Maurizio Porro, Corriere della sera 18/8/2015, 18 agosto 2015
Pietro Germi è stato e continua a essere grande regista di commedie travestite da tragedia e viceversa, ed anche un antropologo, cinico osservatore delle nostre radici, dall’epoca delle nostre migrazioni ( Il cammino della speranza ) e degli interni proletari del Ferroviere al dittico nero sugli usi e costumi siciliani, combattendo contro l’articolo 587 del codice penale (famoso delitto d’onore) e a favore del divorzio ( Alfredo Alfredo ), aiutando molto il nostro progresso
Pietro Germi è stato e continua a essere grande regista di commedie travestite da tragedia e viceversa, ed anche un antropologo, cinico osservatore delle nostre radici, dall’epoca delle nostre migrazioni ( Il cammino della speranza ) e degli interni proletari del Ferroviere al dittico nero sugli usi e costumi siciliani, combattendo contro l’articolo 587 del codice penale (famoso delitto d’onore) e a favore del divorzio ( Alfredo Alfredo ), aiutando molto il nostro progresso. Ri-vedere Divorzio all’italiana è ri-vedere un cinema italiano in stato di grazia, quella stagione ‘60-’61 celebre in tutto il mondo. La grottesca, ben nota storia del barone Cefalù che, innamorato della bella cugina (la giovane Sandrelli che fa piedino, secondo film dopo Il federale ) spinge la moglie devotissima e noiosissima fra le braccia di un ex spasimante per acquisire il diritto di ucciderla legalmente per onore. Su un set non tranquillo (Germi ebbe una paralisi facciale, Daniela Rocca tentò il suicidio per amore, poi ebbe davvero disturbi psichici) il film però viaggiava su un binario vivo, quello della satira e dell’osservazione dell’arretratezza «sicula», fra limoni e penombre di calura, nella perfetta colonna sonora di Rustichelli. Le scene memorabili non si contano: i sogni proibiti del barone Fefè, la serata scandalo della Dolce vita , tic della moglie baffuta, i genitori. Fu successo internazionale, un titolo entrato di colpo nella lingua, premio a Cannes e Oscar per la sceneggiatura di Germi, De Concini e Giannetti, mentre la Savagnone fa un eccellente doppio lavoro di doppiaggio (Rocca e Sandrelli). Tra i volti nuovi Lando Buzzanca, ma è la grande prova di Marcello Mastroianni (che si ispirò nei tic al regista burbero col sigaro) che lascia sbalorditi: è difficile comunicare tutto ma senza avere mai alcuna espressione. Il ruolo era stato offerto prima a Sordi, che lo considerò pericoloso, ma si sbagliava: il film incassò 1 miliardo 240 milioni. Non attuale, eterno.