il Fatto Quotidiano 8/8/2015, 8 agosto 2015
MISTER BIENNALE, IL BOIARDO BARATTA SALVA LA POLTRONA
Come funziona la burocrazia in soccorso dei boiardi di Stato: una manina anonima, un guazzabuglio normativo, poche righe per consentire a Paolo Baratta, classe ‘39, il terzo mandato (il quarto in totale) da presidente della Biennale di Venezia, società che organizza la mostra del cinema e le esposizioni di architettura e arte.
A pagina 42 di un testo di legge di 432 fogli – il ddl di conversione del decreto di Palazzo Chigi sugli enti territoriali, approvato il 5 agosto a Montecitorio – c’è un capitoletto che s’intitola “misure per la città di Venezia”. Fin qui è liscio. Poi s’aggroviglia: “Al decreto legislativo 28 gennaio 1998, n. 19, sono apportate le seguenti modifiche: all’articolo 7, comma 3, le parole: ‘una sola volta’ sono sostituite dalle seguenti: ‘non più di due volte’”. A prima lettura, sembra il bugiardino di una compressa per il mal di testa, invece riguarda il limite di riconferme consecutive per la Biennale di Venezia: non più una, recita la legge, ma due di fila. Perfetto per le esigenze di Baratta, in sella da sette anni, che in autunno scade da doge della cultura di Venezia. Ma desidera proseguire fino al 2019.
Il “salva Baratta” non risultava nel provvedimento emanato da Matteo Renzi in Consiglio dei ministri, compare dopo l’esame in Parlamento. E con quella ostica correzione. Non è una paranoia da legulei, ma un intervento essenziale per spingere Baratta verso l’ennesimo quadriennio a Venezia: esordio nel ’98 su ispirazione di Walter Veltroni, pausa con l’avvento di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, rientro immediato nel 2008 assieme a Romano Prodi al governo e prima riconferma a fine 2011 con i tecnici di Mario Monti.
Il milanese Baratta è un ircocervo, metà economista e metà politico, adatto a qualsiasi stagione, a qualsiasi poltrona: ministro nei governi di Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini, adorato da una sinistra tendente al centro, osteggiato a destra dall’ex Cavaliere. Ma sin dal debutto nel ‘67 nell’Associazione per lo sviluppo dell’industria e del mezzogiorno (Svimez), Baratta è un uomo da Prima Repubblica, sempre ondeggiante fra imprese pubbliche e private, dal Cda di Telecom al Cda di Ferrovie. E dunque appare scontato, forse addirittura naturale, il sodalizio che s’è instaurato subito con il ministro Dario Franceschini ai Beni Culturali.
L’ex segretario dem ha un autorevole profilo da Prima Repubblica, anima correnti, disfa governi, organizza sopralluoghi a Pompei. Il sempiterno giovane democristiano di Ferrara fu l’artefice, per conto di Renzi, dell’uscita da Palazzo Chigi di Enrico Letta, nonostante fosse il responsabile dei rapporti con il Parlamento e perciò cerniera fra il renzismo rampante e la ditta di Pier Luigi Bersani. All’improvviso ha lavorato per Renzi accanto a Letta e adesso, tramite Ettore Rosato, controlla il gruppo dem a Montecitorio. Ai Beni Culturali è da mesi che si vociferava di un codicillo per proteggere Baratta, qualcosa di impercettibile, ben nascosto, ma definitivo. Con il decreto sugli enti territoriali, la previsione s’è compiuta. E la legge ad personam – in senso letterale, proprio per una sola persona – certifica che il potere di Baratta è inalterato e non patisce l’erosione del tempo, immune ai numerosi cambi di guardia a Palazzo Chigi.
Il professor Baratta, laureato in Ingegneria a Milano e in Economia a Cambridge, ha referenze di altissimo valore, ma chissà se Renzi, spesso feroce con i pensionati, è informato della questione Biennale Venezia. Sarà un sollievo per il fiorentino, magari, sapere che Franceschini – che ha affidato al medesimo Baratta il bando europeo sui musei – ne è consapevole.
Anzi, dal ministero spiegano che la norma, introdotta da un emendamento di un senatore veneziano che ha ottenuto il parere favorevole del governo, è stata ideata proprio per permettere “continuità al vertice” della Biennale e che sì, annuiscono con molta sincerità, potrà applicarsi a Baratta.
Ora la domanda è ingenua: in autunno, per la presidenza della Biennale, chi proporrà Franceschini in Cdm? Per una volta, la burocrazia aiuta a capire. Baratta, ovvio.
il Fatto Quotidiano 8/8/2015