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 2015  agosto 08 Sabato calendario

IL PRESIDENTE BANCHIERE

Dieci settimane prima del collasso di Lehman nel settembre del 2008, Jeb Bush era a Città del Messico per chiedere aiuto al miliardario Carlos Slim. Bush aveva accettato di lavorare per Lehman, dopo aver lasciato il ruolo di governatore della Florida, con l’intenzione di lavorare come banchiere operativo piuttosto che ricoprire un ruolo formale, di solito conferito agli ex politici.
Era la sua occasione. Jeb era una vecchia conoscenza di Slim, all’epoca secondo uomo più ricco al mondo e tra i vari investitori molto liquidi nel radar di Lehman. Ma Slim era più interessato a parlare di baseball che a investire in una società in cattive acque. Molte altre porte si chiusero quell’estate prima che Lehman chiudesse la propria, ma Bush, seguendo le orme del nonno e del bisnonno, si è lanciato nell’investment banking nella peggiore crisi dalla Grande Depressione.
Per più di sette anni, praticamente la durata dei suoi due mandati da governatore, Bush, candidato alla nomination presidenziale repubblicana, ha trascorso addirittura metà delle ore lavorative a fare da consulente a Lehman e in seguito a Barclays, che comprò il business americano della banca collassata. Non era dipendente delle due società, stando a indiscrezioni, ma era pagato per partecipare a riunioni, cene e conferenze in cui parlava con i clienti e i top manager delle banche di temi come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’immigrazione e l’energia, questioni che ha iniziato ad affrontare quest’anno con gli elettori. Bush guadagnava circa 1,3 milioni di dollari l’anno a Lehman e da Barclays percepiva un paio di milioni di dollari.
I banchieri e i top manager hanno definito l’apporto di Bush «ricco nel contenuto», che a Wall Street significa avere le competenze che i clienti si aspettano dalle migliori imprese su tematiche essenziali per i loro investimenti. «Ho passato probabilmente il 40% del mio tempo a lavorare per Barclays», ha raccontato a giugno lo stesso Bush alla stampa. «Ho presenziato a molte loro conferenze in cui ho parlato e interagito con i loro clienti».
Bush ha ricevuto un caloroso benvenuto a Wall Street, dove le finanziarie spesso cercano ex politici che favoriscano l’apertura di qualche porta. Stando a indiscrezioni, almeno sei gruppi avrebbero offerto a Bush una posizione quando ha concluso il secondo mandato da governatore nel gennaio 2007. Quando si è unito a Lehman, nel giugno successivo, Bush era il fratello del presidente in carica, George W. Bush, e aveva già legami con la banca, nota per una grintosa cultura aziendale e l’aggressivo team guidato dal ceo Richard Fuld, democratico di lungo corso.
Bush avrebbe trascorso gran parte del proprio tempo a Lehman lavorando sotto Steve Lessing, che è stato un Ranger di George W. Bush, cioè uno dei sostenitori che hanno raccolto almeno 200 mila dollari durante la campagna presidenziale del 2004. Lessing come responsabile delle relazioni con i clienti è stato il volto della società per molti gestori patrimoniali, hedge fund e società assicurative.
Presto Bush ha attratto l’attenzione dei banchieri senior di Lehman, che si sono chiesti come metterlo a diretto contatto con i clienti. Stando alle fonti, avrebbe presenziato a conferenze con operatori del settore sanitario e dirigenti aziendali, e a un viaggio tra banchieri in montagna. Alla fine del 2007, i top manager di Lehman che l’hanno incrociato mentre camminava a grandi passi in centro a Manhattan, con il BlackBerry incollato all’orecchio, hanno ricordato di aver pensato che Bush, nell’arco di qualche mese, avrebbe completato la transizione da governatore a stressato top manager bancario. «È il fratello del presidente e cammina da solo, senza alcuna scorta», ha affermato un ex manager di Lehman.
Bush ha raccontato di aver trascorso gran parte del proprio tempo a Lehman «a occuparsi dei clienti, fornendo opinioni su questioni come la follia di Washington». Ricordava loro spesso di essere parte di un team e concludeva le riunioni con un «Grazie per averci concesso di lavorare per voi», o un appello diretto a ingaggiare la banca, ricorda un ex banchiere di Barclays. I background più comuni dei candidati alla presidenza sono in legge, politica o nell’esercito degli Stati Uniti. Tuttavia la finanza è parte della storia della famiglia Bush. Il bisnonno di Jeb, George Herbert Walker, e il nonno, Prescott Bush, hanno lavorato entrambi in quella che poi è diventata la banca d’investimento Brown Brothers Harriman. Anche il governatore dell’Ohio, John Kasich, altro candidato alla nomination repubblicana, ha lavorato come alto dirigente a Lehman negli otto anni precedenti il crollo del 2008. L’esperienza di Bush a Wall Street potrebbe aiutarlo agli occhi di molti elettori repubblicani. Ma potrebbe anche essere un parafulmine per le critiche. Mitt Romney, candidato presidenziale per i repubblicani nel 2012, è stato messo alla gogna da alcuni suoi avversari alle primarie, così come dagli attivisti della campagna per l’elezione di Barack Obama, per i suoi trascorsi da top manager del private-equity. «Se il 2012 ci ha insegnato qualcosa, è che bisogna essere molto ben preparati a raccontare in modo attivo e propositivo la propria esperienza nel business, prima che gli avversari ti saltino al collo davanti agli elettori», ha affermato Kevin Madden, assistente di Romney durante la campagna del 2008.
Bush ha già adottato una linea più morbida verso la finanza rispetto agli avversari, in particolare ai senatori Rand Paul e Ted Cruz, anch’essi candidati alla nomination repubblicana. A inizio anno un comitato di attivisti politici che ha appoggiato Paul ha lanciato una campagna pubblicitaria denominata Bailout Bush. Il gruppo lo ha criticato, tra l’altro, per il periodo a Lehman e a Barclays, oltre che per l’avallo del sostegno governativo alle banche durante la crisi. Nel novembre 2013 Bush ha detto che le banche sono state ingiustamente calunniate. «Se si ascolta la maggior parte dei media, le banche e il settore finanziario in genere sono il male, e dovrebbero essere smantellate», ha detto, aggiungendo che «un sistema bancario solido è essenziale per sostenere la crescita. Sebbene le banche abbiano preso decisioni terribili e costose in passato, ora agiscono in modo molto più responsabile». Stando a indiscrezioni, i contratti di Bush con Lehman e Barclays non includerebbero l’attività di lobbying a Washington. Per quanto Barclays e altre banche si siano affannate per arginare l’ondata di nuove regole che ha fatto seguito alla crisi, Bush ne è rimasto fuori, dicono gli ex colleghi.
All’epoca del suo viaggio a Città del Messico del 2008, Bush era nel cda di un fondo di Lehman che investiva in strade a pedaggio e altre opere pubbliche. Il governatore della Florida a lui succeduto, Charlie Crist, nei mesi successivi alla fine dell’incarico di Bush aveva firmato una legge che consentiva allo stato di dare in concessione alcune strade a pedaggio, compreso un tratto della interstatale 75, nota come Alligator Alley. Secondo una fonte, Bush avrebbe studiato i documenti e consigliato i top manager di Lehman sull’affare, oltre che sulle trappole politiche dello Stato. Nell’agosto 2008, Lehman si era unita a un consorzio che figurava tra i sei concorrenti alla gara, ma la banca è crollata il mese successivo.
In base a quanto dichiarato dinanzi al Congresso e secondo alcune fonti vicine, Bush non sarebbe stato consultato in merito alle difficoltà di Lehman quando è andata in bancarotta. A un’udienza della commissione Finanze della Camera del 2012, spiegò che nessuno gli aveva chiesto di intervenire a favore della società: «Fuld [il ceo di Lehman, ndr] non mi ha chiesto di fare nulla, e non ho fatto nulla». Fuld aveva pensato di chiedere a Bush di contattare suo fratello, il presidente, parlandone con alcuni manager, stando alle fonti. Questi si opposero, sostenendo che avrebbe messo i fratelli Bush in una posizione scomoda e dubitavano che la cosa sarebbe stata di aiuto. Dopo il crollo di Lehman, Bush ha seguito Lessing a Barclays come senior adviser, ruolo che ha mantenuto fino alle dimissioni presentate a dicembre 2014 per concorrere alle presidenziali.
Stando alle fonti, i top manager di MetLife avevano iniziato a vedere Bush come parte del coverage team di Barclays, i banchieri che fanno regolarmente visita ai capi del gruppo assicurativo. Lessing ha detto che Bush «negli anni ha costituito un valore aggiunto per i clienti». «Non era la visione di Barclays, era la visione di Jeb su come gira il mondo e sembra essere stata piuttosto efficace», ha affermato Bush durante la conferenza stampa di giugno. «La quantità di tempo che ho trascorso viaggiando per il mondo a parlare con i loro clienti di punta è stata un segno del fatto che ho creato del valore per l’azienda». La vita di Bush a Wall Street ha marcato un ritorno alla finanza. Dopo la laurea alla University of Texas nel 1974, ha trovato lavoro presso la Texas Commerce Bank, istituto fondato dalla famiglia di James Baker III, che successivamente ha ricoperto cariche nell’amministrazione di Bush padre. Jeb era entrato nella divisione internazionale della banca, dove ha lavorato all’analisi del rischio sovrano. Quando risiedeva a Caracas, era spesso in giro per incontrare clienti in Colombia, Perù, Ecuador, Bolivia e Cile. Ma nel 1980 ha preso un’aspettativa per lavorare alla campagna del padre e non è mai più tornato.
Traduzione di Giorgia Crespi
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Justin Baer, MilanoFinanza 8/8/2015