Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 27/06/2015, 27 giugno 2015
LIQUORI E BICICLETTE SCELGONO L’ARTE PER FARSI NOTARE
«Anche la pubblicità e gli affari sono elementi poetici», affermava provocatoriamente Tristan Zara, nel manifesto Dada degli anni Venti del ‘900. Oggi è la pptArt, sigla che definisce un gruppo misto di esperti d’arte e di business administration, a lanciare on-line il manifesto che invita a vedere come oggetto artistico il mondo aziendale, considerato di solito un’entità fredda e impersonale, relegato tuttalpiù al ruolo di mecenate passivo di eventi culturali che non hanno legami diretti con l’impresa. È nata da questa ipotesi la mostra «Corporate Art. L’azienda come oggetto d’arte», aperta fino all’11 ottobre alla Galleria nazionale d’arte moderna, che pptArt ha organizzato insieme alla Galleria e alla Luiss Creative Business Center. La rassegna propone oltre settanta opere di artisti contemporanei italiani e internazionali, accanto a lavori realizzati da artisti storici per liquori, motorini, imprese petrolifere, biciclette. Il percorso, curato da Luca Desiata, procede in ordine cronologico. Si parte dagli anni Venti del secolo scorso, quando il manifesto pubblicitario assunse anche in Italia un ruolo preponderante nel campo della comunicazione, diventando il veicolo principale di una nuova immagine del Paese, che si voleva svelta e audace. Si dedicarono così alla réclame i più grandi artisti dell’epoca, da Balla a Depero, da Prampolini a Sironi. E la ricerca continuò nei decenni successivi. In mostra si possono vedere le opere di Mario Mafai e Renato Guttuso per il caffè Strega di via Veneto, e un quadro recente di Mimmo Paladino, virato nelle tonalità del giallo acido, lo stesso colore del famoso distillato. C’è una Vespa che sembra un fumetto, serigrafata con immagini astratte da Ugo Nespolo, l’artista che quest’anno ha creato anche l’incarto per il gianduiotto, nella ricorrenza del 150° anniversario della fabbrica di cioccolato. C’è perfino un artista di strada, che si firma Bicio ma in realtà si chiama Fabrizio Folco Zambelli, il quale ha decorato i pannelli delle macchine da caffè con motivi africani per ricordare gli investimenti in Tanzania della fabbrica fiorentina che le produce. E ci sono le opere nate non per fare pubblicità ma che si ispirano comunque al prodotto di un’azienda. Come le rielaborazioni grafiche di una nota carta di credito, realizzate da Gianluigi Colin con pigmenti naturali su carta da quotidiano pressata. La testa del dio Mercurio accanto al marchio della banca, virati nei toni del nero; gli strati di carta sovrapposti e stropicciati; le misure dilatate fino a un metro e mezzo per oltre due: Colin è riuscito trasformare una tessera plastificata nella rovina di un’opera monumentale.
Lauretta Colonnelli