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 2015  agosto 17 Lunedì calendario

ANNA LOMBARDI

“NORMAL ” , cioè “normale”, non va. E tantomeno “ healthy ”, “in buona salute”. A dispetto della loro gioiosa innocenza, queste parole sono più che pietre: nascondono insidie. Una persona che non sta tanto bene potrebbe risentirsene. Meglio sostituirle con un più vago “
non-disabled ”: non disabile.Ci sono poi termini che potrebbero mettere qualcuno a disagio: parole come “ poor ”, povero, da sostituire con un asettico “persona che manca di vantaggi che altri hanno”. O “ homeless ”, senza tetto: non è detto che sia una condizione definitiva, e allora chiamiamola “persona momentaneamente senza casa”. Addirittura anche “ American ”, americano, è parola problematica. Perché “se utilizzata da un cittadino degli Stati Uniti, esclude gli abitanti del Sud America”. È, insomma, una parola potenzialmente “ pregiudicante”. Sono solo alcuni dei suggerimenti contenuti nella
Bias-Free Language Guide — letteralmente guida alle parole prive di pregiudizi — redatta da alcuni studenti dell’università del New Hampshire con lo scopo di “ripensare termini legati a età, razza, classe sociale, etnia, nazionalità, genere, abilità, orientamento sessuale ed altro”, perché “non tutti hanno lo stesso background”, e ogni parola rischio di essere una “micro aggressione, sia pure involontaria”. Ora che la polemica contro il “politicamente corretto” è tornata in auge, la “guida” è stata scovata sul sito dell’Università e messa alla gogna da Campusreform. org — rivista universitaria online finanziata da un’organizzazione no profit di destra, Leadership Institute, che si occupa di formare giovani conservatori. Apriti cielo: il rettore dell’università, Mark W. Huddleston, che presumibilmente non l’aveva letta fino a quel momento («il nostro sito ha 1 milione di pagine» si è difeso) l’ha fatta ritirare definendola «offensiva per molti, me compreso.
Qui difendiamo la libertà di parola». Così la lista è diventata il simbolo delle esagerazioni nel nome della “correttezza politica” degli atenei americani. Negli Usa, il titolo IX della legge federale che vieta le discriminazione su base sessuale nelle scuole finanziate con denaro pubblico, ha dato da tempo il via a codificazioni di ciò che è lecito dire all’interno dei campus: ma nell’ateneo dello stato super liberal si è andati forse un po’ troppo in là. Sconsigliati sono dunque tutti quei concetti che alludono all’identità sessuale: ad esempio “ sexual preference ”, preferenze sessuali che potrebbe insinuare che “essere gay è una scelta reversibile”. In questa chiave anche concetti come “ mothering ” e “fathering ”, cure materne o paterne, diventano problematici: esaltano ruoli sociologicamente superati ed è meglio dunque sostituirli con un neutro “ parenting ”, essere genitori, senza accezioni di genere. Concettti così asettici da non far male a nessuno. E vi sembra, politicamente scorretto parlando, “normale”?
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