Massimo Gaggi, Corriere della Sera 9/07/2015, 9 luglio 2015
SCHUMER, IL SENATORE DEL «NO» IN NOTTURNA
Più ancora del «no» di Chuck Schumer all’accordo con l’Iran sul nucleare, a far infuriare la Casa Bianca è stato il modo nel quale l’influente senatore democratico, un ebreo eletto a New York, l’ha comunicato. Non tanto l’ora scelta: le dieci di sera di giovedì, durante il dibattito repubblicano di Cleveland. Schumer ha cercato di togliere visibilità a una decisione che deve essere stata, per lui, assai sofferta. A preoccupare il team di Obama è la scelta di Schumer di uscire allo scoperto con oltre un mese d’anticipo, visto che il Congresso voterà a ridosso della scadenza del 16 settembre. Obama ha fatto di tutto per convincere il senatore che quella siglata a Vienna è la migliore intesa possibile. Il parlamentare è stato varie volte alla Casa Bianca, gli esperti del governo hanno risposto per ore a centinaia di richieste di chiarimenti. Ma il presidente sapeva che Schumer, eletto a New York da una base «liberal» sostanzialmente favorevole all’intesa con Teheran, ha fortissimi legami col mondo ebraico. E l’Aipac, la «superlobby» contraria all’accordo, l’ha letteralmente messo sotto assedio inviando ben 60 attivisti nel suo ufficio.
La sua defezione su un nodo così delicato ci poteva anche stare. Schumer, però, non è un senatore qualunque: tra un anno, col ritiro di Harry Reid, dovrebbe diventare il leader dei democratici al Congresso. Si possono affidare le chiavi del gruppo parlamentare a un leader che volta le spalle al suo presidente su uno degli atti più importanti del suo mandato? Anche se qualche ex del team Obama ora accenna a una riconsiderazione della questione leadership, i precedenti non mancano. Basti pensare a quello recentissimo del Tpp, il via libera al trattato di libero scambio coi Paesi asiatici, osteggiato anche da Nancy Pelosi, capo dei democratici alla Camera. Ma la differenza sta proprio qui: la Pelosi annunciò la sua scelta all’ultimo momento, lasciando a Obama il tempo di fare campagna tra gli altri deputati. La sortita anticipata di Schumer rende più difficile il lavoro di «reclutamento» della Casa Bianca. Che, al momento, minimizza: solo 7 deputati e 5 senatori democratici hanno detto che non sosterranno l’accordo. Ma l’obiettivo di mettere insieme una «minoranza di blocco» di 40 senatori sta svanendo. Il Congresso voterà contro l’accordo, costringendo Obama a usare il suo potere di veto. Per difendere il quale avrà bisogno di almeno 34 senatori. A oggi i numeri sono dalla sua parte, ma la volata è lunga e la pressione della «lobby» ebraica in Congresso è fortissima.