Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 24/07/2015, 24 luglio 2015
SMERALDI, ORO E RUBINI. UNA COLLEZIONE DA FAVOLA
Sembrano uscite direttamente dai racconti di «Le mille e una notte» le opere esposte nella mostra che si inaugura oggi alle Scuderie del Quirinale. Candelieri e vasi in metallo lavorati con un virtuosismo spettacolare; vetri soffiati e molati in cui la decorazione lascia il posto alla purezza delle forme; ceramiche in cui prevale la grande padronanza del colore; scimitarre con l’impugnatura tempestata di rubini e smeraldi; avori traforati come merletti; tessuti impreziositi da fili d’oro e d’argento; piatti e fregi di legno intagliato; pagine miniate fitte di personaggi; tappeti e pedine del gioco degli scacchi in cristallo di rocca; incensieri e spargiprofumi, astrolabi e frammenti architettonici, pergamene e scuri di finestre, capitelli e forchettine a due rebbi, antenate delle nostre posate. In un crescendo che culmina nella raccolta di gioielli, in gran parte provenienti dall’India e risalenti alla dinastia Moghul, che regnò tra il 1526 e il 1858. Sono 360 i pezzi della mostra «Arte della Civiltà Islamica. La collezione al-Sabah, Kuwait», che si inaugura oggi alle Scuderie del Quirinale, dove resterà aperta fino al 20 settembre. Costata un milione di euro (interamente a carico del Kuwait) e curata da Giovanni Curatola, l’esposizione attraversa millequattrocento anni di storia dell’arte islamica. Si comincia dal settimo secolo, quando la rapida avanzata dell’Islam porta i musulmani da una parte a contatto con l’impero bizantino, già erede di Roma, e dall’altra con il regno iraniano sasanide. È il periodo in cui il linguaggio artistico islamico risente degli influssi occidentali, soprattutto per quanto riguarda la produzione vetraria, e di quelli orientali per la lavorazione dei metalli. Dalla sintesi di queste due correnti si svilupperà poco a poco un alfabeto artistico del tutto originale, in cui la grafica diventa sempre più raffinata, con temi geometrici e vegetali, anche astratti. La piena maturità espressiva arriva con la dinastia dei Mamelucchi, tra il 1250 e il 1517, che realizzano le grandi architetture del Cairo e creano i meravigliosi tappeti a decorazione geometrica che arrivano anche nei palazzi nobiliari di mezza Europa e accendono la fantasia degli artisti rinascimentali, i quali li riprodurranno nelle loro opere. Si arriva all’epoca dell’impero turco degli Ottomani e a quello indiano dei Moghul, e siamo all’apogeo della cultura artistica islamica. La storia della collezione, a cui appartengono gli oggetti esposti, viaggia in parallelo al percorso cronologico della mostra. Comincia esattamente quarant’anni fa, un giorno di luglio del 1975, quando Nasser Sabah Ahmed al-Sabah, figlio dell’allora sceicco del Kuwait, mostrò alla moglie Hussah una bellissima bottiglia in vetro smaltato di epoca mamelucca, comprata durante un viaggio. Fu l’inizio dell’avventura. In otto anni la coppia mise insieme circa ventimila opere di arte islamica. Il 23 febbraio 1983, in occasione della festa nazionale del Kuwait, Nasser e Hussah offrirono in prestito permanente la collezione al Museo nazionale del loro paese. Il 2 agosto 1990 il Kuwait fu invaso dall’Iraq che fece razzia nel museo. Si salvarono solo le centosette opere che pochi giorni prima della tragedia erano partite per una mostra itinerante in Europa, giunta anche a Firenze nel 1994. In seguito, anche le altre furono recuperate a Baghdad: oggi la raccolta conta circa trentacinquemila oggetti ed è considerata una delle collezioni medio-orientali più complete e prestigiose al mondo. Catalogo Skira.
Lauretta Colonnelli