Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 05/04/2015, 5 aprile 2015
GLI INGANNI VISIVI DI ANDREA POZZO NEL CORRIDOIO DI IGNAZIO
Tutti conoscono gli effetti speciali creati da Andrea Pozzo nel dipingere la finta cupola della chiesa di Sant’Ignazio. Ma ben pochi sanno che il frate pittore, prima di dedicarsi a questa cupola, realizzò un’opera ancor più stupefacente: gli affreschi del corridoio che introduce alle quattro stanzette della Casa professa dei gesuiti, a fianco della chiesa del Gesù, dove Ignazio di Loyola visse negli ultimi anni e dove morì nel 1556. Pozzo riuscì a creare, in questa specie di scatola dalle pareti sghembe, un’architettura simulata che trasfigura lo spazio. Si cammina lungo i tredici metri e mezzo della lunghezza e a ogni passo tutto l’affresco si muove intorno a noi: le travi dipinte sulla volta si incurvano lateralmente, le mensole che le sorreggono sembrano sul punto di cadere, gli architravi paiono flettersi fino a diventare fluidi, le figure che raccontano i miracoli del santo si deformano fino ad assumere sembianze mostruose, le colonne dell’arco trionfale sembrano insistere su un pavimento che diventa sempre più scosceso man mano che si avanza. Ma se il visitatore si ferma al centro del corridoio, in un punto preciso che Pozzo segnò con un rosone di marmo, sotto l’affresco che rappresenta la gloria di Ignazio, l’architettura dipinta si offre improvvisamente nella perfezione del suo rigore prospettico, il caos lascia il posto all’armonia, il tripudio di colori e di luce dorata conducono all’allegrezza spirituale predicata da Ignazio. Per dire la verità occorre mentire, sosteneva il gesuita spagnolo Balthasar Gracián, ribadendo non soltanto una visione teologica, ma anche un aspetto fondamentale dell’estetica barocca, fondata sull’inganno. Se la visione del divino, per essere credibile, non può fare a meno dell’artificio, Pozzo mette in scena un gioco di distorsioni, di inganni visivi, che svaniscono quando finalmente si trova il punto di vista giusto. Per Pozzo era il punto di vista della fede. Con l’occhio della fede, il pittore gesuita trasfigura uno spazio angusto e storto in una visione di gloria che si apre sull’infinito. Questo corridoio si può visitare ogni giorno, da lunedì a sabato dalle 16 alle 17, la domenica dalle 10 alle 12 (piazza del Gesù 45). L’ingresso è libero. Eppure è difficile incontrarvi visitatori italiani. Stranieri sì, soprattutto francesi. Ora Lydia Salviucci Insolera, storica dell’arte, racconta la storia del capolavoro nel volume intitolato «Andrea Pozzo e il Corridoio di Sant’Ignazio», edito da Artemide. La studiosa ha seguito i restauri avvenuti tra il 1990 e il 1991, ha condotto una lunga ricerca negli archivi, ha cercato di decifrare gli elementi nascosti negli affreschi. Oltre al ricchissimo apparato di illustrazioni, il volume contiene gli interventi di altri studiosi. Come Maurizio De Luca, direttore dei restauri, sulla questione della quinta finestra dipinta da Jacques Courtois, detto il Borgognone, ma rimasta a tutt’oggi coperta. O Filippo Camerota, vicedirettore del Museo Galileo di Firenze, che ricostruisce le singole fasi della tecnica prospettica ideata da Pozzo per il corridoio. O di Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele di Milano, su alcune interpretazioni teologiche delle pitture. Questo libro di Salviucci Insolera è il primo sul corridoio. Ne ripercorre le vicende dal 1622, quando la canonizzazione di Ignazio, trasformò le stanzette da lui abitate in luogo di continuo e affollato pellegrinaggio. Si accedeva a queste stanze dal lungo corridoio che serviva anche gli altri ambienti del convento, ancora abitato dai gesuiti. Cardinali e principi che arrivavano con il loro seguito si incrociavano continuamente con le attività quotidiane dei religiosi affaccendati tra la cucina e il refettorio, l’infermeria e le camere da letto. Occorreva separare le stanze di Ignazio da tutto il resto del convento. Il problema restò insoluto fino al 1682, quando il padre generale, Giovanni Paolo Oliva, chiamò Andrea Pozzo, già noto per essere un bravo pittore e architetto. Pozzo isolò con una parete il tratto di corridoio davanti alle stanzette e lo trasformò nel luogo fantasmagorico che ancora oggi suscita meraviglia.
Lauretta Colonnelli