno pratico come Nastasi è una necessità. E infatti se lo sono tenuto caro, in un profluvio di incarichi, pure Francesco Rutelli, Sandro Bondi, Giancarlo Galan, Lorenzo Ornaghi, Massimo Bray e, ultimo, Dario Franceschini.
Capo di gabinetto coi tre ministri del quinquennio Berlusconi-Monti, commissario governativo al Petruzzelli di Bari, al Maggio fiorentino, all’Arena di Verona e al San Carlo di Napoli (dove si guadagnò, si dice, la stima dell’emerito Giorgio Napolitano). Un problema gli si presentò con l’inchiesta sulla “cricca” della Protezione civile che inguiò Guido Bertolaso (altro “lettiano”). Non solo, infatti, il suo nome ricorreva nelle intercettazioni, ma ricorrevano pure le ditte collegate ad Angelo Balducci negli appalti che assegnava da commissario. Si difese così: “Non è giusto gettare ombre. Certo si tratta degli stessi nomi: sono quelli che il mondo ci invidia”.
Privatamente le parole erano altre. Quando Riccardo Miccichè, ingegnere con negozio di parrucchiere, fu nominato direttore dei lavori per i Nuovi Uffizi, un altro dirigente della “cricca”, Fabio De Santis, commentò ridendo: “Non ci posso credere. Quando lo vedo (Nastasi, ndr) gli dico siamo proprio dei cazzari”. E glielo disse, più o meno: “Quando stavamo soli gli ho detto Salvo, ma siamo sicuri di quel siciliano?. Non ti preoccupare, poi c’ho un fatto personale”. Sono i problemi di quelli che hanno troppi amici.