Alain Elkann, La Stampa 9/8/2015, 9 agosto 2015
“LA MIA TRIPLA VITA? LAVORO 15 ORE AL GIORNO E NON MI ANNOIO MAI”
[Intervista a Sir Howard Davies] –
Sir Howard Davies sarà il nuovo presidente della Royal Bank of Scotland. Presiede la British Government’s Airport Policy Review e insegna a Sciences Po a Parigi. È stato anche nominato presidente della London Library.
Qual è il suo principale lavoro?
«Al momento presiedere una compagnia di assicurazioni sulla vita, la Phoenix. Quindi diventerò presidente della Royal Bank of Scotland. Inoltre insegno in due corsi a Sciences Po a Parigi».
Cosa insegna?
«Tengo un corso sulle regole della finanza globale e un altro sulle banche centrali e le loro politiche».
È impegnato anche nelle istituzioni culturali?
«Sovraintendo alle finanze del National Theatre e sono presidente della London Library. Mi sono sempre impegnato nel campo della cultura».
Come riesce a conciliare queste tre differenti vite?
«Immagino di essere abbastanza fortunato. Spesso non è possibile fare queste tre cose insieme. Penso si completino a vicenda in un modo molto proficuo e interessante e questo mi mantiene vivo. Credo che si tratti di attività complementari. Di questi tempi c’è un grande interesse per quello che fanno le banche e l’insegnamento mi tiene in contatto con il pensiero accademico e con le giuste regole».
Come organizza la sua vita?
«Lavoro sodo dalle 8 di mattina alle 11 di sera. Sono molto attivo e poiché devo occuparmi di cose diverse non mi annoio mai».
E questo autunno il suo lavoro principale cambierà?
«Sì. La Royal Bank è all’80% di proprietà del governo e l’idea è che dovrebbe vendere la sua quota nel giro dei prossimi cinque anni. Si tratta di un valore di 30 miliardi di sterline così staremo a vedere se si riuscirà a concludere tutto nei prossimi cinque anni».
Una bella sfida. Qual è il suo ruolo?
«Consiste nel sovrintendere all’amministrazione della banca. Il governo possiede le quote e intende venderle».
Com’è la situazione finanziaria nel mondo?
«La cosa più importante è l’enorme massa di liquidità da investire. Tenere i soldi in banca non rende nulla. Così c’è un mucchio di denaro che aspetta di essere investito. La Borsa è positiva perché i tassi di interesse sono stati tenuti molto bassi e al momento le condizioni finanziarie sono piuttosto favorevoli, ma all’orizzonte si profilano delle minacce».
Come il rallentamento della Cina?
«I cinesi hanno annunciato che vogliono frenare la loro economia. Il nervosismo nasce dal fatto che potrebbero rallentarla troppo e questo avrebbe un impatto sul resto del mondo. Ma la preoccupazione maggiore è soprattutto per i Paesi produttori, come Australia, Indonesia e Brasile, che esportano merci».
E i i tassi d’interesse?
«La seconda minaccia è l’impatto dell’aumento dei tassi d’interesse negli Usa, probabilmente nel Regno Unito, ma non ancora nell’Europa continentale».
Questo la preoccupa?
«Non particolarmente. Sarà il rialzo dei tassi d’interesse meno sorprendente della storia. Se crescono gradualmente, è una buona cosa. Freneranno i rialzi della Borsa, forse, e scongiureranno, speriamo, il rischio di una bolla speculativa».
E il mercato immobiliare?
«A Londra i prezzi sono piuttosto alti e continuano a salire del 10-15% l’anno e questo rende molto difficile per i giovani comprare una casa. È un mercato artificiale».
Qual è la sua maggiore preoccupazione?
«Ancora l’Eurozona. Non c’è stato panico, ma l’ Eurozona in sei anni è a malapena cresciuta tra lo zero e l’1%. Gli Usa sono cresciuti molto di più. Il Regno Unito ha avuto maggiori problemi, perché il nostro settore finanziario è più sviluppato e ha risentito maggiormente della crisi. Siamo andati peggio della Francia, ma ora stiamo crescendo di più».
Ma questa crescita durerà?
«A causa dei problemi in Europa la sterlina cresce a dispetto dell’euro. Questo influisce sulle nostre esportazioni verso l’Europa e sul nostro turismo. Il tasso di disoccupazione continua a scendere e cresciamo del 2-3% annuo».
Quale sarà il risultato del referendum inglese sull’Unione europea?
«Penso che il governo voglia arrivare a una qualche forma di rinegoziazione e poi esprimersi per il sì. Penso che sia probabile che restiamo nell’Unione. I sondaggi sono favorevoli».
Qual è il più grande problema dell’Europa?
«L’Eurozona non è completa. È un progetto che non ha ancora il collante politico per funzionare. Occorre una serie di meccanismi senza i quali si crea una crescente divisione tra creditori e debitori».
Come nel caso della Grecia?
«Sì, i debitori sono i greci, gli italiani, gli spagnoli e i portoghesi. I francesi non sanno bene cosa sono».
Pensa che la Germania abbia troppo potere nell’Unione?
«A me pare che in certi campi la Germania non sia preparata a esercitare il suo potere. I tedeschi non sono pronti ad agire militarmente. Se la Germania detta la linea in politica estera e ritiene di non dover mai intervenire, questo è un problema. Ci sono circostanze in cui si deve intervenire. Ad esempio, se i russi decidono di prendersi l’ Estonia o la Lituania, altrimenti a cosa serve l’Europa? I tedeschi sono prigionieri del proprio passato. Sono il Paese dominante ma non vogliono agire».
E gli Stati Uniti?
«Sono ottimista. Penso che abbiano avuto un’ottima ripresa e sono ancora notevolmente innovativi e dinamici e creano nuova occupazione a un ritmo rispettabile. È probabile che il dollaro si rafforzerà».
Sarà un problema per gli Usa?
«L’ascesa del dollaro non avrà grandissime conseguenze e porterà dei benefici, come il calo del costo delle merci».
E i Paesi emergenti?
«È interessante notare quanto le loro valute scendano per via della caduta dei prezzi delle merci. Sono più competitivi come paesi manifatturieri, ma le loro economie crescono meno a causa del minore volume di esportazioni».
Alla fine è ottimista?
«Sì. All’inizio della crisi ero pessimista. Pensavo fossimo al disastro. Ma ora mi pare che molte paure siano state sovrastimate».
Traduzione di Carla Reschia
Alain Elkann, La Stampa 9/8/2015