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 2015  agosto 15 Sabato calendario

LA BELLA ANOMALIA ITALIANA

[Intervista a Laura Marzadori] –
Tutto il mondo è in vacanza. Lei in un paese minuscolo dell’Emilia, si chiama Bertinoro, che insegna musica ai bambini. D’altronde, quando a 26 anni sei primo violino della Scala e gestisci un’orchestra di 80 elementi, il mondo per te funziona per forza alla rovescia. Laura Marzadori, la presento al grande pubblico. Primo violino alla Scala, donna, 26 anni... Ho detto tutto mi pare. Sorride e pare di vederla mentre si sistema i capelli biondi e infiniti.
«È un’emozione enorme, sono così giovane. Anni fa succedeva spesso che prendessero giovani colleghi. Oggi si tendono a scegliere persone con anni di esperienza alle spalle, mi considero un’anomalia».
Sarà stata dura farsi accettare dai colleghi.
«Ho entusiasmo da vendere e lo trasmetto ai colleghi. Il primo violino ha una grande responsabilità perché è il tramite tra l’orchestra e il direttore di cui deve interpretare il messaggio attraverso i gesti e la musicalità. Devi essere trascinante e avere leadership, sei il punto di riferimento in un’opera che è una macchina complessa. Io penso che i colleghi apprezzino di me che non mi impongo con autorità ma con l’entusiasmo musicale».
Quante persone guida ogni sera?
«Di solito un’orchestra si compone di 70/80 elementi».
Chissà quante invidie.
«Nella mia orchestra non ne ho riscontrate. Nelle orchestre all’estero non posso giurarci, forse ci sono ambienti più maschilisti. L’invidia poi... Ammiro tante persone e non riesco a invidiarle eppure penso sia un sentimento naturale. Semplicemente non ci bado, è già un dolore a prescindere provarla, non giudico chi ne soffre».
Viene da Bologna. Ha fatto un concorso e l’ha vinto. Come sono stati i primi giorni al Piermarini?
«Quando sono arrivata sono finita subito sotto osservazione, ma sarebbe successo anche se fossi stata un uomo. Poi, a poco a poco, ho visto sparire la diffidenza rispetto all’età e al fatto che fossi donna. E ora l’orchestra si fida di me. Sebbene ci siano uomini e donne sedute lì da tanti anni, accettano le mie scelte».
Non mancheranno le difficoltà...
«È un percorso in salita. Ho vissuto momenti di grande tensione. Ho fatto sei mesi di prova in cui sentivo di giocarmi tutto. In quei sei mesi ricopri la carica al cento per cento. Suoni tutte le sere, sei sempre sotto esame. E devi fare un lavoro grandissimo in cui non hai tempo di approfondire. Ti capita di suonare da Mozart a un’opera del Novecento complicatissima».
È fidanzata?
«Ho un fidanzato che è musicista come me alla Scala. Suona la viola. Ci siamo aiutati moltissimo. Il primo anno alla Scala è stato totalizzante».
Non avrà tempo per nulla.
«Invece no. Mi piace la moda e seguo le sfilate. Mi considero un’esperta di shopping anche se odio lo shopping di scena. Sono talmente tesa sul palco che non riesco a pensare di comprare un vestito apposta per quell’occasione. Faccio le prove coi jeans strappati e le scarpe da tennis. E in buca indosso sempre scarpe comode».
Ma che significa stare in buca?
«La buca è lo spazio riservato all’orchestra, tra il proscenio e la platea. Il pavimento è sempre più basso del piano platea. È una buona posizione, perché gli spettatori ti intravedono soltanto».
Quando ha cominciato?
«A tre anni e mezzo, suonavo in una scuola di musica con il metodo Suzuki che è bellissimo perché inizia come un gioco ma avvia subito alla musica. È stata una scelta dei miei genitori».
Che sono musicisti?
«Ma no. Mio padre è antiquario e mia madre fisico nucleare. Volevano che facessi qualcosa di bello, non importava cosa. E vicino a noi, a Bologna, c’era il Cemi che è il centro educativo musicale infantile».
Ed è stato amore a prima vista?
«All’inizio l’ho vissuto come un dovere, mi piaceva suonare con gli altri bambini ma esercitarmi a casa da sola no. Però ho incontrato una maestra bravissima, Fiorenza Rosi, che mi ha trasmesso la passione».
Una enfant prodige.
«Ecco questo no. Io a 4 anni non suonavo Paganini e devo dire che ne sono felice perché i geni vengono sfruttati al massimo poi a 20 anni escono da una stanza e il mondo gli crolla addosso. Io ho seguito un percorso lineare. Ho brillato perché ho talento. Ma ho seguito un percorso tradizionale, a 14/16 anni avevo già suonato con parecchie orchestre».
E a 26 ha un curriculum lungo così...
«Per la mia età, non è male. Ho suonato con orchestre importanti come l’orchestra nazionale della Rai e l’accademia di Santa Cecilia. E con maestri come Accardo, Berman, Filippini».
Mai avuto dubbi che la musica fosse la sua strada?
«Mai. Un po’ perché con la
musica provo le emozioni più grandi, un po’ perché mi viene facile. Certo ho avuto anche fortuna. Ho potuto sperimentare la musica da camera e ho suonato da solista in molte orchestre».
Lei è bellissima. Quanto conta?
«La bellezza? Io credo di non farla vedere».
Beh è inevitabile però.
«Le dico una cosa. Nel passato la bellezza non aiutava. Ci sono stati grandissimi musicisti di una bruttezza sconcertante. A me dicono “sei brava e anche bella” ma non mi fa per niente piacere. Spesso mi propongono un concertone composto da “sole musiciste belle”. In quei casi declino l’invito».
Avrà un sacco di fan.
«Può succedere ma dipende molto da come uno si pone e io sono riservata. È anche per questo che sui social non ci sto tanto».
Il palco più emozionante?
«La Scala. Anche suonare da solista è un’esperienza forte».
Il cuore che esplode.
«Ho momenti di tensione pazzesca».
Che si fa per uscirne?
«Non ne esco e non li sconfiggo, dopo un po’ ci convivo. Sono agli inizi della carriera e devo metterli in conto».
Può tentare con un rito scaramantico.
«No, la prego. Ho cercato di non attaccarmi a queste cose perché ti capita sempre la serata in cui non riesci a seguire lo schema ed entri in panico».
Chi l’aiuta?
«La mia famiglia. A 16 anni facevo già concerti e avevo un’intensa carriera solistica. Ho anche vinto il premio Vittorio Veneto. I miei genitori mi hanno permesso di studiare a casa e hanno chiuso un occhio rispetto al fatto che mi diplomassi molto più in là degli altri. Ora poi c’è il mio compagno che mi sta accanto».
Lo ama molto?.
«Ci divertiamo».
C’è solo un repertorio classico in casa sua?
«Ascolto molta più musica leggera che classica. Gli Ac/dc, Elvis, Vasco.... Mi serve leggerezza».
E la politica?
«Vengo da una famiglia che ci ha creduto parecchio. Però mi ha deluso. Sono un’idealista e non vedo realizzati i miei ideali. Oggi non voterei Renzi ma neppure Berlusconi».
Il complimento più bello?
«Quando si complimentano per come suono. Il suono è la mia voce, non lo impari, è innato. Se i colleghi ti applaudono sai che ce l’hai fatta. Vale più di tutto, persino dell’applauso del pubblico».
Le piace Milano.
«Per fortuna abito in campagna. Poi Milano, certo, è una grande città, si respira un’aria bella. Ho studiato parecchio tempo all’estero, a Zurigo, ma l’italianità mi mancava».
Vuole dei figli?
«Ho tante colleghe che sono mamme incredibili e musiciste perfette».
Cos’è la Scala?
«È l’emozione più grande. Per la prima nella mia vita ho capito che desideravo fortemente qualcosa e ci ho messo tutta la determinazione che potevo. Prima della Scala facevo le cose senza troppa aspettativa per non restare delusa».
E adesso?
«Adesso sono stanca. E felice di partire col mio cane».