Luciano Mondellini, MilanoFinanza 15/8/2015, 15 agosto 2015
QUEI LEGAMI DI FAMIGLIA
Agnelli/Elkann e Rothschild, ma anche Cadbury e Layton. Non è la lista degli invitati a un evento esclusivo della nobiltà imprenditoriale europea ma la composizione del nuovo azionariato dell’Economist dopo il riassetto varato in settimana nella società editoriale inglese. Exor, la holding della famiglia Agnelli, sarà infatti il primo socio della rivista britannica con il 43,4%, mentre la dinastia Rothschild sarà il secondo con il 26,9%.
A seguire ci saranno poi la famiglia Cadbury (cui fa capo il colosso dolciario del Regno Unito) e i Layton, ovvero i discendenti del barone Walter Layton, la cui direzione ebbe un’importanza strategica nella storia della rivista. Insomma, John Elkann, che è un Agnelli per parte di madre e appartiene a una delle famiglie più potenti di Francia per parte di padre (il nonno Jean Paul è stato presidente del Concistoro ebraico di Parigi dal 1967 al 1982 e di quello francese dal 1982 al 1992 oltre che manager di Christian Dior per lungo tempo), si troverà quindi in un cda di lignaggio imprenditoriale quasi pari al suo (se non addirittura superiore) e in un contesto che potrebbe rappresentare la summa di quel capitalismo familiare di cui Elkann è un grande propugnatore. Forse non solo per proprie convenienze personali.
Il nipote dell’Avvocato Agnelli infatti da sempre ritiene che rafforzare i legami con un’altra grande dinastia faccia bene al business.
Non foss’altro perché tutte le grandi stirpi imprenditoriali si trovano nel corso del tempo ad affrontare problemi di natura simile: dalla suddivisone del potere tra i vari membri della famiglia al rapporto col management, da come scegliere il rampollo cui affidare la gestione delle società di famiglia alle forme giuridiche da applicare a queste aziende per proteggerle dagli appetiti del mercato. Non sorprende quindi che numerosi rappresentanti di casate industriali siano stati invitati negli anni in occasione dell’assemblea annuale degli azionisti della Giovanni Agnelli Sapaz, l’accomandita in cui sono rappresentati tutti i rami della dinastia torinese, che a valle controlla Exor mentre a monte è controllata dalla Dicembre di John Elkann in rappresentanza del ramo Giovanni Agnelli. Negli ultimi anni ad esempio alla riunione annuale dalla dinasta Agnelli/Elkann/Nasi sono stati invitati Jorge Paulo Lemann, imprenditore brasiliano del fondo 3G Capital che recentemente con la Berkshire Hathaway del guru degli investimenti Warren Buffett ha siglato l’accordo di fusione tra Heinz e Kraft.
Oltre a lui hanno fatto capolino nelle riunioni di famiglia negli anni anche Thierry Lombard, managing partner della banca svizzera Lombard Odier & Cie, e Franz Haniel, presidente del consiglio di sorveglianza del colosso tedesco della distribuzione Metro.
Non basta. Per un’ulteriore conferma di quanta importanza Elkann dia ai legami di alto lignaggio, occorre dare un’occhiata alla composizione del cda di Exor. Su 15 componenti il consiglio, oltre ai rappresentanti della famiglia piemontese (lo stesso Elkann, la sorella Ginevra e i cugini Alessandro Nasi, Andrea Agnelli e Lupo Rattazzi) e oltre a manager tra i quali spicca la figura dell’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne, ci sono ben tre rappresentanti del capitalismo familiare internazionale. Una è Annemiek Fenter van Vlissingen, presidente del cda di Shv Holdings, società olandese a controllo familiare attiva nell’esplorazione di petrolio e gas oltre a numerosi servizi industriali. Un’altra è l’israelo/statunitense Ruthi Wertheimer, fondatrice e proprietaria di 7 Main, family office specializzato nell’acquisizione di partecipazioni in società industriali oltre che componente il cda e azionista di maggioranza della holding familiare Wertheimer company. Il terzo, ma non certo ultimo per importanza, è Jae Yong Lee, manager di Samsung nonché figlio del presidente ed erede designato del colosso coreano.
Questo network di conoscenze e di buone relazioni con altre casate industriali importanti, si badi bene, non rappresenta soltanto una convinzione ideologica di Elkann oppure una sorta di vezzo snobistico di chi ha avuto la fortuna di nascere in una dinastia imprenditoriale. Invece ha già dimostrato di tornare molto utile in caso di bisogno. Un esempio in questo senso capitò nella primavera 2013 quando Fiat non aveva ancora raggiunto il 100% di Chrysler ma ne controllava soltanto il 58,5%. Il mercato in quei tempi speculava su un possibile aumento di capitale di Fiat per ottenere il 100% della casa americana (condizione necessaria per assicurarsi l’intero flusso di cassa di Chrysler) e quindi sulla necessità di Exor di fare cassa nel tentativo di non diluirsi. In quei giorni Exor cedette alla società belga Bruxelles Lambert per 2 miliardi la quota nella società svizzera di certificazione Sgs, azienda in cui la holding torinese era il primo azionista con il 15% e da cui all’inizio del secolo Umberto Agnelli scelse Sergio Marchionne per guidare la Fiat. L’operazione, che comportò una plusvalenza di 1,5 miliardi, fu orchestrata in un brevissimo lasso di tempo da John Elkann sfruttando i suoi legami di amicizia con le famiglie Frère e Desmaires che controllano la società belga, e che Elkann conosce sin da quando è bambino in virtù dell’ambiente in cui è cresciuto. Quella liquidità non servì per ottenere il 100% di Chrysler (infatti servirà ora per concludere l’acquisizione di PartnerRe) ma quell’operazione ebbe un ruolo importante nel convincere i mercati che Exor non aveva alcuna intenzione di diluirsi in Fiat per raggiungere il 100% di Chrysler.
Ora con la scalata nell’Economist Elkann aggiungerà altre dinastie importanti a quelle con cui i suoi affari sono già intrecciati, senza dimenticare d’altronde che i legami tra gli Elkann e i Rothschild sono di vecchissima data nella storia dell’Europa imprenditoriale.