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 2015  giugno 23 Martedì calendario

LEONARDO VECCHIO E SEVERO ARRIVATO (IN INCOGNITO) DENTRO I MUSEI CAPITOLINI

LEONARDO VECCHIO E SEVERO ARRIVATO (IN INCOGNITO) DENTRO I MUSEI CAPITOLINI - Per arrivare da Milano a Roma, Leonardo da Vinci impiegò tre mesi. Il suo celebre Autoritratto, qualche giorno fa, ha percorso in appena quattro ore il tragitto Torino-Roma, a bordo di un Frecciarossa di Trenitalia. Viaggio tenuto segreto fino all’ultimo, per ragioni di sicurezza. Leonardo partì da Milano il 24 settembre 1513, invitato da Giuliano de’ Medici, fratello di quel Giovanni che era stato appena eletto papa col nome di Leone X. Giunse nella Città Eterna poco prima di Natale. Vi rimase fino alla seconda metà del 1516, quando, sentendosi escluso dalle grandi opere che fervevano all’epoca nell’Urbe, emigrò in Francia al servizio di Francesco I. Risale proprio a questo periodo, tra il 1515 e il 1516, il disegno a sanguigna, che reca in basso la sua firma e la scritta «Ritratto di lui stesso assai vechio». Si potrà vedere fino al 3 agosto ai Musei Capitolini, nella mostra inaugurata ieri, organizzata dall’associazione Metamorfosi con il supporto di Zètema, e lanciata come la prima esposizione pubblica a Roma del capolavoro. Ma non è la prima volta che il piccolo disegno, appena 33,3 centimetri per 21,3, soggiorna in città. Vi arrivò in incognito durante l’ultima guerra, e fu ricoverato al Quirinale, per salvarlo dai bombardamenti e dalle razzie dei nazisti. Vi è tornato nel 2012 per un esame diagnostico presso l’Istituto centrale per il restauro dei libri. C’è chi ipotizza addirittura che Leonardo l’abbia eseguito a Roma, come ha ricordato ieri il sovrintendente capitolino alla cultura Claudio Parisi Presicce, e non in Francia, come sostengono altri studiosi. Certo è che ritrae il volto dell’artista nell’epoca compresa tra il soggiorno romano e quello francese: il volto di un uomo ultrasessantenne, con rughe profonde e lo sguardo corrucciato che sembra emergere dagli abissi del tempo. Certo è che si tratta dell’«unico ritratto autentico di Leonardo da Vinci», come afferma anche André Chastel. E nell’immaginario di tutto il mondo, questo volto pensieroso e severo è diventato il volto ufficiale del genio del Rinascimento. Accadde nel 1839, quando un antiquario di Torino si presentò con questo foglio, fino ad allora sconosciuto, al bibliotecario di Carlo Alberto. Il re dette ordine di acquistare l’intera collezione di disegni proposta da Volpato. Ma il fiore all’occhiello della raccolta fu da subito considerato il capolavoro di Leonardo. Per la diffusione di massa dell’immagine bisognò tuttavia aspettare l’arrivo della fotografia. Nel 1888 il disegno venne riprodotto in fototipia da Pietro Carlevaris per essere donato al re. Dieci anni dopo furono i fratelli Alinari a replicare l’Autoritratto in fac-simile. Da allora il Leonardo vecchio e severo della Biblioteca Reale ha rovesciato l’immagine dell’artista da giovane tramandata dai contemporanei, che lo descrivono ancora a cinquant’anni con lineamenti bellissimi, il naso sottile sulla bocca regolare, il labbro inferiore svogliatamente sporgente, il corpo ben proporzionato, il portamento elegante. Si aggirava per Firenze, libero e sfrontato, seguito da uno stuolo di allievi e dallo sguardo ammirato e inquieto dei concittadini. Con i capelli fino alle spalle, le calze rosa, un pitocco rosato corto sino al ginocchio, quando si usavano vestiti lunghi. Insomma, una specie di hippy. Prima dell’esposizione ai Capitolini, il disegno, che proviene dalla mostra torinese di Palazzo Madama, ha fatto di nuovo una sosta all’Istituto del restauro. La direttrice, Maria Cristina Misiti, dice che, rispetto a tre anni fa, è molto aumentato il degrado della cellulosa. E ammonisce di evitare il più possibile le occasioni espositive. Chissà quando lo rivedremo.
Lauretta Colonnelli