Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 9/8/2015, 9 agosto 2015
IL SOGNO INFRANTO DEL BRASILE
La statua del Cristo redentore, a picco su Rio de Janeiro, a 700 metri di altitudine, ha un che di visionario e di mistico. Come se, solo da lì, si potesse ricostruire la geografia della città, per vedere finalmente il magico, il benedetto e l’ingiusto destino dei suoi abitanti.
«Il Brasile non è un Paese per principianti», diceva Tom Jobim. Qualcuno, solo pochi anni fa, si era convinto del contrario; il boom della Lulanomics, la politica economica e sociale dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, pareva aver proiettato il gigante latinoamericano nell’Olimpo dei Paesi più forti del mondo, con un consenso personale del presidente superiore all’80 per cento. I consumi dei brasiliani in grande accelerazione, gli investimenti pubblici e privati in crescita sostenuta.
Un successo di cui oggi restano poche tracce; il Brasile di Dilma Rousseff, l’attuale presidente la cui popolarità è crollata al 9%, vive una crisi di grandi dimensioni. Tre crisi, per la verità: una politica, una economica e una etico-morale.
Politica ed economia
La madre di tutte le crisi è quella di Brasilia, la capitale del Paese che ha coagulato le inefficienze e la corruzione di un Paese. La sua immagine offuscata riflette la dissipazione di quel patrimonio di fiducia, quell’orgulho brasileiro, l’orgoglio brasiliano di cui la Seleção, la nazionale di calcio, è l’espressione più nota all’estero. Il modello politico brasiliano, la cui narrazione è stata magistralmente diffusa dallo stesso Lula, si è sfarinato. Le tangenti hanno inghiottito i vertici del Pt (il Partito dei lavoratori) in una palude di corruttele che per lungo tempo ha coperto operazioni di riciclaggio.
Petrobras, la società energetica del Paese, il petrolio dei brasiliani, si è rivelata la centrale da cui si diramava la rete di tangenti, in uscita, verso il sistema politico. «Impossibile che i vertici del Pt ne fossero all’oscuro», secondo l’opposizione. Tutto questo mentre il ciclo economico favorevole si è concluso e la crisi pare assumere tutti i connotati della recessione. Il Pil, nel 2015, subirà una contrazione del 2% secondo le stime degli istituti di ricerca economica. L’inflazione continua a salire, è superiore all’8% annuo e il Selic, tasso di interesse di riferimento, è al 14,25%, aumentato per la sesta volta consecutiva dalla autorità di politica monetaria. Non è tutto. Quella straordinaria macchina produttiva che pareva macinare record su record, primo tra tutti l’inclusione di 40 milioni di brasiliani nella classe media, si è inceppata. La produzione industriale dei primi sei mesi del 2015 è caduta del 6,5%, il dato peggiore degli ultimi cinque anni.
Insomma quel processo di deindustrializzazione, che alcuni avevano previsto, pare avviato. Nelson Marconi, economista al Centro Getulio Vargas, spiega il fenomeno: «È fisiologico per tutte le economie industrializzate, che in genere vi approdano a quota 19mila dollari di reddito procapite all’anno. Purtroppo in Brasile è avvenuto a quota 7.500 dollari all’anno». Insomma un parto prematuro, con tutte le complicazioni che ne conseguono.
Olimpiadi e fiducia
È stata la fine della seduzione attrattiva e catalizzatrice, non solo calcistica, di Rio de Janeiro. Quella sconfitta drammatica, il 7-1 patito lo scorso anno dalla Seleção contro la Germania, ai Campionati del mondo di calcio, è l’immagine estensiva di una disfatta. La cidade maravilhosa non si affranca dalla violenza di strada, dalla corruzione. Il doppio appuntamento sportivo, 2014 e 2016, Campionati del mondo di calcio e Olimpiadi di Rio, avrebbe dovuto issare il Brasile tra i Paesi più forti del mondo. Non solo calcisticamente. Invece quella patina di sabbia dorata che pareva avvolgere qualsiasi progetto in Brasile trascolora nel grigio della baia Guanabara, il bacino inquinatissimo che ospiterà le gare olimpiche di vela, nuoto e canoa. Un’indagine rivela la pessima qualità dell’acqua e lancia un allarme sulla capacità di bonificare il bacino nei prossimi mesi. Eppure a Rio i prezzi degli immobili superano i 8mila dollari al metro quadrato. C’è chi parla di bolla speculativa, pronta a scoppiare dopo le Olimpiadi del prossimo anno. Con capitali in uscita dal Brasile e da Rio. E pensare che gli investitori cinesi, americani, australiani ed europei sbarcati a Rio negli ultimi 10 anni erano pieni di entusiasmo: «Fico!», (che in portoghese significa “rimango qui”, ndr). Ora molti di loro hanno stanno preparando le valigie.
Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 9/8/2015