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 2015  agosto 11 Martedì calendario

PERISCOPIO

E così s’è arrivati all’oggi, con la Sicilia buttanissima che sta come d’autunno sugli alberi le foglie, come le sue province, commissariate da due anni dopo che l’Assemblea regionale le cancellò prima ancora del Parlamento nazionale, salvo poi lasciare incompiuta la riforma. È la Sicilia prigioniera di un dibattito delirante in cui la concretezza non entra neanche per sbaglio. Salvo Toscano. Il Foglio.

«Il giornalismo» mi diceva Claudio Rinaldi «è un mestiere basato sulla chiacchiera, chiacchieriamo meglio di chiunque altro. Siamo una generazione aggressive e disincantata che, coerente al primato della chiacchiera, ha occupato in massa i giornali». Antonio Padellaro. Il Fatto.

La lingua (il persiano, ovvero il farsi) è un codice indoeuropeo e nella scrittura ufficiale, nel parlato dei tg e nei discorsi, accuratamente aulici, gli iraniani tendono a marcare il genitivo plurale, come a voler de-arabizzare la loro lingua. Più che l’identità, pur nelle contraddizioni di molteplici maschere, è la religione quella che il mondo cerca nel volto dell’Iran. Il velo delle donne, col caldo, diventa sempre più pesante da portare. Ancor più che coprirsi il capo è quel dover avvolgere il collo a sfinire di afa. Ed è in questa stagione che si mobilitano in Iran gli agenti incaricati della vigilanza sulla morale. Le pattuglie femminili, particolarmente severe, controllano che neppure uno spicchio di braccio o caviglia possa sbucare dagli abiti. Pietrangelo Buttafuoco, scrittore. Il Fatto.

E perché a diciassette anni lessi i Quartetti di Eliot? Perché sfogliando una rivista patinata nella sala d’aspetto di un medico lessi che Eliot era «il Dante della nostra epoca». Dante mi portò a Eliot e Eliot mi riportò, più fresco di modernità, a Dante. Dunque Dante era ancora tra noi, se il più influente, colto e filosofico poeta del Novecento, un poeta americano (incredibile!) aveva preso Dante a modello. Alfonso Berardinelli, critico letterario. Il Foglio.

Sia Oppenheimer, americano figlio di ebrei tedeschi, sia Einstein, ebreo tedesco che nel 1933 si era stabilito negli Stati Uniti, erano consapevoli della minaccia che Hitler rappresentava per gli ebrei e per l’Europa. Nel dubbio che i tedeschi stessero già lavorando sul progetto di un ordigno nucleare, proprio Einstein, forte della sua autorità scientifica e della sua fama, scrisse al presidente americano per sollecitarlo a intraprendere un programma nucleare. La lettera arrivò sulla scrivania di Roosevelt nell’ottobre del 1939, una quarantina di giorni dopo l’invasione nazista della Polonia. La Casa Bianca diede il suo assenso, ma l’avvio fu faticoso: uno studio, una commissione Uranio con un budget di 6.000 dollari, niente di più. Cinque anni più tardi, deciso a precedere a tutti i costi i nazisti nella realizzazione della bomba, il governo americano impiegava più di trecentomila persone nel progetto Manhattan, con una spesa di centinaia di milioni di dollari. Steve Sheinking, L’atomica. il Castoro.

Se per spiegare l’enigma di Rossini si è chiamata in causa (in modo sbrigativo) la nevrosi, Van Gogh nelle sue tele si è nutrito di malattia. Tornare alle proprie radici e alla propria terra per riacquisire la fertilità può essere una condizione obbligatoria. Dostoevskij in Lettere sulla creatività confessò di dover tornare in Russia, perché all’estero stava «perdendo perfino la possibilità di scrivere». È rara la parabola di Andrea Camilleri, che entra in Rai, fa il regista teatrale e a 53 anni si dà alla narrativa; poi riprende la penna in mano nel 1992, dopo una pausa di dodici anni torna a scrivere. Valerio Cappelli. Corsera.

Presi la maturità a 16 anni. Un professore di greco mi suggerì di andare alla Normale di Pisa. Occorreva l’ammissione. Vinsi. Tutto era facile. Troppo. Avevo la sensazione di bruciare le tappe. Decisi di fermarmi. Decisi di rifiutare l’ingresso in quel tempio della cultura classica e scientifica. Giovanni Gentile che ne era il direttore mi mandò a chiamare. Volle sapere di quel rifiuto. Mi disse: «So di chi eri figlio. Noi ti abbiamo accolto. Farai sempre in tempo ad andartene se La Normale non ti piacerà». Vidi quella figura corpulenta allungare il braccio e stringermi la spalla. Era un uomo generoso. Fu maestro, tra l’altro, di Adolfo Omodeo. Del quale mia sorella sposò il figlio. E quando Omodeo ruppe con Gentile ci fu il dilemma per chi schierarsi. Ammiravo entrambi. Perciò decisi di restare amico di tutti e due. Arrivò l’ultimo anno dei miei studi alla Normale. Mancava la tesi quando mi fu proposta una borsa di studio per un anno a Parigi. Sergio Donadoni , egittologo, cent’anni (Antonio Gnoli). La Repubblica.

La carne che utilizziamo viene da mucche che per 4-5 anni hanno dato latte, la trova da noi così come nella stragrande maggioranza dei ristoranti italiani. Possiamo venderla a prezzi bassi perché ne compriamo quantità enormi. Le materie prime pesano per il 28% nel nostro bilancio, il costo del lavoro 45%. Il nostro modello di business è centrato sul servizio e non sul prezzo della carne. E comunque nessuno di voi nei ristoranti da 40 euro chiede se l’insalata viene dalla Repubblica Ceca o dalle colline toscane. Roberto Masi, amministratore delegato di McDonald’s Italia. (Dario Di Vico), Corsera.

Negli anni Settanta Alberto Ronchey avrebbe battezzato «Suor Pasqualino», Antonio Tatò, l’onnipotente addetto stampa di Enrico Berlinguer, il segretario del Pci, con «un profilo tra il centurione e il barbiere di lusso» come scrive. Giampaolo Pansa. Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio, 2014.

È vero: una romanità autentica esiste. Ed è la zavorra di Roma. Voi romani per poter fare qualcosa di buono, di nuovo, dovreste distruggere tutti i monumenti. Radere al suolo templi, conventi, sotterranei, cupole, colonne, obelischi, pievi, fontane. Dovreste prendere le mazze e abbattere tutto. Ma non lo fate, perché come diceva Joyce, Roma «è come un uomo che si mantiene mostrando ai viaggiatori il cadavere di sua nonna». Alessandro Trocino. Pièce, Roma contro Roma.

Senza l’esibizionismo, il voyerismo sarebbe più difficile. Philippe Bouvard, Journal drôle et impertinent. J’ai lu. 1997.

L’intelligenza fa progredire l’umanità, ma la mediocrità ne garantisce la sopravvivenza. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/8/2015