Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 9/8/2015, 9 agosto 2015
PER I «BIG» DI PIAZZA AFFARI UTILI IN CRESCITA A 12 MILIARDI
Il ritorno alla crescita nell’Eurozona, l’effetto benefico del cambio dell’euro debole sul dollaro e il bazooka di Francoforte mettono le ali ai profitti delle big company italiane. La stagione dei conti semestrali per il paniere delle 40 blue chip quotate sul listino Ftse/Mib si è appena chiusa (mancano all’appello solo Exor e Ferragamo che daranno i risultati dopo Ferragosto) e il dato mostra in generale un progresso degli utili. Il monte-profitti cumulato sale infatti sopra quota 12 miliardi. Il risultato che vede un progresso marginale sul semestre 2014 è inficiato dal crollo dei profitti dei due titoli petroliferi Eni e Saipem, che hanno pagato dazio alla brusca caduta del greggio. Per Saipem, finita in perdita per 920 milioni, c’è stata in più la poderosa pulizia dei bilanci seguita allo scandalo tangenti. Tra Eni e Saipem infatti la contrazione degli utili rispetto a un anno fa è stato di oltre 2,4 miliardi. Un apporto negativo. Senza questo, i profitti dell’intero listino sarebbero saliti di un buon 20% su base annua. A fare da contraltare alla cattiva salute dei titoli legati al greggio ci sono in prima fila i titoli finanziari.
A tirare la volata , non a caso, i titoli del risparmio gestito. Complice la corsa delle Borse e in generale degli asset finanziari, società come Azimut e Mediolanum hanno registrato tassi record nella raccolta delle masse gestite. E più le masse crescono più salgono ricavi e utili. Azimut ha registrato un aumento degli utili in 12 mesi del 120%; Mediolanum del 38%. Il settore bancario (vedi articolo a fianco) per il listino milanese è centrale (nel bene e nel male) dato l’alto peso specifico del comparto sulla capitalizzazione totale. Ebbene, dalle banche in generale è arrivato il segnale della riscossa. Basti vedere i profitti registrati da Intesa Sanpaolo, cresciuti addirittura del 178% su base annua. O quel raddoppio degli utili fatto segnare dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna. E che dire del deciso cambio di passo del Banco Popolare, che è passato da soli 6 milioni di utili del giugno 2014 a 293 milioni un anno dopo.
E poi la prima banca d’affari italiana, Mediobanca, che ha chiuso i 12 mesi con un rialzo dei profitti netti del 27%. Persino Mps, reduce da anni di perdite miliardarie, ha visto virare in positivo i suoi conti per 193 milioni dalle perdite per 353 milioni di giugno 2014. La svolta per i titoli del credito è il risultato delle maxi-pulizie dai crediti malati, operati negli anni scorsi, che avevano mandato in perdita molti protagonisti del settore. Una stagione, quella delle maxi-svalutazioni, che dovrebbe avere chiuso il suo ciclo più doloroso. In più le banche hanno beneficiato di una forte ripresa grazie al trading finanziario che ha tamponato la stasi dei ricavi da interesse. Bene anche i due assicurativi (Generali e UnipolSai, cresciuti rispettivamente del 21% e del 31%).
Se per le banche (non solo in Italia) il paracadute offerto da Draghi con il Qe e la prospettiva di una crescita economica che aumenti gli impieghi sono il viatico per un buon 2015, in grande spolvero ci sono i titoli del made in Italy forti esportatori. Nel listino principale continua la forte marcia della redditività crescente un titolo come Luxottica, che vanta oltre il 90% del suo fatturato all’estero e che ha visto gli utili netti salire del 29% in un anno. Altro grande macinatore di profitti è Campari (+36% l’utile rispetto a giugno 2014), mentre Moncler ha addirittura visto salire i profitti dell’88%. Sono realtà che strutturalmente vantano alti margini e che hanno beneficiato anche dell’effetto cambio.
In forte progresso anche l’auto, con Fca che ha cumulato 398 milioni di utili dalla perdita per 14 milioni del semestre 2014. Male invece la consorella Cnh che ha pagato la crisi del settore macchine agricole con un calo di oltre il 67% del monte utili. In crescita più che soddisfacente per essere titoli molto legati al mercato domestico, le utility: Enel ha aumentato i profitti del 10%; Terna del 13%; Snam del 9% e A2a del 56%. In difficoltà oltre ai petroliferi anche Tenaris che ha visto scendere l’utile netto del 61% e Autogrill, in contrazione del 34%. A pesare anche sul monte-profitti complessivo del Ftse/Mib un titolo pesante come Telecom Italia, che ha visto nell’arco di un anno scendere il suo apporto per oltre mezzo miliardo.
Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 9/8/2015