varie 18/8/2015, 18 agosto 2015
ARTICOLI SULLA MORTE DI DONATO BRUNO DAI GIORNALI DEL 18 AGOSTO 2015
MARIO AJELLO, IL MESSAGGERO –
Una bella casa al Flaminio. Uno studio, da avvocato, stupendo a via Veneto. Una voce dal timbro baritonale (soprannome The Voice) simile a quella di Sandro Citto e con una lieve cadenza quirita, anche se era nato vicino a Bari e avrebbe compiuto 67 anni a novembre. Donato Bruno era, anche, tutto questo. E’ morto ieri. Per una ischemia cerebrale. E’ stato un berlusconiano doc, parlamentare dal 1996, e sempre in Forza Italia, nel Pdl e nella Forza Italia di ritorno: mai cambiata la casacca azzurra.
Previtiano di ferro, al contrario di Cesare Previti - e sul modello di Gianni Letta - Bruno aveva doti di tessitore sia da deputato sia da senatore, e soprattutto da presidente della Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio e di Palazzo Madama. E ora proprio questa sua capacità di dialogo viene ricordata, anche da sinistra, come la vera caratteristica del personaggio.
Gran conversatore, era insuperabile quando doveva cordialmente depistare - e si faceva furbone - i giornalisti a proposito di qualche legge in cottura o di qualche vicenda, tra politica e giustizia, riguardante il mondo berlusconiano. E’ stato uno dei tanti avvocati di Forza Italia - penalista di buon livello, patrocinante in Cassazione - ma uno dei pochi a non essere avvocato di Berlusconi. Non un Ghedini, insomma. Anche se qualcuno si divertiva a chiamarlo Lo Squalo, e lui, che era un duttile, sorrideva di fronte al nomignolo.
Di fatto ieri Renzi ha chiamato la famiglia Bruno per le condoglianze e ha detto loro: «E’ stato un avversario leale e appassionato e perciò l’ho sempre apprezzato». Anna Finocchiaro, che a lungo in Commissione Affari Costituzionali ha avuto come contraltare Bruno, usa parole simili in questi frangenti. E molti di Ncd, che pure hanno lasciato il mondo berlusconiano, stanno dedicando a Bruno parole di stima e di amicizia - da Cicchitto a Quagliariello, da Schifani a Bonaiuti - non diverse da quelle che gli rivolgono Berlusconi e tutti gli altri azzurri. Berlusconi gli affidò la delicata responsabilità della commissione d’indagine sui terribili fatti del G8 a Genova e «non avete idea - raccontava Bruno agli amici - delle attenzioni che ho ricevuto, a causa di questo incarico, da tutti gli organi dello Stato». Per due volte, Bruno ha mancato l’elezione alla Consulta: il grande sogno dei giuristi che entrano in Parlamento. La prima volta fu lui ad aprire la porta a Giuseppe Frigo dopo aver raccolto molti voti. La seconda volta, nel 2014, la base del partito lo difese contro le indicazioni dei vertici, Cavaliere compreso, e alla fine il gioco dei veti incrociati su Bruno e Luciano Violante ebbe la meglio. Bruno mollò e si difese a proposito di una presunta indagine - tirata fuori durante la sua corsa alla Consulta - sulla Ittierre di Isernia, grossa azienda del settore tessile di Isernia di cui egli era avvocato curatore.
Mario Ajello
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GIANLUCA ROSSELLI, IL FATTO QUOTIDIANO –
Tra i cronisti del Palazzo era noto per la sua tagliente ironia. Lo si poteva vedere spesso seduto sui divanetti del Transatlantico di Montecitorio, sempre cortese e disponibile nel rispondere alle curiosità dei giornalisti. Senza però mai dare troppa confidenza. Poi, d’improvviso, zac, la battuta fulminea, in romanesco, col suo tono di voce baritonale, che spianava questo o quel parlamentare, reo di darsi troppe arie. Donato Bruno, senatore di Forza Italia e azzurro della prima ora, è morto ieri a Roma per un’ischemia cerebrale che l’ha colpito nei giorni scorsi. Tanti i messaggi di cordoglio, tra cui anche quello di Matteo Renzi, che ha telefonato alla famiglia. Faceva parte, Bruno, della numerosa pattuglia di avvocati del partito di Silvio Berlusconi, pur non essendo mai stato legale dell’ex Cavaliere, che conobbe nel lontano 1978. Grande amico di entrambi era “Cesarone” Previti, cui Bruno è stato politicamente molto legato e a cui si deve la candidatura a deputato nel 1996, anno in cui entrò per la prima volta in Parlamento. Con Previti aveva in comune le frequentazioni di quel bel mondo romano che vive all’ombra del potere e che trova il suo esegeta in Gianni Letta, altra importante sponda politica di Bruno. Un po’ falco e un po’ colomba, dunque, a seconda del momento e dell’opportunità politica. Al governo non è mai entrato (ci è andato vicino nel 2011 dopo le dimissioni di Alfano da ministro della Giustizia, ma B. gli preferì Nitto Palma), mentre in Parlamento ha presieduto per un decennio la commissione Affari costituzionali. Dal 2006 al 2008 ha guidato pure la Giunta delle elezioni. Il suo più grande cruccio, però, da penalista di fama, era quello di non essere riuscito diventare giudice della Consulta. Due volte papabile, nel 2008 si fece da parte in favore di Giuseppe Frigo, mentre nel 2014 entrò in una partita di veti incrociati insieme a Luciano Violante. Anche in quel caso, complice un avviso di garanzia che ne indebolì la candidatura, alla fine fu lui a tirarsi fuori.