Benedetta Craveri, la Repubblica 8/8/2015, 8 agosto 2015
Biografia di Louis de Narbonne
«Non credo che tra la fine del secolo scorso e i primi anni del nostro ci sia stato uno spirito più originale e più colto, un cuore più generoso, un uomo più amabile, più ardito, più sensato, più capace di grandi cose del conte Louis de Narbonne. Solo la fortuna gli ha fatto difetto». Nel 1856, all’apice di una brillante carriera accademica, l’ex ministro della Pubblica istruzione, Abel-François Villemain, rendeva giustizia alla memoria del grande signore, ormai scomparso da oltre quarant’anni, che lo aveva iniziato per primo alla riflessione politica e alla vita sociale, consacrandogli un bellissimo ritratto. Ma le occasioni perdute del conte non erano, a ben vedere, anche quelle della monarchia francese che non aveva saputo rinnovarsi, della Rivoluzione che aveva tradito il sogno liberale del 1789, di Napoleone che non era riuscito a imporsi un limite?
Chi era dunque il conte di Narbonne? Il “bel Louis” — come l’avrebbero chiamato le donne della sua generazione — era venuto al mondo a Colorno, dove la madre era dama d’onore della duchessa di Parma, figlia primogenita di Luigi XV, e la sua nascita aveva scatenato le illazioni più fantasiose. La sola cosa certa era che non poteva essere figlio del conte di Narbonne, a cui una ferita di guerra aveva tolto «ogni speranza di posterità». La voce più insistente era quella che attribuiva a Luigi XV la paternità del bambino che col passare degli anni avrebbe rivelato una impressionante somiglianza con il Bien Aimé.
Ad avvalorare quest’ipotesi si aggiunse il favore straordinario di cui continuò a godere la contessa di Narbonne che, morta la duchessa di Parma, era tornata in Francia dove dirigeva con pugno di ferro la “casa” delle due figlie del sovrano rimaste a Versailles. È lì che egli passò un’infanzia felice nell’intimità della famiglia reale. Il Delfino si interessò ai suoi studi, ebbe come compagni di giochi il futuro Luigi XVI e si provvide a dargli un’educazione fuori dal comune in vista di una grande carriera. A una prima formazione umanistica fece seguito quella militare, imparò l’inglese e il tedesco, si dedicò allo studio del diritto e della storia, venne istruito sul funzionamento del ministero degli Affari esteri e, a soli ventitré anni, venne nominato colonnello.
L’ambizione, l’applicazione allo studio, il lavoro non impedirono a Louis di condurre la vita spericolata dei giovani signori della sua estrazione sociale come il cavaliere di Boufflers, il duca di Lauzun, i due fratelli Ségur. Era allegro, edonista, libertino, con le mani bucate e, stanche di pagare i suoi debiti, Madame Adélaide e sua madre gli diedero in moglie l’erede di una grande fortuna.
La giovane contessa si innamorò pazzamente del marito, ma mentre lei provvedeva a mettere al mondo due figlie, il conte viaggiava per l’Europa con l’incantevole Louise Contat, l’attrice più applaudita del momento. Tuttavia, con l’avvento al trono di Luigi XVI, il conte dovette prendere atto che il favore reale gli stava voltando le spalle. Il nuovo sovrano disapprovava il libertinaggio, Maria Antonietta detestava le zie del marito e per fare loro dispetto si oppose alla candidatura di Narbonne all’ambasciata di San Pietroburgo. Madame Adélaide si consolò facendo il conte suo cavaliere d’onore e assicurandogli il comando di un reggimento, ma l’atteggiamento vendicativo e ostile di Maria Antonietta incrinò i rapporti di Narbonne con la famiglia reale.
Incomparabilmente più interessante e divertente di Versailles, la Parigi di quegli anni 1780 non concedeva spazio ai rimpianti. Narbonne formava con Choiseul-Gouffier e Talleyrand un trio inseparabile che, oltre a scambiarsi le amanti, condivideva le stesse idee liberali e la stessa ambizione di contribuire in modo determinante alle riforme economiche, politiche e istituzionale di cui la Francia aveva urgente bisogno.
Nel 1788, l’incontro con Madame de Staël cambiò il suo destino. Andata in sposa solo due anni prima all’ambasciatore di Svezia a Versailles, e delusa dal suo algido marito, la figlia di Necker non aveva rinunciato a vivere una grande storia d’amore e perse la testa per lui. A sua volta, Narbonne non resistette alla magia intellettuale di Germaine e si lasciò trascinare nell’avventura rivoluzionaria. Entrambi sognavano una monarchia costituzionale e Madame de Staël dispiegò tutte le sue energie per assicurare all’amante un posto di primo piano sulla scena politica.
La grande occasione si presentò alla fine del 1791, dopo la disastrosa fuga di Varennes. Messo con le spalle al muro, Luigi XVI si rassegnò alla nomina di Narbonne come ministro della guerra.
Il conte vedeva nella Costituzione (a cui il re si era infine rassegnato a prestare giuramento) l’ultima occasione per salvare la monarchia e si mise subito al lavoro, concertando il suo programma con Madame de Staël, Talleyrand, Lauzun, La Fayette, e puntando su una politica di centro volta a consolidare le conquiste del 1789. Per recuperare il suo prestigio e rilanciare l’immagine di un re coraggioso e patriota, Luigi XVI non doveva chiedere il sostegno degli altri principi europei ma condurre una guerra dimostrativa, rapida e di sicuro successo contro l’Elettore di Treviri che aveva accolto a Coblenza i fratelli del sovrano e un gran numero di emigrati della prima ora, pronti a riattraversare in armi la frontiera. Rassegnato a una politica del peggio, il re chiese, dopo solo tre mesi, le sue dimissioni, ma ormai i giochi erano fatti, e il 20 aprile 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria. Una guerra di cui Narbonne era stato l’apprendista stregone e che avrebbe insanguinato l’Europa per molti anni.
Nella terribile giornata del 10 agosto — quella dell’assalto alle Tuileries che segnò la fine della monarchia — Narbonne tentò vanamente, assieme gli amici costituzionalisti, di prestare soccorso alla famiglia reale. Poi, inseguito dai giacobini, riuscì a trovare rifugio nell’ambasciata di Svezia dove il cappellano lo nascose sotto l’altare. Il coraggio e il sangue freddo di Madame de Staël fecero il resto. In stato di avanzata gravidanza del secondo figlio di Narbonne, ella accolse senza scomporsi i commissari venuti a perquisire l’ambasciata alla ricerca dei sospetti e li convinse ad andarsene. Poi, con l’aiuto del cappellano, riuscì ad organizzare la fuga dell’amante oltre Manica. Ma la loro relazione aveva i giorni contati.
Le «lettere ardenti da ardere » che Germaine inviò all’amante prima di raggiungerlo in Inghilterra mostrano quanto poco la sua passione fosse ricambiata. Narbonne provava per lei ammirazione e riconoscenza ma la tragedia della monarchia francese segnarono anche la fine della loro intesa politica. Le loro strade si separarono. Pur rimanendo realista nel cuore, Narbonne si convinse che Bonaparte fosse il solo uomo in grado di pacificare la Francia e restituirle l’antico prestigio, così, dopo otto anni d’esilio, fece ritorno in patria, mentre Madame de Staël ingaggiava contro Napoleone una lotta all’ultimo sangue. Subentrato a Talleyrand come l’uomo di fiducia dell’Imperatore, Narbonne fu al suo fianco per tutta la campagna di Russia e, nel corso della tragica ritirata, si impose all’ammirazione generale per il suo coraggio e il suo sorridente stoicismo. Nominato governatore di Torgau, morì il 7 maggio 1813, per i postumi di una caduta di cavallo. Aveva cinquantotto anni.
Benedetta Craveri, la Repubblica 8/8/2015