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 2015  agosto 09 Domenica calendario

SE L’ALGORITMO DI GOOGLE DECIDE LE ELEZIONI

Le prossime elezioni potrebbe deciderle Google, o anche Facebook, o qualche altro motore di ricerca e social media. Senza volerlo, magari. O forse sì.
Il sospetto di un «complotto digitale» c’è sempre stato da quando l’informazione viaggia sempre più su computer, tablet e smartphone, ma adesso la conferma sembra venire da uno studio dell’American Institute for Behavioral Research and Technology, riportato dalla rivista «Wired». Il punto è che l’algoritmo con cui i motori di ricerca selezionano le risposte fornite agli utenti di Internet non è neutrale e ha un impatto sull’esito delle elezioni, se le notizie cercate riguardano i candidati.
LE RICERCHE MIRATE SUL WEB
Robert Epstein, autore dello studio, ha fatto prima un esperimento in laboratorio collegato al voto del 2010 in Australia. Ha suddiviso i partecipanti in tre gruppi, che simulavano ricerche su Internet per avere informazioni sui candidati: il primo gruppo riceveva informazioni positive su un politico, il secondo su un altro, e il terzo casuali. Nel 48% dei casi, gli elettori hanno votato per il candidato su cui avevano letto i primi risultati positivi della ricerca. Epstein ha definito questo fenomeno il «vote manipulation power», Vmp, e ha cercato di riprodurre l’esperimento durante una consultazione vera, la Lok Sabha del 2014 in India. Risultato: fra il 24 e il 72% degli elettori ha scelto di votare sulla base dell’influenza del Vmp.
«NON SIAMO MANIPOLATORI»
Google, interpellata sul valore di questo studio, ha risposto che il suo algoritmo è troppo prezioso per manipolarlo. Lo sviluppano molte persone, viene aggiornato in continuazione, e quindi non può essere indirizzato per favorire un candidato politico o un altro.
Diversi analisti sentiti da «Wired», però, non sono d’accordo. Secondo loro gli algoritmi non possono essere neutrali per natura, perché riflettono comunque le sensibilità di chi li scrive, e quindi pure quelli di Google sono manipolatori, anche se la compagnia fa tutto il possibile per evitarlo.
Inoltre esiste un altro rischio. Durante le elezioni congressuali del 2010 Facebook inviò un invito a votare a 61 milioni di utenti, che risultò in 340.000 presenze in più ai seggi. Il social media fondato da Zuckerberg dice che i destinatari delle sollecitazioni erano casuali, ma se invece fossero stati scelti per raggiungere soprattutto i sostenitori di un partito, potevano cambiare il risultato.
p. mas., La Stampa 9/8/2015