Guglielmo Buccheri, La Stampa 8/8/2015, 8 agosto 2015
SCUFFET AL COMO DISSE NO A 1 MILIONE PER IL DIPLOMA
Sembrava tutto scritto e, molto, veloce. Simone Scuffet, diciassette anni, un campionato fra le nuvole a togliere palloni dalla porta della sua Udinese, i paragoni (è come Buffon), lo stage in Nazionale con l’allora ct Cesare Prandelli e la chiamata più pesante. «Siamo i vice campioni d’Europa dell’Atletico Madrid, vieni da noi?», così al telefono dalla Spagna. Dieci milioni al club friulano, poco meno di uno a stagione (per cinque anni) a Simone e l’affare era fatto.
Fatto e, subito, saltato. Un anno fa di questi tempi, la storia si trasformò in cronaca: Scuffet disse no a Diego Simeone, allenatore della squadra di Madrid che aveva appena vinto la Liga davanti a Barcellona e Real, perché «...Udine è la città ideale per crescere e, perché, devo prendere il diploma...». Oggi, il diploma è nel cassetto, 72 il voto, «La tassazione sui diritti di immagine dei calciatori...», il titolo della tesina. E, nel futuro, immediato, del giovane portiere nato in un paesino, Remanzacco, a due passi da Udine, c’è il Como, la serie B, una stagione in prestito per tornare, poi, a casa. L’Atletico Madrid è un ricordo sbiadito, così come il salto triplo di stipendio, dai circa 300 mila euro garantiti dall’Udinese al già citato quasi milione di euro all’anno. Simone, ad Udine, è rimasto per finire in panchina e per spiccare, dodici mesi dopo, un volo molto meno affascinante sul lago: a Scuffet il calcio italiano guardò come ad un extraterrestre che, consigliato da mamma Donatella e papà Fabrizio, aveva voltato le spalle alla fortuna. «Io mi confronto sempre con la mia famiglia. E dire no alla Spagna per il diploma non è stato un peso...», ha più volte detto il portierino friulano. Simeone non capì, in molti non compresero. La B non è la Liga, ma Scuffet ci atterra con il peso di un esame, il diploma alla scuola Deganutti, che «mi aiuterà nella vita...». La sua sembrava una storia scritta e senza curve: sembrava perché il finale ha colto tutti in contropiede.
Guglielmo Buccheri, La Stampa 8/8/2015