Filippo Santelli, la Repubblica 9/8/2015, 9 agosto 2015
MA SOLO IL 16%DEI CANTIERI DIVENTA REALTÀ
ROMA.
Vengono annunciate con grandi squilli di tromba. A volte si arriva pure a posare la prima pietra. Ma molto di rado si festeggia il fatidico taglio del nastro. Ecco la storia delle grandi opere all’italiana. Le «infrastrutture strategiche », come le ha definite la Legge Obiettivo del 2001. Secondo uno studio del Consiglio nazionale degli Ingegneri, dei 735 cantieri previsti nel quadro della norma, parte di 206 grandi opere, ne sono stati aggiudicati poco più della metà, 378. Per un totale di 44,8 miliardi di euro, contro i 150 programmati. Ma, quel che più conta, appena 117 interventi, il 16%, risultano ultimati, valore 3 miliardi e 400 milioni. Significa che meno dell’8% dei fondi effettivamente disponibili e messi a gara per strade, aeroporti e simili, in 14 anni di Legge Obiettivo, hanno dato i loro frutti.
Un ritardo che secondo Armando Zambrano, presidente del Consiglio degli Ingegneri, rischia di diventare «strutturale». Tra il 2007 e il 2014 in Italia gli investimenti in opere pubbliche sono scesi del 37,7 per cento, da 40 a 25 miliardi di euro, al minimo dal 2000. La crisi, un po’ ovunque, ha mandato in soffitta diversi progetti faraonici. La differenza è che mentre nel resto d’Europa, Spagna e Grecia comprese, già da un paio anni il ciclo degli stanziamenti è tornato positivo, nel nostro Paese si prevede un ulteriore, seppur moderato, ribasso. Se tutto è prioritario, nulla lo è davvero. Così l’ultimo allegato infrastrutture del Def, approvato lo scorso aprile, ha preso atto della necessità di sforbiciare: la lista degli interventi essenziali è stata ridotta a 25. Ma da questa situazione, avvertono gli ingegneri, «si esce solo con un nuovo piano organico e utilizzando al meglio le norme sugli appalti». Il primo lo dovrebbe garantire il nuovo Documento pluriennale di pianificazione, che l’esecutivo ha annunciato per settembre. Quanto agli appalti, il via libera del Senato al nuovo codice è slittato a dopo l’estate, con una delega al governo che dovrebbe allungare l’iter fino a inizio 2016. La norma prevede limiti al massimo ribasso nelle gare e alle varianti in corso d’opera, due delle grandi zavorre delle opere infrastrutturali italiane. Nei 378 cantieri avviati dal 2001 a oggi infatti sono state approvate ben 800 varianti (45 solo per la Metropolitana C di Roma), con 65mila giorni di proroga. Restringendo il campo alle opere terminate, l’extra costo delle modifiche è stato di 3,1 miliardi, quasi un raddoppio della spesa. E quando il ribasso con cui si vince la gara è superiore a un terzo, l’esborso per le varianti schizza al 118% del budget iniziale.
Filippo Santelli, la Repubblica 9/8/2015